In questi incontri finali vi verrà svelato che l’amore è gratuità. Nella via della Conoscenza non è possibile indulgere su quello che vi raccontate sull’amore, cioè quello che etichettate come vostro dono all’altro, oppure quello che ricevete, proclamando in cuor vostro che è importante amare gli altri ed è importante darsi agli altri con tutto se stessi.
In tal modo, per voi l’amore è soprattutto una celebrazione di quello che offrite o di quello che ricevete – quindi del vostro ‘io’ – senza mai dubitare che sia realmente qualcosa di vostro, ma che sia, invece, ciò che vi attraversa.
Quando sostenete: “Io voglio dare amore”, state celebrando quello che offrite, innalzandolo su un piedistallo: che sia un consiglio, o una carezza, o un ascolto, o un alleggerimento della sofferenza altrui, o semplicemente lo stare vicino a chi ha bisogno di sentire qualcuno accanto a sé.
Quindi per voi dire: “Io amo” significa dare qualcosa, celebrandolo, ma in tal modo continuate a celebrare voi stessi, perché pensate che siete voi a dare qualcosa: affetto o emozione o sollievo, e lì vi proiettate con la prospettiva di rinunciare a qualcosa di vostro pur di essere accanto all’altro, pur di donargli qualcosa di voi stessi e pur di agevolarlo, ottenendone in cambio un riconoscimento non solo terreno, ma anche ultra-terreno.
Chiusi dentro questi ragionamenti, non vi accorgete che, nel celebrare quello che offrite, è presente un sottile inganno: state ponendo sopra un altare quello che porgete, pur magari con l’intento di mettervi in disparte, comunque non capendo che cosa rappresenti veramente quell’offerta.
Se pensate che ciò che offrite nasca da voi, allora nel dire: “Io amo” sottintendete: “Dono me stesso, il mio tempo, la mia emotività, la mia sollecitudine la mia attenzione. Dono, dono, dono!”. Quel pronunciare il termine ‘dono’ rende importante l’offerta perché lì si nasconde il vostro ‘io’; ma anche quando non usate quella parola, è comunque presente lo stesso significato.
Se, invece, non si ritiene che quello che si offre nasca da sé, ma da altro – indefinito – che non è riconducibile a chi offre, non esiste proprio l’idea di celebrare l’atto del donare e nemmeno il dono, da voi considerato il risultato dell’azione.
Anzi, nasce uno stupore per qualunque cosa raggiunga l’altro e neppure viene da pensare di essere i protagonisti del donare.
Mentre voi uomini siete soliti celebrare quel dono e anche voi stessi come origine dell’offerta.
Mai vi viene da celebrare ciò che vedete nascere come azione in sé che non parla di voi, in quanto il vostro significato di ‘dono’ parla inesorabilmente di voi.
Ecco perché non potreste mai dire:“Dono quel che mi attraversa”, frase che giudicate assurda, non potendo in quel caso attribuirvi l’atto di donare, che considerate ‘indiscutibilmente’ vostro, così come il concetto di dono, che è quello che vi chiama in campo.
In merito alla via della Conoscenza: quel che le voci dell’Oltre ci hanno portato non sono degli insegnamenti, non sono nuovi contenuti per le nostre menti, non sono concettualizzazioni da afferrare e utilizzare nel cammino interiore. Sono paradossi, sono provocazioni o sono fascinazioni, comunque sono negazioni dei nostri processi conoscitivi e concettuali.
Non hanno alcuno scopo: né di modificarci e né di farci evolvere. Creano semplicemente dei piccoli vuoti dentro il pieno della nostra mente. Ed è lì che la vita parla.
Per qualsiasi informazione e supporto potete scrivere ai curatori del libro: vocedellaquiete.vaiano@gmail.com
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Indice dei post estratti dal libro e pubblicati
Abbreviazioni: [P]=Prefazione. [V]=Vita. [G]=Gratuità. [A]=Amore.
Le varie facilitazioni di lettura: grassetto, citazione, divisione in brevi paragrafi sono opera del redattore: i corsivi sono invece presenti anche nell’originale.
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Gratuità è vita in atto e la vita
che si dispiega è amore…
Una azione spontanea che la
situazione richiede.
“Dono, il nascere dell’azione in sé”.
Prospettiva del tutto capovolta.
Grazie Soggetto.
E grazie al lavoro di editing dell’amministratore
Parole queste, che evidenziano l’ostacolo in cui spesso inciampo.
Comprendere fino in fondo che l’Amore non ha soggetto, ma È.
Che non ho niente per cui celebrare il mio io o quello di qualcun altro.
Che non c’è merito alcuno, ma solo la disposizione a farsi strumento.
Quando agirò senza che il pensiero di un eventuale ritorno sarà presente allora forse potrò comprendere l’Amore.