Quanto alla destrezza nel preparare e discernere ogni particolare dell’offerta dei cibi, senza tenere in conto la scarsità, senza tenere in conto la rozzezza, considera essenziale far nascere nel profondo un cuore sincero, uno spirito reverente.
Non hai visto, la ciotola d’acqua da bere offerta al Buddha dei dieci epiteti,[1] naturalmente ha prodotto il merito meraviglioso della rinascita della vecchia donna,[2] e anche il mezzo frutto di mango offerto a un tempio, fece ben germogliare l’ultima radice del grande bene del re Aśoka, gli ha garantito la predizione, sperimentando il grande frutto.[3] Anche se è in relazione a Buddha, una grande vanità non eguaglia una piccola sincerità[4]. Questa è la pratica dell’uomo.
(Versione letterale dal giapponese inedita di J.Forzani. Scarica il testo con le note)
[2] Riferimento al racconto in cui una vecchia donna povera offre a Buddha una ciotola dell’acqua con cui aveva lavato il riso e come ricompensa per quel gesto rinasce in un corpo umano e diviene seguace della Via.
[3] Secondo una leggenda, il re Aśoka, convertitosi al buddismo, ormai vecchio e debole, intendeva fare grandi donazioni alla comunità buddista, ma i suoi ministri glielo impedirono. Donò allora tutto ciò che aveva fra le mani, la metà di un mango (sanscr. āmra) che stava mangiando e questo gesto rappresenta il dono disinteressato che produce effetti benefici nelle vite future.
[4] Anche se fatta per instaurare una relazione benefica con Buddha, un grande atto vano non vale una piccolo gesto sincero.
Paragrafo di 13. L’atteggiamento da tenere nel preparare gli ingredienti dei cibi da offrire è quello di non guardare né alla pochezza, né alla rozzezza delle cose. Occorre davvero dare origine a uno spirito di profonda autenticità e di sincera coerenza, a uno spirito di grave rispetto.
Guarda alla ciotola di brodo di riso che, offerta al Signore dai dieci appellativi, di per se stessa ottenne meravigliosa ricompensa alla vecchia donna nel resto della sua vita[1]; guarda anche al mezzo frutto di anra (mango) che, offerto a un tempio, fece ottimamente germogliare l’ultima radice del grande bene del re Asoka, gli conferì la predizione di essere liberato, facendogli presentire il grande frutto[2]. Nel rapporto con Budda tante grandi falsità non eguagliano una piccola cosa sincera. Questa è la pratica dell’uomo.
(Versione del volume “E. Dogen, La cucina scuola della via, EDB, 1998”)
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“Donare di cuore”
Ha più valore il gesto in sé che l’oggetto donato.
Allora non esiste rozzezza o pochezza.
Pensiamo a quante offerte a Buddha sono fatte ogni giorno e cadono nell’invisibile e nel dimenticatoio anche rispetto alla nostra consapevolezza.
Cedere il passo all’altro mentre si sale sul marciapiede, sorridere a una persona che incrociamo, non raccogliere un fiore e laaciarlo vivere, prendere una cartaccia da terra e buttarla nel secchio.
Questi solo alcuni esempi dell’autentico spirito reverente della Via.
Dare poco o dare molto non si calcola sulla quantità, ma è in proporzione a ciò che si ha e di cui ci priviamo senza secondi fini.
Nel gesto del dare, posso osservarmi e capire il grato di gratuità che lo attiva.
Dal comportamento autentico si libera una vibrazione inconfondibile che arriva.
letto
Come commentato da Mariella, chiaro il rimando alle intenzioni.
come nella parabola della Samaritana…
quello che darai sarà moltiplicato mille volte tanto …
le offerte sono importanti perché elogiano Dio…
le bugie sono sbagliate…
Si trovano esempi così anche nei Vangeli.
Cito a memoria e non ricordo dove, la donna che offrì solo una dracma, l’unica che aveva e il FdF, elogio il suo gesto per la naturalezza con cui diede quel poco che per lei era il solo denaro che aveva.
L’intenzione, che da’origine al gesto, è’ ciò che ha valore.
A un certo punto del cammino l’autenticità è una urgenza, una spinta vitale.
Non ci sono dubbi.