Vediamo di ricapitolare tutto questo discorso, che può essere forse male inteso, sul fatto che è il sentire a creare-percepire, attraverso le sue limitazioni, i mondi della percezione: fisico, astrale, mentale.
Più volte i maestri hanno parlato della realtà, in quanto questa realtà giudicata e valutata dall’uomo in base a un’apparenza (perché il processo della percezione si basa unicamente sull’apparenza) è estremamente diversa da quello che appare.
Ci sono stati dei pensatori, dei filosofi i quali hanno affermato che la realtà vera non sarà mai conosciuta dall’uomo, perché ciò che sta al di là dell’apparenza l’uomo non ha il potere di indagarlo e di conoscerlo.
I mezzi d’indagine dell’uomo, affermano questi filosofi, debbono passare da quel mediatore che sono i suoi sensi, si fondano sulla percezione dell’apparenza e, quindi, la realtà è inconoscibile. In effetti, nei mondi della percezione, dei quali fa parte il mondo fisico, la realtà vera, intrinseca, quella che sta oltre l’apparenza, è inconoscibile.
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Ma fortunatamente questo non è il destino, che sarebbe veramente terribile, dell’uomo. Attraverso la sua evoluzione l’uomo sperimenterà delle dimensioni in cui potrà conoscere la realtà di ciò che lo fa vivere, dell’ambiente nel quale è immerso; la conoscerà attraverso nuovi modi di approccio, nuovi mezzi di conoscenza – noi abbiamo detto – ossia attraverso l’identificazione con ciò che si conosce. E sarà una conoscenza vera, perché andrà al di là dell’apparenza. Non esisterà più l’apparenza, ma vi sarà proprio un’identificazione tra l’oggetto e il soggetto, quindi senza possibilità di errore o di distorsione.
A questo punto dell’insegnamento, il lavoro dei maestri sta nel cercare di spostare l’attenzione di tutti coloro che seguono, per cosi dire, l’insegnamento filosofico, portandoli a capire quanto questa realtà sia diversa dall’apparenza.
Allora, il mondo fisico, che è ritenuto oggettivo, cioè esistente per se stesso – in quanto visto in maniera univoca da tutti gli uomini sia pure con lievi mutazioni e parametri soggettivi – in effetti non esiste in se stesso, ma è il prodotto della percezione che avviene attraverso i cinque sensi.
Se vi fosse un essere con più di cinque sensi, l’immagine che egli avrebbe della realtà sarebbe del tutto diversa. Basta pensare ai non vedenti, è vero?: ne deriva una percezione e una concezione della realtà completamente diversa da quella che ha l’uomo con i suoi tradizionali cinque sensi.
Questo discorso dei maestri è un passaggio essenziale per esporre ulteriormente l’insegnamento di quella che è la verità. Naturalmente, chi è all’oscuro di queste cose si trova di fronte all’impatto della perplessità. Dal pensare che la realtà fisica sia oggettivamente esistente, cioè al di là dei soggetti percepenti, al pensare invece che la realtà esiste in funzione dei soggetti percepenti, c’è una sfumatura di passaggi e facilmente chi si trova di fronte questi concetti passa da un estremo all’altro: se prima credeva che il mondo fisico fosse oggettivo ed esistesse al di là dei soggetti percepenti, nel sentire poi le precisazioni dei maestri, finisce per credere che qua non esiste più niente e che ognuno si crea un suo mondo onirico. Ecco, questo è il pericolo e l’errore nel quale facilmente si può incorrere.
Ora, ripeto per l’ennesima volta, il discorso che il mondo fisico non è oggettivo sta a significare che cosi è, come voi Io vedete, perché voi percepite qualcosa – che in se stesso è indifferenziato – grazie alle limitazioni che sono i vostri cinque sensi.
Allora, il percepire la sostanza divina di cui è composto il Tutto, la divina sostanza spirito, la sostanza prima, lo spirito indiversificato – potete chiamarla come volete – il percepire questa sostanza per mezzo dei cinque sensi fa si che da questa sostanza, nella percezione, si estrapoli quella che è la dimensione fisica, il mondo fisico.
Questa dimensione ha i suoi principi, le sue leggi, i suoi punti di contatto, i suoi comun denominatori, che sono pressappoco uguali per tutti coloro che la percepiscono e che la creano attraverso i loro cinque sensi.
Quindi, per il fatto che voi percepite la sostanza divina indiversificata e, tutti, attraverso la percezione dei sensi, la trasformate in una stanza con tutte le suppellettili, non si deve credere che sia una proiezione del tutto onirica del vostro sentire, che per combinazione ha dei punti di contatto; che siano cioè dei sogni individuali che hanno tra di loro dei contatti e creano questa soggettività universale o la supposta oggettività delle cose che vedete e percepite.
No, non è cosi. Dovete invece pensare che, siccome avete tutti i cinque sensi, simili in ciascuno di voi, dalla divina sostanza indiversificata traete fuori questo piano, questo mondo fisico, il quale è oggettivo nel senso che appartiene a tutti coloro che lo percepiscono con gli stessi sensi, ma che oggettivo non rimane e non è assolutamente in quanto è in funzione dei vostri sensi.
AI di là della percezione dei vostri sensi, non esiste più. Esiste solo materia divina indiversificata.
Ciò che è oggetto della vostra percezione è cosa, quindi, in se stessa ben diversa da quello che vedete attraverso i sensi: il discorso del sentire che crea i mondi della percezione è il discorso dei sensi.
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Ricapitolo utile, grazie!
Grazie Leo, mi è un po’ più chiaro.
Dovrò tornarci mille volte su questi concetti. L’esperienza mi ha dimostrato che argomenti, prima totalmente ostici, sono diventati via via più digeribili, mi do tempo e persevero
A Natascia.
L’ultimo capoverso si scioglie così: “Ciò che è oggetto della vostra percezione [cioè la realtà indifferenziata] è cosa, quindi, in se stessa ben diversa da quello che vedete attraverso i sensi”. Questo è ragionevole se si tiene conto che i cinque sensi “modificano”, “plasmano” la realtà indifferenziata, come nel testo è sottolineato.
L’ultima frase: “il discorso del sentire che crea i mondi della percezione è il discorso dei sensi.”, possiamo parafrasarla così: la questione del sentire che genera una realtà soggettiva si realizza, attraverso la plasmazione della realtà per mezzo dei cinque sensi.
Mi pareva che fosse chiaro il concetto: dalla materia indistinta, i nostri sensi estraggono la realta possibile ad essa.
Essendo percepita dai nostri sensi comuni, tutti abbiamo la stessa visione della scena.
Se avessimo altri sensi, questa realtà non esisterebbe.
L’ultimo capoverso poi, mi ha rimesso nel pallone:
“Ciò che è oggetto della vostra percezione è cosa, quindi, in se stessa ben diversa da quello che vedete attraverso i sensi: il discorso del sentire che crea i mondi della percezione è il discorso dei sensi”.
Confido che prima o poi mi si chiarirà.