Kōshō Uchiyama rōshi. Discorso d’addio ad Antai-ji.
A proposito, devo dire che osservando uno per uno i miei discepoli, mi rendo conto che sono tutti più risoluti di me, davvero. Non si può dire fino a che punto io fossi debole e inaffidabile quando, divenuto monaco, all’inizio sono andato al tempio Daichū-ji.
Non sapevo andare in bicicletta (neanche ora, se è per questo) e non ero in grado neppure di andare a comperare un po’ di tōfu. Il tempio era infatti in mezzo ai monti. Benché fossi un monaco novizio, l’ultimo arrivato, dovevo chiedere a qualcuno se per cortesia mi andava a comperare del tōfu. Quando passavo lo straccio durante le pulizie nel lungo corridoio, mi stancavo talmente a stare con la schiena curva da dover poi andare a sdraiarmi. Fin ad allora non avevo mai lavato un fazzoletto o un paio di mutande, ero davvero un inetto. Mi stupisco che mi abbiano tenuto e lasciato continuare.
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In seguito, neppure uno fra i miei discepoli è mai stato così incapace. Perciò immaginate come saranno fra venti o trent’anni. Perlomeno non c’è dubbio che saranno più capaci di me. Ora sono divenuto affidabile. Nessuno sarebbe diventato mio discepolo, credo, se avesse pensato che sono inaffidabile: al contrario, tutti sono venuti da me considerandomi degno di fiducia. Pertanto i miei discepoli diventeranno persone ancor più degne di fiducia. Non è una grande cosa sapere che fra trent’anni ci saranno venti, trenta persone del genere?
Ai miei discepoli voglio ripetere fino all’ultimo: “Trascorrere la vita da intontiti, è la vostra vita, trascorrere la vita da desti, è la vostra vita”. Non c’è nulla di buono nel trascorrere una vita da intontiti. Fino a un certo momento tutto sembra filar liscio, ma da un certo momento in poi ci si rintontisce per una donna, oppure in seguito ci si annebbia per il denaro, o per aver assaporato una qualche posizione di prestigio: tutto questo è un vero peccato.
Ho più volte affermato che nella maggior parte dei casi quando si hanno venti, trent’anni lo spirito di conseguire fama e ricchezza è poco assillante. A quell’età è più forte il desiderio sessuale. Ma a quaranta, cinquant’anni, quando il desiderio sessuale non è più così impellente, al suo posto diventa preponderante il richiamo della fama e del profitto. Ovviamente, la fama e il profitto che un prete può ottenere non sono questa gran cosa.
Non mi va neppure di parlarne, ma certo non è granché. Ciò nonostante, se fama e profitto diventano la propria ragion d’essere, allora ci si rintontisce davvero. È assolutamente da evitare. Che io viva da persona sveglia o da persona obnubilata, si tratta comunque della mia vita. Penso sia davvero assurdo viverla da fessi.
Ora ho sessantadue anni, e se mi permettete di guardare la mia vita fino a qui, penso di poter dire che ho fatto una bella vita. Oggi la maggior parte delle persone della mia età s’intristiscono. Nel mio caso invece, sono pieno di vitalità. Quando penso che i miei discepoli d’ora in poi svolgeranno un ruolo attivo nel mondo, la vita diventa per me del colore di una rosa lussureggiante. I miei scritti in futuro saranno letti e diffusi nel mondo, e anche questo rende rosa la vita. Non è fantastica una vita così rosea dopo i sessant’anni? Rendetevi conto per bene della differenza fra vivere da svegli e vivere da intontiti, e “sedete dieci anni tacendo, in aggiunta sedete dieci anni, poi sedete dieci anni”. Fonte
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La vita ci propone le occasioni per “risvegliarci” : ad ognuno la responsabile scelta!
Vivere da svegli significa riuscire a cogliere il colore della rosa lussereggiante.
“Trascorrere la vita da intontiti, è la vostra vita, trascorrere la vita da desti, è la vostra vita”.
Mi colpisce questa frase perché spezza il dualismo tra desti/migliore e intontiti/peggiori.
Ognuno ha la vita che gli è necessaria e funzionale a sé.
È evidente che qui si propone una stile di vita da desti, ma questo nulla toglie che la vita dell’intontito sia perfetta, sia anche essa il volto originale del Buddha.
Vivere una vita da svegli o da intontiti è una scelta nostra.
Di esperienza in esperienza è davvero l’unica libertà che abbiamo : ascoltare l’io o la coscienza.
I maestri del CI, dicono :se vuoi cambiare la tua vita, cambiala.
A noi la scelta.
“Vivere da svegli o vivere da intontiti”.
Chi vive nell’ Essere o comunque questo persegue, investe sull’unica ricchezza per cui valga la pena impegnarsi.
Fama, potere, ricchezze, si rivelano contenitori vuoti, stordimento per le menti.
Mi tornano in mente i 4 voti del bodhisattva, tutto l’insegnamento è li’