21.3 È detto cuore grande, il cuore che è come la grande montagna, come il grande oceano, il cuore non parziale, non fazioso. Se porta in mano un ryō non lo considera leggero, se solleva un kin[1] non lo pensa pesante. Avvolto dalle voci della primavera, non si sollazza negli stagni primaverili; anche se vede i colori dell’autunno, non per questo ha un cuore autunnale.
La competizione delle quattro stagioni è dentro un unico scenario, vede leggero e pesante con un unico colpo d’occhio. È in questo contesto che va scritto il carattere “grande”, che va saputo il carattere “grande”, che va appreso il carattere “grande”.
Se il tenzo di Jianshan[2] non avesse appreso il carattere grande, non avrebbe potuto salvare Taiyuan con una risata indiscreta.
Se il maestro zen Guishan[3] non avesse scritto il carattere grande, non avrebbe potuto soffiare tre volte sul pezzetto di legno che aveva raccolto.[4]
Se il reverendo Dongshan[5] non avesse saputo il carattere grande, non avrebbe sollevato i tre kin di lino, mostrandoli a quel monaco[6].
In verità bisogna sapere che i grandi buoni amici[7] del passato tutti hanno appreso il carattere grande nei vari differenti fenomeni del mondo, e anche ora liberamente emettono la grande voce, spiegano il gran significato, portano a termine la grande cosa, sono uniti al grande uomo, e adempiono causa e condizione per questa primaria grande cosa.[8]
I responsabili, gli amministratori, i capi, i monaci, come possono mai scordare questi tre tipi di cuore?
Trascritto nella primavera del terzo anno dell’era Katei[9] per i futuri discepoli della via del risveglio. Scritto dall’abate di Kannondōriin, shamon[10] Dōgen, trasmettitore del dharma.
Questa [redazione] è stata scritta il secondo anno dell’era Bunki[11].
(Versione letterale dal giapponese inedita di J.Forzani. Scarica il testo con le note)
Qui termina la pubblicazione del Tenzo Kyokun.
[1] Unità di misura in vigore nella Cina Song all’epoca di Dōgen: un ryō equivale a 37,3 grammi, un kin a 17,9 kilogrammi.
[2] Si riferisce a un episodio la cui traccia giunge a noi come episodio riferito nel Wudeng Huiyuan (jap. Gotō egen – Raccolta dei principi delle Cinque Lampade) redatta nel 1253. Il monacoTaiyuan Fu (jap. Taigen Fu) discepolo di Xuefeng Yicun (vedi nota 35), teneva una lezione sul Sūtra del Nirvāṇa nel monastero Guangziao a Yangzhou. Mentre spiegava un passaggio del testo a proposito del dharma-kaya (corpo del dharma) di Buddha, un monaco presente, identificato qui come Jiashan (j. Kassan) no tenzo (il tenzo di Jiashan) scoppiò in una risata. Alla fine della lezione Taiyuan Fu invitò il monaco nella propria stanza e gli chiese perché avesse riso: al che quello rispose che il relatore non sapeva cosa fosse il dharma-kaya. Colpito dalla critica, Taiyuan si chiude a meditare per dieci giorni nella propria stanza fino a che non comprese. Per un’ipotesi sulla figura del tenzo di Jiashan cfr. G. Foulk in Nothing is hidden pag.39, nota 40.
[4] Riferimento a un episodio che si trova nella sesta sezione del Jingde Chuandeng Lu (jap. Keitoku Dentō-roku – Resoconto dell’era Jingde della Trasmissione della fiamma. “Un giorno, mentre il maestro [Baizhang – vedi note 17 e 94] stava lavorando con Guishan, gli chiede: ‘Hai del fuoco o no?’ Guishan dice ‘L’ho’. Il maestro dice: ‘Dov’è?’ Guishan prende un bastoncino di legno, ci soffia sopra due o tre volte e lo passa al maestro. Il maestro dice: ‘È come un tarlo che scava il legno’.” Questo episodio fa seguito a un altro, sempre riferito nel medesimo testo, in cui Baizhang chiede a Guishan se c’era ancora fuoco nel braciere. Guishan risponde che il fuoco è spento, al che Baizhang va a coltrollare, prende le molle, frugando fra la cenere, ne estrae un pezzettino di brace e dice a Guishan: “Che cos’è questo?” Guishan comprende il significato profondo e si inchina. È a questo episodio che Dōgen fa riferimento, la dove afferma “Il risveglio alla Via del Grande Gui è avvenuto mentre era tenzo” – vedi pag.13 sez.20
[8] daiji innen (sanscr. eka-kṛitya) riferimento al Sutrā del Loto: la più importante causa per l’apparizione dei buddha nel mondo, ovvero aiutare gli esseri a entrare nella Via di Buddha e viverla.
[9] L’era Katei è il periodo storico di durata compresa fra il settembre 1235 e il novembre 1238, all’interno del regno dell’imperatore (1232-1242). Il terzo anno Katei corrisponde dunque al 1237.
[10] Traslitterazione del sanscrito śramaṇa, viandante, girovago, praticante religioso che rinuncia al mondo e vive in cerca della via di liberazione. Letteralmente: fare uno sforzo, faticare, fare un lavoro umile; vile, spregevole; nudo; colui o colei che compie atti di mortificazione o austerità, un asceta, un monaco, un devoto, un mendicante religioso; un monaco buddista o mendicante (applicato anche a Buddha stesso) – applicato anche a un asceta Jaina, oggi comunemente chiamato Yati Cfr. SED
[11] L’era Bunki è il periodo storico di durata compresa fra il febbraio 1501 e il febbraio 1504, all’interno del regno dell’imperatore Go-kashiwabara (1500-1526). Il terzo anno Bunki corrisponde dunque al 1502.
20. Eccoci a ciò che chiamiamo cuore grande: la grande montagna è questo cuore; il grande mare è questo cuore! Non ha mutamento, non ha divisioni. Se solleva un ryo (30 g circa), non lo pensa leggero; se alza un kin (7 kg circa), non lo considera pesante. É incantato dalla voce della primavera; ma, ecco, non si diverte nello stagno primaverile. Vede i colori dell’autunno; ma, ecco, il suo spirito non è autunnale.
In un unico scenario compete con le quattro stagioni; con un solo colpo d’occhio vede il pesante e il leggero. Solo in questo contesto devi scrivere il carattere grande, devi conoscere il carattere grande, devi apprendere il carattere grande.
Se il tenzo Kassan non avesse appreso il carattere grande, non avrebbe potuto attraversare la grande distesa con una pazza risata[1].
Se Daii Zenji non avesse scritto il carattere grande, non avrebbe potuto prendere un fusto di legno e soffiare tre volte[2].
Se il maestro Tozan non avesse conosciuto il carattere grande, non avrebbe potuto dare indicazioni a un monaco facendo roteare tre kin di stoffa.
In verità bisogna sapere che la saggezza del grande bene viene verso di noi imparando il carattere grande dalla cima delle cento erbe: proprio adesso innalza un grande grido di libertà, esprime la grande verità, porta a termine la grande opera, è in comunione con i grandi uomini, attua in ogni individuo un passo nel legame con la grande realtà. Chiunque tu sia, il priore, il responsabile di un ruolo, il capo di un settore, il semplice monaco, non devi mai lasciare nell’oblio queste tre qualità del cuore.
Scritto per i nobili figli della via del risveglio del futuro, nella primavera del 1237 (terzo anno dell’epoca Katei, il quarto giorno del decimo segno dello zodiaco, primavera). Scritto da Doghen uomo della via (sramana) che ha ricevuto e trasmette la vera norma, abate del tempio Zen Kannon Dori Kosho Horinji.
20. Eccoci allora a ciò che chiamiamo cuore grande. Grande è la montagna inamovibile. Grande è il mare che tutto accoglie. Grande è la presenza nella realtà, leggera senza leggerezza, pesante senza pesantezza. La primavera è una meraviglia: ma non vorrei che fosse sempre primavera. L’autunno è la porta del declino: ma non mi volto indietro con rimpianto.
I tempi della vita sono l’unico tempo presente; pesante e leggero sono parametri l’uno necessario all’altro, per la misurazione delle cose. É in questo panorama che ha senso parlare di grande: allora sì, puoi descrivere il carattere grande, puoi riconoscere il carattere grande, puoi imparare il carattere grande.
Solo chi ha imparato il significato di grande può aiutare con il suo spirito, con il suo buon umore chi si inganna riguardo alla via. Solo chi sa descrivere il significato di grande può vedere nel legno la fiamma e la cenere, nel presente il passato e il futuro. Solo chi riconosce il significato di grande, può vedere la Via aperta di fronte a sé, dovunque si trovi, e indicarla a chi chiede.
In verità dobbiamo sapere che la saggezza del bene più alto ci viene incontro, in ogni momento: questo lo impariamo vedendo scritto il segno grande in tutto ciò che abbiamo di fronte.
Proprio ora, proprio qui, grande leva il suo grido di libertà grande, canta la verità grande, completa l’opera grande, verifica la comunione dei grandi, muove un passo di ognuno di noi sul grande cammino. Chiunque tu sia, persona della Via, non scordare mai queste tre qualità che racchiudi nel cuore.
Scritto fra San Costanzo (PS) e Galgagnano (LO) nell’estate1995. Jiso Forzani
(Ristesura in forma libera e commentata di Jiso Forzani: dal volume citato)
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Grande è il mare che tutto accoglie. Grande è la presenza nella realtà, leggera senza leggerezza, pesante senza pesantezza.
Primavera e autunno, pesante e leggero.
Non vi è l’uno senza l’altro, ma il cuore grande tutto abbraccia e non fa distinzione, perché l’insieme è Uno e lo può contenere.
Il cuore grande è quello che tutto abbraccia
Quello che sorge è “equanimità”.
Parole di pienezza… grazie!
guardi le cose con distacco e non le vuoi fare tue…
hai un distacco dalle cose senza volerle tenere per te non le giudichi e ti senti più leggero
Leggere del cuore grande infonde un gran senso di leggerezza. Guardi le cose e non le confronti, gli accadimenti e non emetti giudizi, la magnanimità ti pervade pure da essa sei distaccato.
Grazie a Dogen, a Forzani e all’Amministratore per questo scritto e per tutto il Tenzo.