Accade che il complesso mente-emozioni sia interessato dal ripetersi di pensieri ed emozioni ricorrenti e ripetitive di diversa intensità.
L’origine è in qualche processo avviato dalla coscienza e non giunto a termine per insufficienza di dati.
La coscienza chiede dati ma questi non possono essere evasi perché l’esperienza non li fornisce.
Ad esempio, possiamo essere turbati da qualcosa che il nostro prossimo ha detto o fatto, ma non riusciamo a placarci perché non abbiamo modo di chiarirci, di conseguenza di dare alla coscienza alcuni dati ulteriori e all’identità una spiegazione di quanto accaduto.
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Il combinato:
– coscienza con dati insufficienti e che continua a richiedere,
– identità senza una spiegazione plausibile,
crea il fantasma vibratorio, il ripetersi di pensieri e stati emotivi che può sconfinare nell’ossessione quando particolarmente intenso.
La soluzione:
– se possibile chiarire, attraverso l’esperienza.
– Se non possibile, evitare di alimentare il complesso mente-emozioni alleggerendo, disconnettendo, portando la consapevolezza sul fatto che l’esperienza prima o poi chiarirà.
– Coltivare e sostenere, con la consapevolezza, l’interpretazione e la contemplazione una visione più vasta del processo specifico e in generale delle proprie sfide quotidiane.
Vedere, con chiarezza, l’inquietudine dell’identità, la sua ferita relativa al riconoscimento o ad altro, e non aggravarla insistendo nel cercare una soluzione che non si troverà sul piano della mente, ma solo su quello dell’esperienza, dei dati da fornire al sentire per placarne il processo.
Essere consapevoli che più mente si introduce, più il processo diviene lungo e faticoso.
Più si alleggerisce, prima si giunge a trovare la soluzione. Questo perché alleggerendo i dati fluiscono con più facilità dall’esperienza al sentire e dal sentire all’esperienza.
Particolarmente utile e da tenere a mente in questo frangente del cammino personale
Molto utile. Da tenere a mente, perché pensieri/emozioni che inquietano, ciclicamente affiorano.
“Essere consapevoli che più mente si introduce, più il processo diviene lungo e faticoso. Più si alleggerisce, prima si giunge a trovare la soluzione. Questo perché alleggerendo i dati fluiscono con più facilità dall’esperienza al sentire e dal sentire all’esperienza.”
Giustamente evidenziato questo passaggio per la sua importanza.
Difatti tendiamo a credere che si comprende attraverso le analisi dell’identità fornite dal corpo mentale.
In verità è importante ribadire che chi comprende è la coscienza attraverso l’esperienza: dunque l’insieme unitario coscienza/esperienza (e quando diciamo esperienza ovviamente vengono chiamati in campo i corpi transitori).
Non è l’identità/mente che comprende. Anzi se l’identità è particolarmente eccitata può fornire delle analisi parziali e tendenziose, che andrebbero a frenare la comprensione più che agevolarla.
Per approfondire consiglio la lettura di questo post: “Cambiamento, conoscenza di sé, importanza della meditazione” (https://bit.ly/3BddBMH).
Credo che anche l’infatuazione per una persona possa essere un fantasma vibratorio. Se però l’esperienza di unirsi con quella persona non può accadere per svariati motivi come ad es il non essere ricambiati oppure voler restare fedeli alla persona con cui magari si è già legati, il fantasma diventa un piccolo o grande tormento, ossia aumenta di intensità e rompe le scatole rischiando di alimentare una polveriera. Il fatto che persista più o meno a lungo nel tempo potrebbe svelare qualcosa in merito alla natura del fantasma? Ovvero se sia da assecondare, oppure da ricusare strenuamente? Non lo so e credo che la domanda sia oziosa perché non penso esista una risposta generale. Utili i suggerimenti e gli atteggiamenti proposti dalle guide per gestire queste situazioni in generale.
A Samuele. Non è possibile generalizzare, ma se un fantasma dura a lungo significa che il sentire esercita una richiesta di dati durevole. E può anche essere che si sia creata una cristallizzazione. In entrambi i casi, che comunque originano dalla necessità di dati, bisognerà che l’esperienza evolva: o facendo l’esperienza desiderata, o comprendendo il senso esistenziale per cui veniva ricercata. Se comprendo cosa mi spingeva, questo credo che al sentire basti.
Mi sembra di poter dire che la maggior parte dei fantasmi vibratori che ci ruotano attorno hanno origine in episodi dell’infanzia per cui non avevamo dati interpretativi. Poi esperienze successive li hanno potuti chiarire perché sono intervenuti dati, usando anche la mente per indagare. Quando invece questi fantasmi derivano da un riconoscimento desiderato dall’io magari perché aderisce ad archetipi transitori, allora la disconnessione è d’obbligo, il non indugiare necessario perché sarebbe come un compiacimento che produce un ingorgo.