Le basi della Via della conoscenza. […] Perché mai il cammino spirituale dovrebbe essere punteggiato di sorrisi, di gioia, di vibranti sensazioni e d’intensità gaudiosa? O perché stabilire che il Divino è gioia e che ciò che è distante dal Divino è dolore?
L’umano attribuisce al Divino unicamente la gioia e a sé prevalentemente il dolore proprio per esaltare le conquiste dell’io sul piano spirituale.
[…] Certo, l’uomo deve pur attraversare queste fasi, queste esperienze e questi limiti, però noi non siamo sospinti qui per concedere all’uomo di attraversare i propri limiti, ma per scrollarlo, per fargli guardare i limiti e possibilmente farli esplodere. Quindi, non per lasciarveli coltivare o godere e neanche accettare – nel vostro senso – ma per farli esplodere, e per farli esplodere è necessario togliere, togliere e togliere, immiserendoli talmente dal renderli innocui.
A quel punto esplodono, e può riaffiorare qualcosa di profondamente diverso dal limite, che è il non-limite.
E allora la vostra mente si poserà sul non-limite, ancora mente, però si poserà sul non-limite.
E non direte più: “Io non mi amo”, ma sorriderete sulla pretesa di amarvi, sulla pretesa di voler essere amati o sulla pretesa di voler amare.
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E allora amerete voi stessi e gli altri, ma non perché sentirete un afflato e non perché proverete gioia. Magari soffrirete o sarete ancora tormentati, eppure dentro qualcosa vi porterà a essere talmente non-voi, che non ci sarà più bisogno né di amare voi stessi e né di amare gli altri, perché, non essendo voi, già amate gli altri, e nemmeno vorrete amare voi stessi perché non conterà più niente.
Voi già pensate che tutto questo è molto lontano. Invece no, è già qui, dentro la pratica di guardarsi e sorridersi di fronte a ogni dichiarazione della vostra mente, non buttando a lato ciò che dice la vostra mente, ma guardandolo in faccia, esaminandolo senza voltarsi dall’altra parte e non dicendovi che è solo mente, ma dicendovi quanto misera è la vostra mente.
Che importanza ha il volervi amare, se togliete la carica che la vostra mente attribuisce sempre a voi stessi?
Che importanza ha il dirsi di voler amare gli altri, se ancora una volta togliete la carica con cui voi rivestite i vostri sforzi per amare gli altri, consegnandovi semplicemente all’onda che vi porta a non essere voi, ma a essere Tutto?
Disinvestite rispetto alla vostra mente, con ciò stesso raffinandola, consci che quando la raffinate spostate in avanti il terreno di confronto con la vostra mente.
Disinnescate, e allora che senso avrà chiedersi: mi amo o non mi amo? Oppure domandarsi: mi piaccio o non mi piaccio? Nessun senso, poiché il senso deriva da quanto volete coltivarvi come corpo, come emozioni e come mente.
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Chi va speditamente verso una meta, non deve volgersi indietro, ma chi non ha meta non pensa né a prima e né a dopo, né a piacersi e né a piacere, ma accetta soltanto che nulla conta se non sciogliere gli ultimi inganni della propria mente.
E per far questo è necessario dirsi che la mente non è altro che una concettualizzazione che consente di comprendere i limiti dell’uomo e farli esplodere, però rimane pur sempre un concetto, e non una realtà. La realtà per voi sono i limiti, però anche i limiti non sono, e il farli esplodere significa semplicemente riconoscere che non sono.
“La pratica di guardarsi e sorridersi di fronte a ogni dichiarazione della vostra mente”. Primo passo che apre alla non-mente: l’ironia capace di scogliere il limite, farlo esplodere.