[…] Abbiamo detto che un moto costituisce il dono, vale a dire che il dono è nel moto. E in questo siamo pedanti. Allora scopriamo questo moto, indipendentemente che, nelle vostre intenzioni, poi si colori anche di una qualche idea di ritorno. Quindi, moto e dono.
Qualsiasi dono parte da un moto, e questo significa che presuppone un’azione: è moto anche solo parlare, anche accarezzare, o anche restare semplicemente fermi accanto a un’altra persona. Pertanto moto è azione. Può sembrarvi banale, ma vedrete cosa ne consegue.
Identificati nella vostra struttura mentale, nel momento in cui si sottolinea che il dono presuppone un’azione, voi subito ponete l’attenzione sul risultato di quell’azione, cioè su quello che riuscite a combinare, perché secondo voi sta proprio lì il dono.
E anche se, magari, non è quello che avevate in testa, però è quello che riuscite a combinare che si colora della parola ‘dono’. Se volete consolare, e dalla vostra bocca escono parole che non vi sembrano di consolazione, il dono non è più quello che vi ha mosso, ma è comunque l’azione del consolare.
Il contro-processo nega il vostro assunto che afferma che il dono è il risultato dell’azione, e ribadisce che il dono è il farsi dell’azione, cioè il dono è l’azione lungo il suo svolgersi. Per il momento, tiriamo via tutto quello che ha a che fare col dirigere l’azione del donare. C’è qualcosa che la dirige, però ora ci occupiamo del fatto che il dono è unicamente azione nel suo farsi. Come abbiamo già detto, ogni volta che voi ascoltate una persona vicino a voi, magari facendo silenzio perché non trovate parole o perché pensate che il silenzio sia l’unico modo per starle accanto, anche quella è azione.
Quindi il dono è azione, per il tempo in cui si compie. E allora proviamo a capire che cos’è un’azione nel momento in cui si compie. Quando voi fate un’azione, siete una cosa semplice: siete quell’azione fino a quando essa prevale su altro, cioè fino a quando non le caricate sopra il peso di altro – una preoccupazione, un ricordo – rendendo in tal modo predominante solo quello che le ponete sopra; da quel momento diventate quell’altro. E qui, però, torna fuori il discorso sulla disconnessione, che dice che voi non siete mai, contemporaneamente, con l’attenzione sull’azione, sulle emozioni e sui pensieri, ma siete quell’azione fino a quando restate lì presenti.
Quindi – ricapitolando – quando offrite qualcosa, stando nell’azione, lì viene prodotto un dono. Il dono presuppone un movimento, cioè un moto; il moto è azione e l’azione sta nel suo farsi. Questo significa che il dono è sempre e solo il risultato di un’azione che scaturisce dal fatto che voi siete presenti nell’azione, e lì restate; vale a dire fino a quando siete con l’attenzione rivolta all’azione.
Altrimenti volate col pensiero su un’altra, solo immaginata ma predominante, mentre state compiendo distrattamente quella presente. Più precisamente, il dono scaturisce dall’azione e dal fatto che voi siete lì presenti nell’azione, per quel tanto che restate in quell’azione con la consapevolezza di compierla.
Il dono, quindi, c’è nel mentre qualcuno dona, cioè mentre compie l’azione; ne consegue che il dono scaturisce dall’azione e che l’azione è tale nel suo farsi, in quanto il dono c’è nel farsi dell’azione. Questo significa che il dono esiste se l’azione continua: ad esempio, quando qualcuno ascolta l’altro, quel dono – che voi chiamate ‘ascoltare l’altro’ – esiste finché lui continua in quell’ascolto, ma nel momento in cui cessa l’ascolto, finisce l’azione ed il dono.
Non è così per voi. Siete convinti che il dono esiste già nella vostra testa prima ancora che nel suo concretizzarsi, perché siete voi a offrirlo. Noi ribadiamo che il dono è semplicemente movimento, è azione nel suo farsi, e quindi è presente solo nel farsi dell’azione, cioè fino a quando agite presenti al dono.
In merito alla via della Conoscenza: quel che le voci dell’Oltre ci hanno portato non sono degli insegnamenti, non sono nuovi contenuti per le nostre menti, non sono concettualizzazioni da afferrare e utilizzare nel cammino interiore. Sono paradossi, sono provocazioni o sono fascinazioni, comunque sono negazioni dei nostri processi conoscitivi e concettuali.
Non hanno alcuno scopo: né di modificarci e né di farci evolvere. Creano semplicemente dei piccoli vuoti dentro il pieno della nostra mente. Ed è lì che la vita parla.
Per qualsiasi informazione e supporto potete scrivere ai curatori del libro: vocedellaquiete.vaiano@gmail.com
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Indice dei post estratti dal libro e pubblicati
Abbreviazioni: [P]=Prefazione. [V]=Vita. [G]=Gratuità. [A]=Amore.
Le varie facilitazioni di lettura: grassetto, citazione, divisione in brevi paragrafi sono opera del redattore: i corsivi sono invece presenti anche nell’originale.
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Il Sentiero contemplativo, Cerchio Ifior
“il dono è sempre e solo il risultato di un’azione che scaturisce dal fatto che voi siete presenti nell’azione, e lì restate”
Ecco che il quotidiano è dono!
Dalle più irrilevanti azioni, a quelle in cui ci si spende per un obiettivo “sentito”, o meglio ci si lascia trasportare da questo: in quest’ultimo caso i corpi transitori ne subiscono le conseguenze rilevandone la potenza del flusso.
“Dono come azione nel suo farsi” finché si è consapevoli e presenti all’azione.
Stare nel presente.
Un assunto così banale quanto difficile da realizzare.
Dono come farsi dell’azione. C’è dono finché noi siamo aderenti all’azione e non sovrapponiamo qualcos’altro ( un pensiero, un’emozione, ecc.), poiché se quel pensiero o emozione diventano predominanti, noi allora diventiamo quel pensiero e quell’azione e il dono viene meno.
Sento che il dono è farsi nell’azione e che accade tanto più tengo a bada il ragionamento causa effetto.
Più mi affido e sto in Presenza più la scena si svolge fluida e se osservo il risultato non è quello che avrei potuto pensare e predisporre.
Sia fatta la Tua non la mia Volontà.