Per un lungo tratto di strada le cose stanno come dice Leonardo in questo post, poi qualcosa di nuovo accade: su questo desidero riflettere.
Per poterlo fare in modo non filosofico e astratto, debbo guardare la concretezza esistenziale della mia vita.
Due sono le disposizioni che hanno governato il mio esistere:
– una irrequietezza sul piano della identità e della collocazione nel mondo;
– una obbedienza profonda al disegno esistenziale che mi genera, dove per obbedienza non si intende un soggetto che obbedisce alla sua coscienza, ma il dare forma ogni giorno all’impulso del sentire. La separazione coscienza/soggetto in me non ha mai avuto particolare spazio, la vita è sempre stata un dare forma a…
L’irrequietezza ha prodotto molta ricerca, ma non molte domande, perché nasceva dall’obbedienza: il problema è sempre stato dare forma al senso di giustizia, di servizio, d’amore che sorgeva dall’obbedienza.
In altri termini: la vita è sempre stata un laboratorio della coscienza, con molte difficoltà del soggetto che però sono sempre state al margine rispetto alla dinamica prevalente.
Dicevo che non ho posto molte domande, e questo perché la strada e il suo approdo erano chiari, e quando non affioravano alla consapevolezza erano comunque una bussola inconscia ben presente.
Anche la dimensione del dubbio non è mai stata quella ordinaria generata da una soggettività che non sa o che dubita: la dimensione del dubbio è stata assenza di certezza, consapevolezza profonda della impermanenza, della relatività dei punti di vista e della conoscenza.
La ricerca è stata una costante dell’esistenza, ma è sorta dall’obbedienza, dall’incarnazione della disposizione esistenziale: non c’è stato un soggetto dedito alla cerca, c’è stato un andare, un aderire, un andare ancora come flusso, obbedienza al sentire che conduceva e creava.
Oggi, guardando a ritroso, vedo una vita sotto l’egida del sentire più che sotto quella della soggettività: la consapevolezza, in questa ultima fase di questa incarnazione, mi porta a cogliere la trama intessuta dal sentire e vedo la manifestazione soggettiva come semplice rappresentazione del disegno coscenziale.
Al mio sguardo tutto è coscienza, tutto è sentire: la rappresentazione soggettiva riflette le dinamiche interne al sentire, alle sue aree non compiute, non dispiegate.
In questa fase dell’esistenza, passo spontaneamente e naturalmente in rassegna le scene della vita caratterizzate da limiti, spigolosità, ignoranza o semplice bisogno di sperimentare: ne patisco gli effetti su di me e sul mio prossimo, mi dolgo per il dolore arrecato.
È un’autoanalisi che non cerco, sorge, ed è dolorosa: più essa avanza, più la consapevolezza del dominio del sentire diviene lucida; aldilà del dolore per il limite, si irradia l’armonia del sentire che copre l’intera scena dell’esistere.
Concludendo, posso dire che le domande e il dubbio di cui parla Leonardo, nella mia vita hanno assunto la forma della dinamica tra irrequietezza e obbedienza: lo svelarsi della dimensione del sentire alla consapevolezza, mi mostra come non vi sia certezza alcuna di tutto ciò che l’umano crede e a cui si affida, esiste solo il sentire che conduce la rappresentazione in molte direzioni, ma esiste solo il sentire.
Dietro al sentire andiamo, il sentire siamo, la forma apparente e transitoria di alcune aree in esso non definite, non compiute, non dispiegate fluidamente, veli che offuscano: se di questo abbiamo consapevolezza tutto è più semplice.
Questa è la mia storia, e non è ripetibile: ognuno sviluppi la sua.
Troppo spesso nel Sentiero è accaduto che le persone abbiano attinto alle immagini esistenziali da me proposte, ai linguaggi, alle interpretazioni e le abbiano vestite come fossero loro: ma erano loro, o delle banali messe in scena?
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Per rimanere aggiornati su:
Il Sentiero contemplativo, Cerchio Ifior
Frammenti del passato affiorano
mostrando i vari limiti e la rappresentazione del proprio esserci.
Ora il soggetto è debole, lascia spazio
ad istinto e intuito.
Sempre il bisogno di sperimentare.
Percepisco l’inconsistenza dell’identità, con chiarezza emerge un centro unitario, dove sentire e identità non sono separabili.
Grazie!
Mettiamo in sieme la rappresentazione che chiamiamo vita,e su di essa fondiamo il nostro credo…
Ciò che scrivi mi rispecchia grandemente: irrequietezza e obbedienza sono e sono stati i binari che conducono e hanno condotto. A questo punto con una consapevolezza sempre rinnovata e sempre più lucida.
Non comprendo la differenza fra obbedienza alla coscienza e obbedienza intesa come manifestazione del sentire. Non sono forse la stessa cosa? Unica differenza che riesco a cogliere è quella della consapevolezza delle dinamiche
È così?
Quello che scrivi è chiaro. Siamo sentire e da esso siamo condotti; dal sentire sorgono le scene affinché la coscienza prenda sempre più consapevolezza di se stessa.
Dunque, direi, la dinamica nel suo complesso non differisce molto da coscienza a coscienza. Ciò che invece segna un forte punto di discontinuità è l’interpretazione della dinamica: c’è chi si identifica con il soggetto della rappresentazione, c’è chi si legge in termini di coscienza e questo in diversi gradi e misura.
Per cui se sono spostato più sull’identificazione del soggetto tendo a attribuire a un “io-centro” quelle dinamiche e in quel momento, quindi, sono “io” che dubito e “io” che domando e “io” che cerco.
All’opposto, se sono sono orientato esistenzialmente più sul sentire, leggo la realtà in modo unitario e non duale, non parlo più di un soggetto che è centro e controllo, ma della manifestazione consapevole e unitaria di “un’intenzione”, che, in ultima istanza, altro non è se non uno dei gradi dell’Assoluto. Per cui tutto il lavorio delle domande, del dubbio, della ricerca diviene il processo interno dell’Assoluto nel suo prendere forma, sua esigenza di manifestazione.
Ora, in tutta onestà esistenziale, dobbiamo saperci collocare in questo ampio spettro di lettura di sé per aderire nel modo più adeguato al nostro grado di consapevolezza.
Ho chiara l’onestà con cui hai profuso l’insegnamento e la didattica nel Sentiero.
Nonostante ciò, non è stato possibile evitare che taluni se ne siano appropriati in maniera indebita.
Ognuno ha la sua storia ed ognuno ha le proprie comprensioni da raggiungere.
Non capire questo e pensare di potersi adagiare, è stata una delle cause che ha definito l’assetto attuale di VDM.
Fondamentale, per me mantenere alta la vigilanza dei propri moti interiori che viene sempre più spontaneo interpretare dalla visione unitaria.
Molto esaustiva e profonda questa condivisione e, per quanto riguarda me, conosciuta nella parte più in superficie, e molto di stimolo durante il cammino di svelamento del sentire.
Per quanto riguarda le domande devo dire che molte sorgevano alla coscienza nella fase di indagine psicologica perché “urgente” era accedere a risposte.
Per quanto riguarda il cammino spirituale, invece, iniziato dall’infanzia e non ancora terminato, non sorgevano domande esplicite ma adesioni ad esperienze ed insegnamenti che sentivo rispondere ad esigenze profonde.
Robi ci regali parole generose e lucide.
Il Sentire guida e ad un certo momento guida con ostacoli che si frappongono sempre più evidenti e quindi superabili.
Sento le messe in scena, le sento nelle parole, le sento nella vibrazione. I replicanti nella buona fede. Non c’è giudizio e nemmeno illusione di Verità, solo un sentire. Mi inchino.
È ciò che è. E così navighiamo.