Il processo dell’imparare e del comprendere [sentiero11]

Da quanto detto fino a qui, considerando la vita come “luogo” di rappresentazione della coscienza tutto assume l’aspetto fluido di un dispiegarsi. Possiamo allora mettere a fuoco, in particolare, il processo dell’imparare? In che modo vengono “integrate” le esperienze acquisite col nostro incessante sperimentare? Cosa fa sì che si passi da una conoscenza razionale a un sentire consolidato, uno “stato d’essere” sedimentato?

La vita nel tempo e nello spazio è rappresentazione di un’intenzione che sorge nella coscienza: continuamente l’umano vive scene, emozioni, pensieri generati dai relativi corpi sotto l’impulso della coscienza.

Non si tratta di ‘moltiplicare esperienze’ ma di considerare che ogni aspetto della vita dell’uomo è esperienza. L’esperienza è un processo che ha un generatore, un esecutore, un recettore/assimilatore.
L’esperienza nasce da uno stimolo della coscienza, è eseguita dai veicoli mentale/astrale/fisico (identità), e la risultante torna alla coscienza che prende atto del risultato.

Condurre a rappresentazione significa fornire alla coscienza uno specchio di consapevolezza: dispiegandosi nella dimensione spazio/temporale essa diviene consapevole del proprio sentire e di ciò che va affinato, lavorato, integrato.

Naturalmente l’esperienza è anche, in parte, frutto delle dinamiche autonome dei veicoli, ad esempio di fantasmi/nevrosi che condizionano la mente/emozione.
Se la coscienza è mossa da una intenzione A, questa viene attuata dall’identità attraversando il veicolo mentale, poi quello emotivo, per trovare poi applicazione nell’azione.

Se a una intenzione A è corrisposta una azione A, la coscienza ne è consapevole e integra questo risultato. Se a una intenzione A consegue una azione AB, la coscienza cercherà di superare il condizionamento B introdotto dai veicoli, e quindi ripeterà la scena fino a ottenere ciò che le è necessario. Se non riesce a conseguirlo, può sospendere i tentativi per riprenderli quando ci saranno condizioni, al suo interno e/o nei veicoli, più favorevoli.

Questo è, in parte, il meccanismo che in genere viene chiamato karma: nella disarmonia tra coscienza e identità, dove quest’ultima introduce del suo, si genera la necessità di una prova ulteriore. Se il risultato corrisponde all’intenzione non c’è karma, necessità di provarci ancora, qualunque sia il sentire oggetto d’esperienza.

Ora, nell’ipotesi che a intenzione A consegua azione A, cosa ne deriva? Quando la coscienza ha verificato che lo sperimentato è compreso, è acquisito perché lo può attuare, cosa fa? Si confronta, ad esempio, con AA e avvia tutto il processo sopra descritto.

Da che cosa è spinta la coscienza a sperimentare prima A, poi AA, poi AAA? C’è, evidentemente, una spinta che la conduce a sperimentare senza fine e questa spinta giunge dai piani di coscienza che la precedono e, in definitiva, dall’Uno. Il viaggio della coscienza da un sentire limitato a un sentire vasto è il viaggio della consapevolezza dell’Uno, niente altro.
Il dispiegarsi della consapevolezza unitaria che così appare nel tempo e nello spazio. Dal libro L’Essenziale.

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NB: il testo che compare in questi post in alcuni passaggi differisce sostanzialmente dal contenuto del libro, questo perché, nei dieci anni trascorsi, molte cose abbiamo approfondito e compreso meglio.
D’altra parte, oggi non riusciremmo a esprimerci con la semplicità di ieri mentre il nostro obbiettivo, nel riprendere questi contenuti, è proprio quello di dare a chi ci legge un testo semplice, per un approccio di base al Sentiero contemplativo.


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2 commenti su “Il processo dell’imparare e del comprendere [sentiero11]”

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