Le basi della Via della conoscenza. Ciò che c’è è ciò che esiste nella sua totale compiutezza; magari non si coglie la compiutezza fino in fondo, ma la non-mente si china al mistero e sa che c’è la compiutezza.
Però non si china al mistero perché incapace d’indagare; no, si china al mistero perché non vuole più indagare dato che tutto è.
Infatti – secondo la vostra immagine – è la mente che indaga, seppure spinta dalla Coscienza, un’immagine che serve per un tratto di strada ma che a un certo punto vi limita, vi limita e vi limita. Ma ben sappiamo che accettare questo significa anche accettare di non-essere: di non-essere proprio nulla, neppure il vostro agglomerato di pensieri, di sentimenti, di emozioni e di azioni.
Neppure questo siete; non siete e pur tuttavia qualcuno di voi avanza ancora dei dubbi perché questo approccio porta alla conclusione che l’amore presenta una sola faccia: l’indissolubilità dell’amore, cioè l’impossibilità di separarsi dall’amore e quindi di distinguere.
Dal punto di vista dell’uomo che non ha più mente non c’è qualcuno che è degno d’amore e qualche altro che non è degno e non c’è un’azione che sia riprovevole.
Nell’affermare questo, so di suscitare in voi precise reazioni perché voi immediatamente obiettate: “Ma come è possibile non distinguere fra azioni riprovevoli e azioni invece lodevoli?“.
La non-mente non distingue, poiché nella non-mente quelle azioni non appartengono a quell’individuo ma al ciò che è. E, se appartengono a ciò che è, non conta ciò che quell’individuo vive in quel momento come proprio; certamente per lui conta, ma non per l’uomo che è andato al di là della mente.
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E se questo accade, allora l’amore è completo soltanto nel non attaccamento a nulla, neppure alla virtù, poiché il pericolo per un uomo da voi definito evoluto è quello di attaccarsi alla virtù e anche questo attaccamento è di nuovo dualità.
Il pericolo per un uomo per voi evoluto è quello di farsi promotore dell’affermazione della virtù contro il male, mentre invece chi va al di là della mente porge l’amore indistintamente perché tutto è già, anche quando appare come incompleto, dato che agli occhi dell’uomo certamente il male è la non completezza, è l’insufficienza, è la parzialità, è il limite, mentre la perfezione è il non limite ed è la completezza. Ma per chi non ha mente questa distinzione cade e appare l’essenza dove ciò che conta è ciò che è. Fonte
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Il Sentiero contemplativo, Cerchio Ifior
Capisco che sulle terre qui descritte esiste una vastità ed una pienezza di vita.
Ma a me oggi serve o viene, da stare di qua, nell’angusto ombelico e cercare un po’ di sollievo in qualche appagamento.
Anche questo è quel che è, pur se in sottofondo qualche ingranaggio di richiamo verso l’essere, continua a girare…
Quando la non mente affiora, cade ogni giudizio, ogni catalogazione. Tutto si appiana perché non strattonato da “ricami” della mente.
È questo l’atteggiamento da coltivare!
Mi colpisce che……:pensiamo di esistere sulla base del nostro agglomerato di pensieri, sentimenti, emozioni e azioni.
Non è un concetto nuovo, ma in questo momento mi risuona particolarmente.
In sostanza ci ancoriamo all’effimero.
Edifichiamo sulla sabbia
Le azioni non appartengano all’individuo ma al ciò che è.
Se sì è nella non-mente, non può essere che così.
La mente divide, la non mente accoglie il Ciò che È.
È necessario coltivare il Sentire, con i tanti mezzi che abbiamo a disposizione: lo zz, le letture, lo scambio in chat, gli intensivi,la relazione con il maestro.
È facile altrimenti, farsi riassorbire dalle logiche del duale.
L’Amore va perseguito in ogni sua manifestazione.
“Agli occhi dell’uomo certamente il male è la non completezza, è l’insufficienza, è la parzialità, è il limite, mentre la perfezione è il non limite ed è la completezza”
Il pericolo è proprio qui. Dualizzare, frammentare l’Essere come se l’incompleto, il limite e l’insufficiente non appartenessero all’Essere e come se l’Essere possa venire connotato solo con qualità positive.
Questo ci lancia in una folle rincorsa verso la perfezione che non raggiungeremo mai, perché la poniamo alla fine delle limitazioni, delle parzialità.
Bisogna abbandonare le logiche del divenire e affermare l’Essere.