Accade che le comprensioni e la pratica ci estraggano dalle consuetudini, dal mondo che abbiamo in comune con gli altri.
Uso il verbo estrarre perché, in effetti, è un’opera lunga e implacabile di progressiva estrazione da quanto in precedenza condiviso.
Cosa diventiamo?
Estranei? Lontani? Insensibili? Alteri? Non di questo si tratta.
L’esperienza dell’Essere crea connessioni interiori privilegiate tra i veicoli transitori e il sentire: fili sottili legano le sensazioni, le emozioni, gli affetti, il pensiero non più al fare, al dimostrare, ma al Ciò-che-È.
Se un tempo la nostra reattività e propositività era orientata alla manifestazione nella relazione, oggi una reattività e sensibilità molto più accentuate riguardano la vita interiore, non quella esteriore e sociale.
Un mondo interiore si è costituito, una cella esistenziale: viviamo all’interno della cella dell’archetipo del monaco.
È evidente che la cella è metafora dell’unione mistica, del suo processo, del suo prendere corpo, del suo realizzarsi e replicarsi:
Fonte: post sopra citato
il monaco,
la sua solitudine,
la sua dedizione,
la cella
e l’Assoluto
sono un unicum vibrazionale, un ecosistema basato su di un equilibrio tanto consolidato, quanto fragile e impermanente.
Guardiamo al mondo avvolti nel clima vibrazionale della cella: questa consapevolezza sarà per noi sempre più evidente, più vivida e sempre più persistente nel tempo nonostante gli inevitabili sballottamenti.
Chi ci circonda avverte questa nostra disposizione e ci sente lontani: non lo siamo, ma così ci sente, perché?
Perché distanti siamo dall’identificazione con i bisogni e i desideri, l’ordinario nostro di un tempo e, probabilmente, l’oggi di chi ci sta a fianco.
In genere, l’umano percepisce vicinanza al suo prossimo grazie alla consonanza vibratoria astrale e mentale: ma se noi non coltiviamo l’identificazione con quei piani, come può trovarci il nostro prossimo, come e su quale piano può connettersi con noi?
Sul piano del sentire, direte, ma questo è ignoto ai più. Certo, pur essendo ignoto alla consapevolezza vive però nell’intimo di ciascuno, ma questo non basta nelle relazioni feriali che hanno bisogno dello scambio e della connessione attraverso i canali conosciuti e riconosciuti.
Allora come è possibile che tra l’atmosfera vibrazionale della cella e l’altro identificato nei bisogni si stabilisca una comunicazione?
Fingendo di avere dei bisogni? Improponibile.
Mostrandosi attenti ai bisogni dell’altro? Può darsi, ma questo non stabilirà alcuna consonanza se noi quei bisogni non li sentiamo.
La soluzione è personale e va indagata, qui non anticiperò altri dati utili alla prossima discussione interna alla Via del monaco.
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Come mantenere una comunicazione?
Ora avverto la fatica che mi costa mantenere la relazione su un piano che sento pesante.
Alcuni paletti sono stati messi, ma ancora c’è da lavorare
Grazie, in ruminatio…
I bisogni si fanno sempre più rarefatti e questo mi fa sembrare estraneo al mondo…
Aiutare l’altro è un buon metodo per sentirsi più “normali”
Quello che dici è chiarissimo. Ciascuno dovrà trovare le proprie soluzioni nell’ambito delle relazioni indispensabili.
Quello che non è necessario di lascia spontaneamente.
Sempre “la soluzione” è personale e peculiare.