Kōshō Uchiyama rōshi. Discorso d’addio ad Antai-ji.
Aprendo una volta sola la mano del pensiero, tutti i problemi si sistemano. Per quanto ci s’ingegni a mettere in ordine ogni cosa di testa propria, non ci si riesce. Infatti è la nostra mente che suscita tutti i problemi, e per questo dobbiamo aprire la mano del nostro pensiero. Ecco il significato di “lasciar cadere corpo e mente”, abbandono di corpo e mente. In quel momento tutti i problemi cessano. Vi è una breve poesia che dice:
Nel pieno della lite per l’acqua improvvisamente cade la pioggia
Durante un’arida estate, i contadini stanno aspramente litigando su come dividersi l’acqua per irrigare le risaie. Nel mezzo della lite improvvisamente rannuvola, comincia a tuonare e grandi gocce d’acqua cadono dal cielo. La pioggia risolve il problema alla base della disputa.
Allo stesso modo ora pensiamo che di fronte ad A o B il problema sia scegliere una delle due opzioni, e ce la mettiamo tutta per decidere. Ma basta aprire la mano del pensiero, e il problema scompare alla radice. Così “aprendo volta per volta la mano del pensiero ogni cosa è al suo posto” è forse più comprensibile di “non nata mente di Buddha”. Perlomeno mi pare che la mia frase sia più attuale di quella di Bankei.
Quando sediamo in zazen apriamo la mano del pensiero. Così facendo ogni pensiero, quando sorge, lasciamo che sorga, quando svanisce, lasciamo che svanisca.
Qual è il significato essenziale di buddhadharma? Inappropriabile, inconoscibile.
Il vasto cielo non ostacola le bianche nuvole vaganti.
Descrive molto bene che cos’è lo zazen.
Il buddhadharma è, in fin dei conti, “aprire la mano del pensiero”. E fare zazen è praticare concretamente questo “aprire la mano del pensiero”.
Un altro modo per dirlo è che il buddhadharma è il dharma (la realtà) cui Buddha si è risvegliato. Buddha significa infatti “qualcuno che è risvegliato”. Così possiamo dire che “buddhadharma” è la modalità o la condizione di essere sveglio.
E cos’è mai questa condizione di essere svegli?
Consideriamola dal punto di vista opposto, dell’intontimento. Tutti gli esseri umani spesso sono intontiti. Per esempio quando siamo insonnoliti. Siamo assonnati e ci smarriamo. Questo è un problema facile da trattare, perché è facile accorgersi di essere intontiti. Per risvegliarsi da questo stato basta riscuotersi, e ci risvegliamo rinfrancati.
Più difficile da trattare, invece, è l’ottundimento provocato dalle passioni, dall’avversione, dalla mentalità di gruppo. Tutte varietà d’intontimento che creiamo nella nostra mente. La mente crea vari tipi d’illusioni, e noi saltiamo dentro a quei fantasmi disegnati nella nostra mente e lì ci perdiamo.
[…] Come possiamo svegliarci da queste illusioni? Siccome siamo intontiti da immaginazioni create dalla nostra mente, non c’è altro modo di risvegliarsi che aprire la mano delle illusioni della mente.
Quando apriamo la mano del pensiero, siamo desti e vivaci: tutti i vari modi di essere intontiti, dalle passioni, dal risentimento, dalla mentalità di gruppo, tutto in un attimo svanisce.
Questo è il modo di risvegliarsi. Questo è, in fin dei conti, il nostro zazen.
Zazen è sedersi aprendo la mano di tutti i problemi. In quel momento, ci risvegliamo pieni di vita. Per questo in zazen non ci si deve addormentare, né andar dietro ai pensieri. L’aspetto più importante dello zazen è aprire la mano del pensiero risvegliandosi vivacemente.
Al giorno d’oggi però, quando si parla di zazen, molti pensano subito all’illuminazione, al satori, pensano che lo scopo dello zazen sia ottenere la grande e improvvisa illuminazione. Molte persone diffondono questo tipo d’idee, ma non è questo il risveglio del buddhadharma autentico.
Fonte
Il canale Telegram di Eremo dal silenzio
Per rimanere aggiornati su:
Il Sentiero contemplativo, Cerchio Ifior
Aprire la mano del pensiero è aprire la porta all’Essere.
“Quando apriamo la mano del pensiero, siamo desti e vivaci: tutti i vari modi di essere intontiti, dalle passioni, dal risentimento, dalla mentalità di gruppo, tutto in un attimo svanisce.
Questo è il modo di risvegliarsi. Questo è, in fin dei conti, il nostro zazen.”
Quando apro la mano del pensiero i legacci dell’Io svaniscono, si rompono le funi che mi tenevano attaccata e ferma a pensieri ed emozioni, e, per qualche tempo, sono fuori dalla prigione.
“Aprire la mano del pensiero” io questo lo chiamo “purificare la propria mente”, come? Osservandola.
trattenere il pensiero è il problema…
me nè stò accorgendo sempre più
“in zazen non ci si deve addormentare, né andar dietro ai pensieri”.
Accorgersi del pensiero, destarsi tornando alle sensazioni e lasciarlo andare come una nuvola nel vasto cielo.
“è la nostra mente che suscita tutti i problemi, e per questo dobbiamo aprire la mano del nostro pensiero”
Da tenere bene a “mente”!!
“Aprire la mano del pensiero”.
Immagine potente che riassume la pratica Zazen.
“Quando apriamo la mano del pensiero ogni pensiero che sorge lasciamo che sorga, ogni pensiero che svanisce lasciamo che svanisca”.
Sedere senza attaccamento a ciò che sorge, in questo modo si sperimenta l’impermanenza.