4. La selezione del riso, la preparazione delle verdure e tutto il resto lo controlla da vicino in prima persona, opera con spirito diligente e cuore sincero, non sia mai che per un attimo di incuria e pigrizia pur vedendo un aspetto ne perda di vista un altro. In mezzo all’oceano della virtù1 non dà via una sola goccia, sulla cima della montagna delle buone radici2 ancora aggiunge anche un granello soltanto.
Nel Chanyuan qinggui è detto “Se i sei gusti non sono curati, se le tre virtù non sono garantite,3 allora non c’è offerta del tenzo ai monaci”. Per prima cosa mentre ispeziona il riso, insieme vede la renella, mentre ispeziona la renella insieme vede il riso, se osserva avanti e indietro fin nei minimi particolari senza distrarre lo spirito, con naturalezza le tre virtù si armonizzano, i sei gusti si ordinano.
(Versione letterale dal giapponese inedita di J.Forzani. Scarica il testo con le note)
1 功徳海 kudoku kai – sancr. guṇa-sāgara Oceano di meriti, fornito di ogni buona qualità. Un altro nome per Buddha, grande bodhisattva.
2 善根 zenkon – sanscr. kuśala-mūla. Buone radici, radici di bene. Modi di fare che producono il bene. Le tre principale radici del bene sono tradizionalmente indicate come assenza di ricerca di profitto (sanscr. alābha – non guadagno – alobha assenza di cupidigia, moderazione – jap. 無貪 – muton), assenza di antipatia (sanscr. adveṣa– non malevolenza – jap. 無瞋 – mushin)e assenza di ignoranza (sanscr. amoha – non confusione – jap.無癡 – muchi – non stupidità)
3 Sei gusti: nella teoria medica indiana sono indicati il più delle volte come: dolce, acido (aspro), salato, amaro, pungente e astringente – l’elenco muta nel tempo e a seconda delle localizzazioni geografiche. Tre virtù: leggerezza, pulizia (trasparenza) e corrispondente a come deve essere, al dharma.
4. Esegue la selezione del riso e la preparazione delle verdure con le sue mani, osservando ogni elemento con affetto. Lavora con diligenza, riversandovi il cuore. Neanche per un momento allenta l’attenzione distraendosi; non si lascia prendere solo da un aspetto, perdendo così di vista l’altro. Nel mezzo dell’oceano della virtù, non sperpera neppure una singola goccia. Sulla cima della montagna che è fonte del bene deve aggiungere il suo granello di polvere.
Nel Zennen Shinghi è scritto: “Se manca il vigore dei sei sapori e scarseggiano le tre virtù [1], il cuoco non ha compiuto il suo servizio verso i membri della comunità”.
Come prima cosa, mentre seleziona il riso sta attento a ogni granello di rena; mentre vaglia i granelli di rena, osserva ogni chicco di riso. Se non interrompe questa osservazione minuziosa e non si distrae, con naturalezza le tre virtù diventano perfette e si originano i sei sapori.
[1]I sei sapori sono: amaro, aspro, dolce, salato, forte e leggero. Le tre virtù sono: 1) leggerezza e morbidezza (kyotan) – la proprietà di essere leggero e non contratto; 2) pulizia e trasparenza (joketsu) – la proprietà dell’acqua chiara; 3) fatto così come deve essere (nyohosaku) – la proprietà di corrispondere al meraviglioso modo di essere (nyoho), cioè al modo autentico originario.
4. (e 5) La cucina è metafora della vita e contemporaneamente luogo di lavoro e di pratica concreti. I due aspetti, metafora e concretezza, sono espressioni di una realtà unica, ma sono distinti. Non si devono separare ma neppure confondere.
Nel momento in cui si devono distinguere il bene e il male, ciò che è adatto e ciò che è inadatto, i chicchi di riso e i sassolini, è inutile considerare che bene e male sono l’uno relativo all’altro, o che possiamo dire bene perché sappiamo che cos’è male, o che parliamo di risveglio perché abbiamo coscienza di illusione.
Se ora dobbiamo fare la cernita e scartare ciò che va scartato, questo atto contiene in sé tutta la realtà, anche l’aspetto che al momento è in ombra, quello per cui in una visione globale non c’è nulla da scartare né nulla da conservare.
I due occhi devono avere un solo punto focale per una visione limpida: se osserviamo la realtà da due punti di vista contemporaneamente, la vista si fa annebbiata e confusa. Per tornare a vedere con chiarezza dovremo scacciare entrambe le visioni e azzerare la nostra osservazione, fregandoci gli occhi. Ciò equivale a buttare via tutto e ricominciare da zero: operazione dolorosa, che la vita spesso ci impone, da cui poi rinascono nuove realtà e nuovi rapporti.
Così sono da sempre e ovunque le persone autentiche della via, i nostri predecessori, che hanno riversato tutto di se stessi nel loro lavoro, sapendo che ogni aspetto nell’universo è come tutto l’universo. Noi dobbiamo essere alla loro altezza, per non far tramontare questa Via della vitalità universale.
Gli antichi ci insegnano che non dobbiamo distinguere il cuore dalle mani: quando, rimboccandoci le maniche, usiamo le mani per lavorare, in quell’atto stesso è presente e agisce il nostro cuore: quando operiamo ogni singolo atto del cammino, in quel momento è presente tutto il cuore del cammino.
Per esempio, se bisogna controllare che il riso sia pulito e commestibile, il tenzo fa lui stesso questa cernita, e così facendo è tenzo. La regola dice: «Fa’ tu la preparazione di persona, in ogni aspetto: solo così la tua vitalità si trasmetterà al cibo e agli altri, solo così la purezza della tua intenzione si trasmetterà al tuo lavoro e a chi ne fruisce».
(Ristesura in forma libera e commentata di Jiso Forzani: dal volume citato)
1 Introduzione a “La cucina scuola della Via
1A Tenzo Kyokun: riveriti monaci dello spirito del risveglio
2 Tenzo Kyokun: mettere in circolazione lo spirito del risveglio
3 Tenzo Kyokun: “Proteggi i beni della comunità, sono le pupille degli occhi”
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Per rimanere aggiornati su:
Il Sentiero contemplativo, Cerchio Ifior
Questo post fa da specchio a tutto il pressapochismo che opero.
“La cucina come metafora di vita”
Ogni gesto necessita della nostra presenza.
Difficile rimanere allineati, ma certo va mantenuta la tensione alla ricerca sua ricerca.
Il Reale è Unità. Per cui in ogni punto di esso il Reale è presente tutt’intero. Nulla è frammento insignificante, secondario; in ogni gesto o azione c’è tutto: particolare e universale.
Questo è il pilastro del Sentiero: tenere insieme Essere e divenire, particolare e totalità.
Il tenzo è responsabile del piatto di riso come è responsabile della sua vita.
“Mentre ispezione la renella insieme vede il riso, mentre ispezione il riso insieme vede la renella”.
Avere lo sguardo simultaneo e vigile qualsiasi cosa si stia facendo.
Esserci in ogni gesto. Presenti. Vivi.
Attenti con tutto noi stessi.
Responsabili nell’azione.
Eppure non ossessivi,
non controllori,
non giudicanti.