Illuminazione, intuizione, comprensione, mente

La posizione della Scuola settentrionale è quella di eliminare le impurità della mente per mezzo della pratica, quindi con un processo graduale che richiede un certo tempo.

Per questo viene descritta come la scuola dell’«illuminazione graduale».
Di contro, per Jinne (Hézzé Shénhuì, 684-758), la natura-di-Buddha è equiparata al vuoto, e illuminazione e illusione non sono altro che concetti relativi, privi di vera consistenza. Quindi anche se la mente è percorsa da pensieri illusori, essa rimane incontaminata, e quello che è necessario che succeda è che essa stessa se ne renda conto.

Questa auto presa di coscienza della propria costante purezza è questione che non richiede un processo graduale, ma è una intuizione immediata. Di qui l’appellativo di scuola dell’illuminazione immediata attribuito alla Scuola meridionale e all’insegnamento di Jinne e dei suoi successori. Quindi, l’appellativo immediato o subitaneo al suo insegnamento indica l’istantaneità del flash intuitivo che fa improvvisamente giungere il praticante alla comprensione.

Se, poi, questo flash intuitivo abbia alle spalle un periodo di maturazione, è un altro discorso. Di fatto, Jinne stesso riconosce che l’immediatezza della comprensione deve avere alle spalle una certa preparazione che conduca all’improvviso scatenarsi dell’esperienza della visione della propria natura originaria.

Riporto questo brano dal libro di A. Tollini, Lo Zen, Einaudi, pgg. 47-48, perché pone il fuoco su due questioni fondamentali:
– la comprensione della natura del pensiero ai fini della realizzazione;
– l’accadere di una comprensione.

La mente non è il problema, lo è invece la centralità che le assegniamo: il considerarla un problema, è il problema.
Le menti/identità fanno il loro mestiere, il tasso d’identificazione con i loro contenuti è la vera questione.

Viene un momento in cui ci è chiaro che la radice del nostro essere non è condizionata e che il condizionamento non è quello operato dal complesso mente/identità, ma dall’adesione che gli riserviamo.
Aderendo alle narrazioni di mente/identità ci imprigioniamo e costruiamo il nostro microcosmo di galeotti a vita. È l’adesione il problema.

A un certo punto questo ci è chiaro e, sì, è un flash, una intuizione potente – che avvertiamo come determinante e risolutiva – che ci attraversa: affluita questa intuizione non ci vedremo più allo stesso modo e non vedremo più il vivere con gli stessi occhi.

Quell’intuizione si era presentata, in maniera incompleta, numerose altre volte, ma mai aveva ‘sfondato’: a un certo punto appare completa, conclusa, dotata di una integrità e autenticità: sentiamo che è così, e lo sentiamo pienamente. Abbiamo compreso.

Non è questo il modo di strutturarsi di ogni comprensione? Non si accostano tessere del puzzle della comprensione un po’ alla volta tramite le esperienze?
L’acquisizione di una comprensione, nel divenire, avviene in una progressione, il realizzare che si è compreso accade in un attimo.

Ciò accaduto, non è detto che in un futuro sfumature di varia natura e ampiezza non possano ancora aggiungersi a quella comprensione.


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6 commenti su “Illuminazione, intuizione, comprensione, mente”

  1. “La mente non è il problema, lo è invece la centralità che le assegniamo: il considerarla un problema, è il problema. Le menti/identità fanno il loro mestiere, il tasso d’identificazione con i loro contenuti è la vera questione.” Quante volte prendiamo delle cantonate perché diamo troppa importanza alla mente? Basta fare silenzio un attimo e mettersi in ascolto di ciò che sorge eper ritrovare la vera natura.

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  2. Mi sembra di comprendere quello di cui parli e di averne fatta esperienza. Un’intuizione apparentemente sorge dal nulla, è uno squarcio di luce nella nebbia, in realtà è il dato è stato più e più volte esperito ma solo l’ultimo step è quello risolutivo, appunto l’ultimo tassello, a volte minimale, che svela il disegno.

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  3. Mi riconosco nell’intuizione immediata per esperienza vissuta. Credo che con il tempo si affini quella sensibilità che porta ad essere più pronti e ricettivi a cogliere quello che la vita vuole farci comprendere. E tassello dopo tassello alla fine in un attimo ci appare chiara la totalità del processo. Un po’ come quando componiamo un puzzle di un paesaggio. Man mano che i pezzi svelano una figura, diventa più facile trovare i tasselli che la completano. Alla fine basta un piccolo ultimo singolo pezzo che la figura può dirsi svelata.

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  4. “Viene un momento in cui ci è chiaro che la radice del nostro essere non è condizionata e che il condizionamento non è quello operato dal complesso mente/identità, ma dall’adesione che gli riserviamo.” Credo che tutti noi abbiamo, perlomeno parzialmente, realizzato questa comprensione, però, ecco, come tu dici in modo efficace “non ha sfondato”. Con umiltà e pazienza, un passo alla volta, consapevoli che il divenire è illusione, procediamo.

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  5. Quindi le due scuole, se ho capito bene, non sarebbero in contraddizione. Sintetizzandole : le esperienze preparano gradatamente lo sbocciare immediato di una comprensione. Come dice Nadia, conosco il procedere per esperienze per acquisire comprensioni, ma non ho mai avuto l’intuizione immediata di averle raggiunte. Ancora oggi non saprei dire come ho avuto coscienza delle comprensioni acquisite.

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  6. Riconosco la modalità con cui avviene una comprensione ma, non credo di avere ancora avuto quell’intuizione che mostra noi stessi in altro modo. Ancora spesso si ricade nell’adesione del proprio microcosmo.

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