Il tenzo dice: “Chi apprende i caratteri (le parole e le scritture) deve sapere la ragion d’essere dei caratteri, per chi s’impegna nella pratica della via il punto centrale è consentire con la ragione (comprendere la natura, ndr) della pratica della via.
Il tenzo disse: “La persona che studia i caratteri deve conoscere l’iter attraverso cui si sono formati; la persona che si applica alla pratica della via deve essere la carne e le ossa dell’iter della via.”
Mi disse: «La persona che studia le scritture, così come i detti dei maestri, deve sapere da dove sono scaturiti: nascono dall’esperienza vissuta e a essa rimandano e ritornano.
La pratica della Via è la pratica della carne e delle ossa, del corpo che è il mezzo che percorre la Via. I segni costitutivi delle scritture, i caratteri, sono scritti nella natura, nelle cose, negli incontri della vita, e solo in seguito vengono scritti nei libri».
La Via non è altro che il vivere portando a rivelazione, consapevolezza e comprensione l’Essere dei fatti: chi ci ha preceduto questo ha sperimentato, noi a questo ci apprestiamo.
L’Essere dei fatti è compreso solo attraverso l’esperienza del reale: le persone, gli animali, le piante, le pietre tutto parla dell’Essere, della natura autentica che è tutti i fatti e ogni fatto.
Tutto ci indica la Via della comprensione del reale, finché in noi non sorge la consapevolezza e la comprensione di quel reale: allora nulla parla più del reale, perché noi siamo divenuti il Reale, la Vita in noi risuona come in un tamburo senza membrane.
Non c’è più allora la Via, siamo la Via e la Vita insieme a tutti gli esseri e a tutti i fatti.
Di nuovo domando: “Che cosa è la pratica della via?”.
Il tenzo dice: “In ogni dove mai nascosta”[2].
Chiesi ancora: “Che cosa è questa pratica della via?”.
Disse: “L’immenso universo non trattiene nascosto nulla.”
Chiesi: «Che cosa significa allora pratica della Via?». Disse: «Non c’è nulla dietro alle cose: ogni cosa, così come è, esprime la verità tutta intera: per questo non c’è che la Via, che è il modo di vivere la realtà autentica di ogni cosa».
L’interpretazione di un fatto nega la sua realtà autentica, l’Essere di quel fatto.
L’umano è interpretazione, sempre aggiunge qualcosa su un fatto: una aspettativa, una critica, un rifiuto, un commento, un desidero, e operare questo lo rende cieco.
L’umano che non aggiunge niente ai fatti che accadono, è colui che vive il Reale, la natura autentica, l’Essere: è il Reale.
Può un umano non aggiungere niente ai fatti, al suo essere, all’essere degli altri?
Sì, di questo si occupa la Via che solo fino a un certo punto è un ‘percorrere’, un acquisire strumenti, un vedere meglio, un comprendere sempre di più: da un certo punto in poi la Via non diviene affatto, è solo la nostra Vita che accade senza interesse e interferenza altra che non sia quell’accadere, quel lasciarsi attraversare da quel fatto, da quella parola, da quello sguardo, da quello stato, da quella forza.
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L’eterna danza tra Essere e divenire, con accenti a volte più sull’una che sull’altra.
Come dice Leo, anch’io credo che non si possa prescindere dalla nostra dimensione umana.
Di certo l’identificazione allenta le sue trame, permettendo lo scorgere della Realtà.
Affiorare un senso di comunione e di pace.
Per l’umano la sfida prima è proprio quella di incarnare la Via.
Sarà mai possibile? Se cerchiamo una risposta assoluta non siamo certo sulla buona strada
Il livello di manifestazione di ogni individualità è proporzionato al sentire peculiare/parziale di ognuno. A questa manifestazione si tende e in questa consapevolezza umiltà sorge
Non so fino a che punto l’umano possa spegnere la sua interpretazione dei fatti.
L’umano è certamente Essere e grazie a ciò ha accesso alla dimensione dell’Essere stesso, ma l’umano è anche divenire e fintanto che sarà incarnato ci sarà in lui la spinta a interpretare.
Quello che ci è dato di fare, per quanto ho compreso finora, è accettare l’interpretazione come un fatto necessario connesso con il divenire.
Anche l’interpretazione è un fatto, anche il divenire è un fatto, l’apprendimento è un fatto.
Accettare in questo modo la nostra dimensione umana, incarnariva apra alla unità di Essere e divenire, anzi apre all’Unità e basta, apre non al percorre la Via ma essere la Via.
A un certo punto ci si armonizza. Si diventa interiormente e profondamente Uno.
E questa coerenza si riflette nell’agire e l’agire ci chiama in un circolarità vitale. E non ti puoi sottrarre alla Vita che chiama.
Non ti puoi più sottrarre perché vedi.
Sempre meno adesioni ,obbiettivi,
viviamo quello che accade,
quello che si presenta.
Dell’esserci, all’Essere.
Sì credo di vivere l’ esperienza che la via è solo vita che accade.
farsi attraversare dalla via non chiede nessun impegno di sforzarsi per qualche cosa…
se si lascia scorrere e fluire
se si lascia andare la vita senza trattenerla allora la vita scorrerà dentro dí té.