Le basi della Via della conoscenza. Non c’è liberazione fino a quando anche una parte minima del vostro io pretende qualcosa, perché allora la gratuità non c’è più. E quand’è che ci si realizza gratuitamente, non rispetto a se stesso, ma rispetto alla negazione di sé?
Partecipante: Quando abbandono ogni pretesa; quando non ritengo di dover essere io ad agire; quando ritengo che non ci sa nessun io che agisce.
Quando non soltanto ritieni che non c’è un io che agisce, ma che neppure l’azione che compi, neppure quella è protagonista di qualcosa. Niente è protagonista! Mentre il vostro pericolo è quello di pensare che, tutto sommato, non siete voi che agite per il vostro miglioramento ma che comunque l’azione porta a un miglioramento.
Da un certo vostro punto di vista è pur vero, ma questo insegnamento ha già abbandonato i punti di vista troppo limitati per andare oltre, e quindi neppure l’azione è protagonista di qualcosa, perché, se l’azione fosse protagonista di qualcosa, allora quel qualcosa sarebbe di nuovo segnato da una non gratuità.
Infatti, la gratuità non è frutto di una vostra benigna inclinazione che vi porta a dire: “Io non sono, per carità, io non sono, chi agisce è l’Assoluto”. Non è questa la gratuità; questo è mascherare la gratuità dietro un io sottile. La gratuità nasce quando nell’azione si è un accadere che non viene caricato di niente, di niente e di niente. E poiché non viene caricato di niente, lì c’è l’amore, anche quando non lo si riconosce.
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E su questo devo spendere un po’ di parole, perché nella vostra testa e nella vostra mente è conficcato un chiodo pervicace che vi fa dire: “Più mi libero da me stesso, più l’amore si diffonde, più l’amore prende piede, più l’amore diventa puro”. Parole al vento!
Oh, se poteste invece comprendere come tutto quello che succede è già puro e che, quando vi togliete la speranza e il desiderio di diventare migliori e di essere uno con l’Uno, allora in quel momento, sì, comprendete quanto infinitamente esteso sia il divino amore.
Perché lì coglierete che niente è trascurato, che niente è dimenticato, che niente è occultato agli occhi del Divino – per usare una vostra espressione – e che niente è immaturo, ma che tutto è già pervaso dello stesso gratuito amore.
E non è un amore che giunge a uno perché si migliori; e non è un amore che giunge all’altro perché si perfezioni. È un amore che non coglie queste distinzioni o che non si allaccia a queste contrapposizioni.
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È un amore che sorride su tutte le vostre contrapposizioni, che si cinge delle vostre contrapposizioni e danza, danza, danza sulle vostre opposizioni e saltella sui vostri opposti e sorride sulla vostra mente che dice: “C’è da sperare soltanto che il male scompaia e che il dolore non ci sia più”. E poi protesta, protesta, protesta ogniqualvolta la vostra mente proclama che l’amore c’è soltanto quando ci si accorge, almeno, di essere anche non-amore.
[…] Se l’amore è veramente incontaminato, non è altro che pura espressione dell’inutilità: uno non esiste in quanto deve assolvere un compito, uno non esiste perché deve migliorarsi, uno non esiste perché deve progredire, uno non esiste perché deve scomparire.
Invece, dal vostro punto di vista, uno esiste perché ha un compito, invece la via della Conoscenza dice: uno non c’è, quando accetta la propria inutilità.
Ma se uno accetta la propria inutilità, dove vanno a finire aspettative e desideri?
E, se si apre lo spazio all’inutilità, si apre lo spazio all’amore che si pone proprio lì, dove niente più si distingue.
Voi distinguete nel dire: “Quello è utile o quello non è utile. Questa azione è utile o questa azione non è utile. Io sono utile o io sono inutile”. E poi la vostra mente tende anche a dire: “Quando sono utile, amo; quando sono inutile, non amo. Quando è utile, lui ama, o comunque è espressione d’amore, quando non è utile, lui non ama”. Invece, quando la realtà scompare nell’inutilità, appare il Divino nella sua essenza che si traduce nella totale gratuità.
Partecipante: Ho sempre pensato che fossimo una manifestazione del Divino e mi risulta difficile accettare che questa manifestazione sia del tutto gratuita e sia una cosa avvenuta per caso.
Quel “per caso” per me è eguale a gratuito, ma non per te, poiché per te l’idea è che il Divino ama di un amore particolare o speciale e anche che richiede al suo essere amato un altrettanto particolare amore e una altrettanto particolare obbedienza a un piano.
Io voglio spostare più in là questa tua idea del Divino e ti dico che quel Divino che limiti in questo modo è invece molto più libero di quanto tu pensi. E quando il Divino dà origine a una manifestazione – parlando sempre dal punto di vista del relativo – questa manifestazione non è fatta per un motivo, né per un perché e né per uno scopo. No, è fatta per niente.
E quand’è che si può dire che un’azione è totalmente altruistica? Quando la si fa in nome di niente, pura espressione di se stessi, e nient’altro. E non importa se l’altro si comporterà secondo quanto ci si aspetta, oppure no, perché a quel punto non si hanno più aspettative e si amerà l’altro indipendentemente da ciò che l’altro farà, e l’azione dell’altro sarà amata così come essa è. Certamente l’uomo che ha la mente dovrà connotare quell’azione, ma non chi ama di un amore totalmente gratuito.
L’amore divino si esprime attraverso una totale gratuità che porta, come conseguenza, il fatto che niente abbia una ragione, e quindi, seguendo questa logica, quando qualcosa si trasforma per quale motivo o logica o perché si trasformerà?
Non c’è un motivo, ma è pura espressione di qualcosa che avviene dentro quell’essere o quell’individuo o quella forma, che porta a mutare forma.
Nient’altro, pura gratuità della trasformazione!
E quando questa forma scompare, c’è un motivo o una ragione o un perché? No, è pura gratuità dello scomparire, poiché non c’è differenza fra l’apparire e lo scomparire.
Certamente per voi c’è differenza, ma da un’ottica in cui si va alla ricerca della verità più profonda non c’è differenza:
pura gratuità del nascere,
pura gratuità del vivere,
pura gratuità del morire,
pura gratuita del trasformarsi,
pura gratuità del conquistare,
pura gratuità dello spogliarsi e del dissolversi.
Anche questo è gratuito e, se succede, è perché qualcosa accade in quell’essere che lo porta a spogliarsi. Ma, fin quando quell’essere si spoglia perché decide che deve spogliarsi in nome e per conto di un processo di cambiamento, allora quell’amore non è ancora gratuito.
[…] Poi, quando la gratuità diventa aspirazione, allora la gratuità fluisce, così come fluisce il vostro nascere e il vostro morire, cioè alla stessa stregua: nasce dal niente e finisce nel niente, un niente non inteso come inesistenza di qualsiasi realtà; quel nasce dal niente significa che non ha motivo per nascere e non ha motivo per morire: avviene, avviene e avviene!
“La gratuità nasce quando nell’azione si è un accadere che non viene caricato di niente, di niente e di niente” Parole che scardinano qualsiasi riferimento.
Ancora una volta abbiamo qui il tema della piena manifestazione di sé accostato alla negazione di sé. Un’apparente contraddizione in termini che però pian piano posso riuscire a comprendere anche se i condizionamenti personali legati al linguaggio stesso, possono complicare le cose già non semplici per l’appunto. Il termine “liberazione” con cui si apre credo che alluda al sé. Ovvero alla negazione di sé come poco dopo viene esplicitato mi pare. In quel contesto si è nella gratuità, ma non nella soppressione del sé, passaggio per me importante, bensì perseguendo la piena manifestazione di sé ma senza appropriazione alcuna di ciò che si è, che si sente e che si fa. Livelli di sentire molto evoluti a cui ancora fatico ad accostarmi incontrando persino opposizioni interiori. Bene, allora che faccio, li butto via? Oppure mi flagello perché ancora non mi sento adeguato? Direi di no ad entrambe le ipotesi. Li tengo lì, cerco di comprenderli ma poi cerco di andare avanti a modo mio, come posso, tanto già sento che stanno lavorando da soli sotto la superficie e al momento opportuno, se son rose fioriranno. Forse nemmeno in questa vita. È importante per me non farmi irretire da traguardi troppo ambiziosi o fingere di averli fatti propri quando appena riesco a coglierne uno spunto. P.s. colgo anche un’analogia col “siamo servi inutili” di evangelica memoria, che rende ancora più persuasivo l’argomento.