Nel post della Via della Conoscenza che uscirà il 16 settembre si afferma:
Perché gratuità – voi dite – non può essere quel dolore che vi colpisce e vi trapassa, lasciandovi a terra; dopo tutto il vostro darvi da fare per migliorare, per progredire spiritualmente, lo ritenete immeritato […]
Restate lì, nel momento presente, non andate a cercare altrove, perché anche quel dolore è gratuità, anche una perdita improvvisa, o un’offesa che vi brucia, così come una grave malattia vostra o di chi amate: tutto è gratuità e niente è stato prodotto da qualcuno e nulla va a vantaggio di nessuno.
Quale tasso di neutralità bisogna aver conseguito per vivere i fatti dolorosi in questo modo?
Quale follia si deve essere insinuata in noi così in profondità da permetterci di vivere ogni fatto, piacevole o doloroso, come fosse una foglia spazzata dal vento?
Noi che molto tratteniamo, a molti siamo legati, di molto riteniamo di non poter fare a meno, veniamo posti di fronte alla possibilità di una neutralità radicale: cosa dice il contemplativo in me di questa possibilità?
La risposta è complessa. Ho avuto, in questi trenta anni di attività, la possibilità di incontrare famiglie che avevano perduto dei figli giovani, e ho potuto seguire l’iter del loro soffrire e del suo superamento, mai definitivo.
Nella maturità dell’elaborazione di queste separazioni, in queste persone conviveva un duplice stato: la quieta accettazione dell’accaduto, un dolore di fondo, come una sottile nota appena percepibile eppur persistente.
Il contemplativo in me conosce molto bene quello che la V.d.C. dice: “È così, senza ombra di dubbio, evidenza che parla con eloquenza della natura del Reale”.
Questa gratuità che copre la carezza e lo schiaffo viene sentita pienamente, una nota cristallina nel sentire del contemplativo.
Nel reale quotidiano, quando la lucida percezione del sentire da parte del contemplativo si attenua, una ferita, un dolore, un’ansia hanno il loro tempo di elaborazione prima di essere avvolte nel manto della gratuità: infine lo sono, ma è necessario un processo la cui lunghezza dipende dalla profondità dell’impatto.
Ora, che la gratuità scaturisca da un atto contemplativo, o da un processo, ha in fondo una importanza relativa, ciò che conta è che infine l’orizzonte si sgombra dell’impaccio di sé e delle proprie reazioni, e si afferma l’Essere di ogni fatto, così, in semplicità, nella ferialità.
Scrivo queste parole alla vigilia del nostro intensivo di settembre: che la consapevolezza di essere vento ci attraversi.
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Il Sentiero contemplativo, Cerchio Ifior
Percepisco un sentire comune fra la VdC e l’approdo dell’autore del libro di Giobbe che afferma: “Se da Dio accettiamo il bene, perché non dovremmo accettare il male?» (Gb 2, 10).
Diversi i paradigmi utilizzati ma unica la linfa vitale che li anima: la gratuità.
Più diventiamo consapevoli della mostra radice nell’Essere e più quel “sentirsi vento” cresce.
Sembra all’umano di non poter lasciare andare nulla, in quanto in base a ciò che trattiene egli si sente in vita.
D’altra parte si dà la possibilità di un sentiere d’esistere non legato alle dinamiche identitarie ma a ciò che le precede, ovvero alla coscienza, alla coscienza d”Essere.
Come coscienza d’Essere noi siamo “consapevolezza di essere vento”, quando siamo legati alla dinamiche ciò che ci definisce sono gioie, dolori, preferenze, ecc.
Credo che sia un doppio livello ineliminabile in quanto essere incarnati. L’elaborazione del dolore più di altri processi mette in luce questo duplice aspetto.
Vorremo che una Via sia capace di eliminare il dolore, qualsiasi esso sia. Ma non è così, una Via può portarci ad accettare il dolore come fatto “gratuito”, dunque a contemplarlo non certo a eliminarlo.
Come da ogni fatto, da ogni accadimento dovremmo lasciarci attraversare, così anche dal dolore.
Ho esperienza del dolore come identificazione e solo se guardo l’essere il dolore si annulla. Certo è che esso innesca processi profondi.
Per le esperienze avute, capisco questo concetto di gratuità, ma comunque la mente si ribella.( come se non avessi
avuto dolori così profondi).
Siamo di cultura cattolica eppure non sappiamo accettare la morte in generale. Non ho esperienza di lutti significativi, solo per nonni che anziani sono andati…normale e vissuto come tale. Quando invece accadono morti violente o malattie improvvise, si sente nell’aria rabbia, frustrazione, ingiustizia. Non so dove sono nel percorso di accettazione del dolore, come esperienza diretta ho vissuto la scoperta di una malattia cronica, in modo devastante nonostante ci sono malattie peggiori. Ansia, paura, depressione….ricerca di una soluzione a tutti i costi…c’è tanto da imparare ancora..
Credo che una parte di me, sia in sintonizzarsi con questo concetto di gratuità.
Non so spiegarla, né capirla. Sento che c’è.
Ma conviene. anche la parte ferita e addolorata. Non credo possa essere altrimenti.
Provare a forzare con l’idea che si possa superare il dolore, non mi è possibile.
Di certo non mi sento vittima di un destino avverso. Il dolore anzi, mi ha aperto la porta all’ Essere.
Ho bisogno di sostare su questo concetto di gratuità. Grazie
Questo post è una pietra miliare nel processo di comprensione e parla delle mie difficoltà a vivere la e nella gratuità.
Grazie.