L’uomo dona, è convinto di proporre sé in qualcosa che gli appartiene. Quando poi si apre a un percorso evolutivo, inizia a osservarsi nel momento in cui dà e si sforza di accettare quello che riesce a dare, senza pretendere troppo da sé, anche se spesso critica il dono che offre all’altro.
Poi capisce che più pretende di dare, meno comprende che il dare non è l’essenza, che individua nell’osservare quello che dà, consapevole di quanto poco egli sia capace di dare.
Però, a un uomo che inizia a dubitare del suo protagonismo, si può dire che ogni volta che offre, e che dice di donare amore, non sta comprendendo che qualunque cosa lui dia non gli appartiene, ma passa attraverso lui per andare ad altri.
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Se invece lui pensa che gli appartenga, si ritrova continuamente messo in crisi da quel donare, cioè dal suo desiderio di essere sempre più all’altezza, dal suo giudicare quel che dona e dalla risposta dell’altro che spesso non corrisponde alle sue pretese. Lui ancora non può capire quanto poco conta ciò che offre e quanto invece il suo tirarsi in disparte possa fargli scoprire che è l’offerta d’amore che si impone, nonostante lui e al di là di lui, perché è l’amore che agisce.
Quando dentro a un uomo si sgretolano le strutture che ha edificato, concettualizzando l’amore, gli si impone una realtà che gli è del tutto impensabile. Diviene consapevole che in lui prevale l’impulso di donare ciò che non gli appartiene e di rimanere con tutto sé stesso sul farsi dell’azione, non attribuendosela e non immaginandosi risultati riconducibili a sé.
Quindi non giudica il dono e non ne misura la corrispondenza con quello che era il progetto iniziale, ma vive l’azione nel suo svolgersi e non si preoccupa di che cosa verrà offerto attraverso di lui e di come l’altro potrà rispondere, modificando l’azione. Lui sa che qualunque cosa accada è da celebrare perché al centro c’è l’azione ed entrambi i soggetti sono messi in disparte.
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In merito alla via della Conoscenza: quel che le voci dell’Oltre ci hanno portato non sono degli insegnamenti, non sono nuovi contenuti per le nostre menti, non sono concettualizzazioni da afferrare e utilizzare nel cammino interiore. Sono paradossi, sono provocazioni o sono fascinazioni, comunque sono negazioni dei nostri processi conoscitivi e concettuali.
Non hanno alcuno scopo: né di modificarci e né di farci evolvere. Creano semplicemente dei piccoli vuoti dentro il pieno della nostra mente. Ed è lì che la vita parla.
Per qualsiasi informazione e supporto potete scrivere ai curatori del libro: vocedellaquiete.vaiano@gmail.com
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Indice dei post estratti dal libro e pubblicati
Abbreviazioni: [P]=Prefazione. [V]=Vita. [G]=Gratuità. [A]=Amore.
Le varie facilitazioni di lettura: grassetto, citazione, divisione in brevi paragrafi sono opera del redattore: i corsivi sono invece presenti anche nell’originale.
L’amore è il manifestarsi di quel flusso che lasci passare quando sei in contatto con il sentire: nell’azione si materializza .
“Diviene consapevole che in lui prevale l’impulso di donare ciò che non gli appartiene e di rimanere con tutto sé stesso sul farsi dell’azione, non attribuendosela e non immaginandosi risultati riconducibili a sé.”
Enorme comprensione, di lì, poi, si apre un altro mondo.
“Al centro c’è l’azione ed entrambi i soggetti sono messi da parte.”
Il farsi del dono quando è scomparso l’io.
Nella logica del passettino dopo passettino, un traguardo.
Disendificarsi senza fine.
Niente ci appartiene.
Quanto è compreso?
Scorgo ancora le rivenditori dell’identità, ma mi è facile non seguirle.