Kōshō Uchiyama rōshi. Discorso d’addio ad Antai-ji.
In giapponese si indica con il termine Honzon la statua di Buddha al centro dell’altare principale di un tempio, che simbolizza l’oggetto di venerazione. Rappresenta ciò che è davvero da venerare e per noi questo è sedere in zazen aprendo la mano dei pensieri. Aprire la mano del pensiero è il valore supremo, che chiamiamo honzon, Buddha Venerato.
Tempo fa è venuta una persona in visita ad Antai-ji e quando gli ho aperto la porta della sala con la statua di Buddha dove sediamo in zazen, vedendo che sull’altare era posizionato anche un ventilatore, ha esclamato scandalizzato: “C’è un ventilatore accanto al Buddha!”. Gli abitanti di Kyoto pensano che il Buddha da venerare sia la statua di Buddha, ma ad Antai-ji il Buddha Venerato non è sull’altare ma di fronte, da questa parte della sala.
Ciò che veneriamo è fare zazen, e siccome zazen si fa dove e quando si fa, d’inverno la sala la scaldiamo e d’estate la rinfreschiamo: per questo abbiamo messo un ventilatore a fianco della statua di Buddha, rivolto verso chi siede in zazen. La statua di Buddha è un modellino di zazen, mentre fare zazen aprendo la mano dei pensieri è l’effettivo Buddha Venerato. Questo soltanto deve essere il supremo valore.
Eppure noi, senza neppure farci caso, attribuiamo sempre il massimo valore a ciò che pensiamo e fabbrichiamo nella nostra testa. E allora facciamo del denaro e del prestigio il valore supremo: non c’è forse roba del genere in cima alla lista dei valori?
Al contrario, chi è impegnato nella pratica religiosa considera come valore più alto sempre e ovunque aprire la mano del pensiero. Ma poiché spesso senza accorgercene lo perdiamo di vista, riesaminandoci e correggendoci procediamo sempre in quella direzione. Questo vuol dire “zazen è il Buddha Venerato”. Fonte
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Per rimanere aggiornati su:
Il Sentiero contemplativo, Cerchio Ifior
“Eppure noi, senza neppure farci caso, attribuiamo sempre valore a ciò che pensiamo e fabbrichiamo nella nostra testa”
È così,
Sedersi davanti al muro bianco, nonostante i brontolii della mente, allena ad aprire la mano dei pensieri.
La pratica costante pia piano porta a demolire ogni pretesa, ogni tornaconto.
fare zazen ,no venerare zazen
facciamo zazen e non complichiamoci la vita con futili cose…
per il resto tutto il resto è solo un illusione generata dalla mente
Zazen, il Budda venerato.
Pratica, pratica, pratica e ancora pratica per imparare ad aprire la mano del pensiero.
Altro che fronzoli e religiosità formale.
Sostanza e basta.
Chissà se mettessimo un ventilatore in chiesa cosa accadrebbe?
Significa privilegiare il contatto profondo, quello con la sorgente: ciò che in zazen si compie e si realizza con una intensità più elevata
“Eppure noi, senza neppure farci caso, attribuiamo sempre il massimo valore a ciò che pensiamo e fabbrichiamo nella nostra testa.”
È così, diamo troppa fiducia al nostro pensiero, conferendogli un alto valore, forse perché con quel flusso di pensieri ci identifichiamo, mettendoci sopra l’etichetta “io”.
In zz, apriamo la mano del pensiero e contemporaneamente togliamo via quell’etichetta vedendo il pensiero per quel che è, un semplice fatto.
Dunque, l’unica “cosa” da venerare è la pratica stessa che relativizza qualsiasi forma generata dalla mente, distrugge qualsiasi attaccamento o identificazione.
Altrimenti detto: “Se incontri Buddha per strada uccidilo”.