[…] KEMPIS — Voi considerate la realtà in continuo divenire perché la frazionate; perché, nel vostro concetto, essa è limitata nel tempo e nello spazio. Per voi la realtà è quella che riuscite ad abbracciare, a percepire: quindi la limitate in senso spaziale.
Ed è quella che è ora, nel momento attuale: quindi la limitate in senso temporale. Ma il tempo e lo spazio sono, appunto, illusioni, che scaturiscono dal considerare la realtà in modo frazionato e non, invece, quale essa è: un sol tutto inscindibile.
DALI — Badate bene, figli, in ciò che diciamo non c’è riprovazione. Infatti l’uomo è creatura della separatività, nasce da essa, come tutta la molteplicità; è quindi un fatto naturale che consideri il mondo nel quale vive estraneo a sé. La riprovazione, semmai, c’è nella misura in cui l’uomo non s’impegna a superare il senso di separatività, non tende a considerare la realtà, appunto, un sol tutto inscindibile.
KEMPIS — Allorché si limita la Realtà, quel «sol tutto inscindibile» appare come molteplicità, separazione. Cosicché ciò che l’uomo considera reale è solo apparenza di una parte della Realtà unica totale che cosi appare a chi non riesca a cogliere l’unità del Tutto.
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Ora, se già ben diversa è la realtà parziale rispetto alla assoluta, cioè a quella unica-totale, figuratevi quanto ben diversa sia l’apparenza della realtà parziale rispetto alla Realtà finale. Già nel mondo della percezione potete costatare quanto diverso sia ciò che appare da ciò che è: una pietra, che vista può sembrare un monòlito, è invece frazionabilissima, ed è più vuota di materia che piena.
CLAUDIO — Ora, non si può superare il senso di separazione, cioè sentire la Realtà come un sol Tutto inscindibile cercando un’intesa fra l’io e il non io, un’intesa fra le parti; solo nella comunione delle parti avviene il superamento della separatività. Tale comunione non è di apparenze, non è mettere in comune le proprie sostanze, i propri mezzi e le proprie qualità, restando enti separati; ma è «identificazione», cioè scoprire, sentire che il non io è parte integrante, complementare della propria identità. Non è una comunione dall’esterno, ma è esclusivamente dall’interno e dall’interno essere (o dell’intero essere? Dubbio sulla trascrizione. Ndr)
DALI — Quando voi pensate a Dio, in forza della separatività a cui soggiacete, lo pensate come un personaggio dell’apparenza, cioè del vostro mondo. Lo immaginate esterno a voi, Lo pregate come se voi foste qui e Lui fosse li o lassù. Non tenete presente, cioè, che Dio non può che essere la Realtà Unica Totale, ben diversa dalla somma della realtà parziale.
Le realtà parziali necessariamente sono relative; la somma delle relatività non potrà mai dare l’Assoluto. Dio non può che essere «quel sol tutto inscindibile» al quale si perviene solo con l’intima comunione, col sentire, nella identificazione. E questo «pervenire», con tutto ciò che significa, non è un raggiungere o aggiungersi a Dio, è semplicemente la «Manifestazione Divina», l’Essere Uno e molteplice è l’unico possibile modo d’essere di Dio.
CLAUDIO — Dio comprende nella Sua esistenza il Tutto: tutte le individualità, tutti gli individui, il soggetto e l’oggetto oltre la separazione. Egli è la coscienza assoluta. Non è tuttavia coscienza della cosa emanata come esistente al di fuori di Sé. Solo chi è nella separatività conosce la realtà in termini di soggetto e di oggetto. Ma chi include in sé il soggetto e l’oggetto è coscienza della realtà nella sua interezza che trascende la separazione.
KEMPIS — La coscienza del Tutto-Uno non è la somma delle coscienze dei soggetti, perché sarebbe sempre una coscienza di parti; ma è la coscienza di ciò che sta al di là delle parti. Questo è importante perché garantisce l’identificazione con la coscienza assoluta non attraverso una sommatoria ma attraverso il superamento della separatività; non attraverso l’acquisizione, che non potrebbe mai avere fine. Non è quindi una questione di quantità, ma di qualità.
CLAUDIO — Finché non si è trascesa la separatività vi è dolore, lotta, conflitto degli opposti. L’unità dell’Essere non può raggiungersi attraverso la moltiplicazione della separazione e quindi del dolore, della lotta, del conflitto degli opposti; in altre parole, attraverso la continuazione della divisione.
KEMPIS — La dottrina che accetta la separatività come condizione di esistenza stabile, che non è mai trascesa, che accetta la continuazione del non io e dell’io come fattori integranti della realtà, che non prescinderà mai da una tale impostazione duale, è una dottrina creata da chi non conosce e non ha compreso la vera condizione d’essere del Tutto.
Il tutto è più che la somma delle singole parti. Da ciò è evidente che l’Assoluto contiene ogni cosa, ma non come se fosse un spazio in cui le cose vengono “ammassate” l’una accanto all’altra, piuttosto le contiene trascendendole.
“Finché non si è trascesa la separatività vi è dolore, lotta, conflitto degli opposti.”
Risuona questo passaggio…
Che la realtà è un tutto inscindibile lo si percepisce, pur vivendo nella separativita e molteplicità, durante la contemplazione, quando il soggetto scompare.
Poi diventa qualcosa di intrinseco. Sai che è così come sai che respiri.