Kōshō Uchiyama rōshi. Discorso d’addio ad Antai-ji.
Penso che lo stesso sia accaduto anche nel caso di Bodhidharma. Giunto dall’India in Cina, incontra l’imperatore Wu di Liang ma non si capiscono: allora se ne va a Shaolin, accigliato. In due parole è andata proprio così.
Era incompreso e disprezzato, ma aveva con sé il voto di salvare le menti confuse trasmettendo quel dharma di salvezza. Penso che la vita di Bodhidharma sia stata vissuta in funzione di quel voto. Nel suo stare immobile in zazen a Shaolin, Bodhidharma ha mandato in profondità ancora di più la radice nel terreno.
In seguito il suo discepolo Huike fu a sua volta calpestato dal mondo per tutta la vita, perché faceva zazen ed era discepolo di Bodhidharma. E anche i successori, il terzo e il quarto fino al quinto tutti fecero davvero una vita grama. Ma grazie al voto fecero penetrare in profondità la radice nel terreno e al tempo del sesto patriarca d’improvviso nel mondo fu primavera e sbocciò una gemma. E oggi si dice che lo zen è il fondamento della cultura dell’Estremo Oriente.
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Anche nel mio caso, quando ero qui con Sōdō san e Myōshin san la mia vita era grama, finché a un certo punto è giunta primavera e sono sbocciati tanti discepoli. E tramite loro, guardate, a loro volta ci saranno altri discepoli. Come un’esplosione nucleare vedrete che succede fra qualche secolo: senza dubbio si formerà una nuova epoca, chiamiamola l’epoca del buddhadharma.
Questa non è assolutamente un’aspirazione personale, è il voto del buddhadharma. È il voto di trasmettere il dharma di salvare le menti confuse. Dovunque io vada a finire, qualunque cosa mi capiti, vivo il me che è solo se stesso. Il me dell’intero universo cresce realmente in base al voto di salvare tutti gli esseri viventi, per infiniti che siano. Per questo è scritto nel testo che ho citato “È così perché è il mio intero mondo”.
Io non so come lavoreranno d’ora in poi i miei discepoli, ma devono avere la determinazione di affrontare per dieci o vent’anni una vita calpestata. Io sono divenuto monaco nel 1941 e Kōhō san* che ora diventa il nuovo abate di Antai-ji, è arrivato nel 1962 e da allora improvvisamente la fioritura è iniziata, ma nel frattempo la mia vita è stata calpestata.
Guai se in circostanze avverse si perde di vista la vita. Perdere di vista la vita vuol dire che non c’è il voto. Se c’è il voto, qualsiasi cosa mi capiti è la mia vita. Fintantoché c’è il voto di continuare a vivere davvero la propria vita ovunque si vada a finire, per quanto calpestati, prima o poi senz’altro arriva primavera. E giunta primavera c’è la forza di crescere. Questa è la forza della vita. Vorrei che comprendeste bene che questo è altra cosa dall’ambizione.
Per questo io penso che il voto sia qualcosa di estremamente importante. Questa è la ragione per cui dopo la morte di Sawaki rōshi recitiamo sempre, prima e dopo i miei discorsi sul dharma, solo i quattro voti. Non c’è bisogno di fare discorsi complessi. Fonte
*Watanabe Kōhō rōshi (1942-20016) discepolo e successore di Uchiyama rōshi come abate di Antai-ji, che rifondò trasferendo il monastero da Kyoto alle montagne della prefettura di Hyōgo, rinnovandone la vita di pratica religiosa basata sullo zazen, sul lavoro agricolo per l’autosufficienza alimentare ed economica, sullo studio dei testi.
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È attraverso il voto che, sentendoci interpellati dalla vita, riusciamo ad affermare:se “non io chi?”
Il voto rappresenta l’aver compreso l’essenza della vita.
E quando questa comprensione si apre, si dispiega la forza che tutto può.
“Se c’è il voto, qualsiasi cosa mi capiti è la mia vita”
Mi viene in mente la frase del FdF, che disse, non ricordo in che Vangelo, che se avessimo fede potremmo spostare le montagne “.
Quanta fede c’era nel voto di Uchiyama per diventare la sua vita?
La sua fede ha spostato le montagne.
Quanta fede c’è nei nostri voti?
Il voto è tutto! Grazie.
se cè voto cè vita
qualunque cosa mi capiti è la mia vita
è cosí non dobbiamo avere paura della vita ,
la vita non è mai contro di noi.
Qualsiasi cosa mi capita è la mia vita.
Se c’è il voto non la combatto ma la accolgo.
Il voto diventa consapevolezza, o forse la consapevolezza fa sì che il voto sia pronunciato.
Questa testimonianza rafforza l’intenzione del voto.
Nulla va disperso, ma non ci appartiene, al di là di ogni aspirazione, è importante rimanere aderenti al voto.