La persona della Via nel disallineamento non si smarrisce

Cerco di approfondire qui quanto affermato in Collatio. Smarrito è chi non sa più leggere quanto gli accade e può essere travolto dai suoi moti interiori, o disorientato al punto tale da avere una percezione incerta dell’accadere.

La persona della Via può conoscere momenti di confusione, di stress derivati da sovraesposizione e sbilanciamento, momenti dunque difficili e critici nella percezione di sé e del reale ma, se si osserva attentamente, e se non è una neofita, si accorgerà che non è mai smarrita totalmente.

L’assiduità con la connessione interiore, l’attitudine all’ascolto del sentire hanno creato in essa un substrato di consapevolezza tale da non essere azzerabile: anche nella difficoltà e nel tumulto permane quello stato d’essere che la riconduce comunque alla Sorgente.

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Non sto sostenendo una tesi, ma esponendo un’esperienza. Ammetto che per vivere a questo livello di connessione serva esperienza consolidata e profonda della connessione stessa, esperienza che non possiede chi becchetta nella Via.

Quando dell’unità si è fatta duratura esperienza, non è possibile tornare indietro, non si può dire a una persona così: “Vivi come vivono tutti, goditi il momento come fa l’ignaro”.
Quella persona non è più come tutti, ha subito una mutazione antropologica che è divenuta consapevolezza nuova ed estesa di sé, dei fatti, delle reazioni, delle dinamiche dell’identità e dei corpi.

Quella persona non si ‘gode’ un momento, vive l’unità di quel momento, sono due livelli d’esperienza completamente differenti, e vive quell’unità anche quando è turbata o stressata perché nello stress, o nel disorientamento, non può perdere ciò che è divenuta, la consapevolezza unitaria acquisita che oramai la costituisce e che in nessun modo può silenziare.

Anche nei passaggi difficili, quando i corpi dell’identità sembrano zavorrarla, o annebbiarla, o renderla apatica e vuota, ciò che è divenuta per comprensione conseguita, per unità sperimentata, non viene meno: è lì, appena oltre il velo e salda è la sua mano.
Quella persona non conosce lo smarrimento comune a tanti e non ‘gode’ la vita come la ‘godono’ coloro che vivono nell’illusione.

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Luciana

Ho sperimentato e continuo a sperimentare quanto affermi sia in momenti dolorosi che in quelli più sereni. Quando acquisisci una visione che diventa un modo di essere nel mondo ogni esperienza gli sottostà. È un colore di fondo su cui si dipinge la tela.

Nadia

Per esperienza, posso affermare di riconoscere quello stato d’essere che sempre riconduce alla Sorgente. Grazie.

Catia Belacchi

“Anche nei passaggi difficili, quando i corpi dell’identità sembrano zavorrarla … ciò che è divenuta…. non viene meno” È così, ma per esperienza direi che di grande aiuto sono, per non smarrirti nonostante il compreso, tutti i fratelli che procedono con te.

Leonardo P.

“Quando dell’unità si è fatta duratura esperienza, non è possibile tornare indietro.” Condivido l’idea che “non si possa più tornare indietro” rispetto a un sentire acquisito e dunque rispetto a una data consapevolezza dell’unità. Ma nella mia esperienza quella unità è qualcosa anche di “fragile”, “sottile”, che va in qualche modo “preservato” attraverso un certo modo di essere nella quotidianità. Ammetto che non sempre quella consapevolezza è chiara, ma so anche che poco più in là del velo posto da paure e bisogni dell’identità.

uma

Certamente è valido il discorso della cella esistenziale, ma qui mi premeva sottolineare l’impossibilità del ritorno indietro e la necessità di avere occhi per vedere aldilà del guazzabuglio che possiamo attraversare.

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