Le basi della Via della conoscenza. Quando l’uomo supera ogni etichetta, davanti ai suoi occhi si presenta soltanto lo scorrere, ed è uno scorrere che non porta segni, cioè non porta sottigliezze di distinzione, ma è soltanto la forza che proviene dall’Assoluto e che fa sì che il relativo si presenti all’umano nel suo continuo mutare.
Un continuo mutare senza che niente lo segni, neppure il dolore o la gioia, neppure il buono o il cattivo, neppure l’adesso o l’allora. Sempre scorre, e perciò l’attimo presente dove va? Non c’è più l’attimo presente, perché lo scorrere è soltanto lasciare che ogni prospettiva muoia, e quindi arriverà il momento in cui anche lo scorrere non sarà più, perché a quel punto si percepirà soltanto che tutto è.
Ma finché voi avrete anche un solo frammento di mente, sia pure quieta, coglierete lo scorrere come sempre più scorrere e sempre meno collocabile come alternarsi degli opposti, ma sempre e soltanto scorrere, senza più un opposto e l’altro opposto.
A quel punto non è più necessario definire gli opposti, e neppure lasciare andare, perché lo scorrere è adagiarsi su ciò che si presenta e non definire più se faccia parte di un polo o dell’altro polo. È soltanto ciò che è, la pura essenza del ciò che è.
E non occorre più dire che questo è buono, ma che poi diventerà cattivo e poi ridiventerà buono, o che questo è dolore, poi diventerà gioia, poi ridiventerà dolore. Non serve più, poiché ci si percepirà soltanto come l’onda dentro il fiume che scorre, quell’onda che viene buttata da una parte e dall’altra senza interrogarsi su quale sponda e senza identificare l’una o l’altra sponda, cullandosi nel fiume che scorre ed essendo essa stessa, nella sua essenza, soltanto scorrere. Poi, al morire della vostra mente, lo scorrere cessa perché allora tutto è.
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Colui che per voi è il saggio vede lo scorrere, ma per lui è soltanto tutto è; lui vede lo scorrere e si adagia sullo scorrere perché sa che ogni momento dell’onda è sempre essere, indistintamente essere, e perciò si lascia portare perché sa che ogni sommovimento dell’onda non è che essere, non è che niente, non è che tutto, non è che assenza.
E perciò la vita è scorrere e voi sarete puro scorrere quando la vostra mente non riuscirà più a definire l’uno e l’altro polo, oppure a definire se quella è la vita, o se quell’essere siete voi.
A quel punto ogni definizione finisce e si apre soltanto il mistero, che non è l’inconoscibile, ma è l’insondabilità dell’onda che, nell’adagiarsi sullo scorrere, non si colloca né verso una sponda, né verso l’altra sponda e non sa più dove è, ma è, e basta.
L’insondabilità dello scorrere è puro scorrere, o pura essenza dell’essere, visto ancora con gli occhi del relativo ma privo di quasi tutti gli orpelli che limitano la visione da parte di chi sta nel relativo.
E allora quell’onda – che siete tutti voi – che va e che si infrange addosso a una sponda e che viene rimbalzata poi sull’altra sponda non è niente: essa è solo puro scorrere fino a quando anche il percepire lo scorrere si dileguerà e apparirà il nulla, cioè la totalità dell’assenza.
Lì l’amore cessa di essere quell’alternanza che voi tutti provate, e che in certi momenti non sopportate più perché avete provato tutta la sofferenza che deriva dall’alternarsi di amore e di non-amore che incomincia a diminuire e poi si attenua quando in voi cadono le definizioni.
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E allora sapete dire soltanto che siete puro flusso che talvolta si incaglia in mezzo al fiume o su una sponda oppure su un’altra sponda.
Però, al mollare della presa, subito ricomincia lo scorrere e a quel punto non avete più bisogno di definire alcunché, poiché in quello scorrere la vostra mente via, via si quieta, rinunciando ancora di più a definire puntualmente tutto.
Voi spesso dite di giocare coi giudizi, con le accuse o con le definizioni, ma, in realtà, dietro il gioco c’è spesso la pervicacia della vostra mente che non riesce a non definire.
È importante per voi diventare consapevoli di ciò che fate e prestare attenzione ai vostri limiti, però noi vi stiamo portando oltre questo, e vi suggeriamo di smetterla di guardare soltanto ai limiti e di andate oltre tutti i limiti; perciò guardateli pure, ma smettetela di guardare solo i limiti e guardate invece al di là dei limiti, cioè guardate all’essenza che è il fluire, e finitela di volere a tutti i costi classificare, giudicare e parlare degli altri.
Gli altri spesso sono soltanto fluire, mentre voi li legate e li costruite. Però questo è solo il passaggio dall’amore al non-amore, o dal non-amore all’amore, mentre ciò di cui parliamo va oltre e si radica nella quiete della vostra mente, ma anche in un’abitudine diversa, che fa sì che, quando parlate degli altri, subito vi accorgete che state contaminando il flusso.
Quindi fin da ora, parlando degli altri e sottolineando una loro carenza, ponetevi il dubbio e capirete che state contaminando il flusso e rafforzando la dualità della vostra mente, inchiodandovi lì.
La vostra mente potrà indietreggiare non continuando più a classificare gli altri, a classificare ciò che vi accade, a classificare voi nell’accadere, e allora il flusso diventerà soltanto flusso, e non flusso che va da una sponda all’altra. Perciò, ancorandovi sempre meno a ciò che gli altri dicono di voi, pur prestandovi attenzione, e anche a ciò che voi dite di voi stessi, pur prestandovi attenzione, il flusso verrà rispettato e voi non vi inchioderete dentro la dualità della vostra mente.
Ma siccome per voi è ancora necessario classificare, allora classificate pure, ma sottolineate ogni volta che classificate, perché in quel momento state intorbidendo l’acqua del flusso e state anche arrestandolo; questo però non sottolineatelo per giudicarvi ma perché la vostra mente deve diventare vigile sulla ripetitiva pratica così ostacolante il flusso.
Sottolineatelo e, ogniqualvolta vi viene da dire che l’altro non ha agito bene, arrestatevi, osservate ciò che dite e poi sorridete, poiché nel sorridere il flusso si riapre. Quando invece vi attorcigliate su ciò che dice la vostra mente, allora vi inchiodate lì e il flusso viene sporcato nella sua limpidità o viene arrestato, e non è più flusso.
Perciò coltivate un’abitudine diversa, sottolineando ogni volta che voi giudicate qualcosa, che sia un evento, gli altri o voi stessi, e in quel momento ricordatevi che avete arrestato il flusso. Naturalmente il flusso continuerà a esistere ugualmente, ma lo avrete arrestato per voi e avrete chiuso ulteriormente la vostra mente dentro se stessa, dentro i propri attaccamenti, dentro le proprie identificazioni e dentro le proprie categorie concettuali.
Più voi sorriderete sui giudizi della vostra mente, più il flusso ritornerà per voi flusso, e allora voi potrete diventare come goccia che, rimbalzata di qua e di là, non si chiede perché, ma lascia che accada.
Ho constatato come una osservazione o un giudizio sull’altro stona, nell’intimo, quindi posso dire, come Soggetto, che interrompe il flusso. Tuttavia, quotidianamente capita di stare nel flusso inconsciamente. Non c’è consapevolezza del fluire ma solo una sequenza di atti che la mente sempre meno collega.
Nessuna resistenza ma osservazione senza giudizio.
“….. ogniqualvolta vi viene da dire che l’altro non ha agito bene, arrestatevi, osservate ciò che dite e poi sorridete, poiché nel sorridere il flusso si riapre. Quando invece vi attorcigliate su ciò che dice la vostra mente, allora vi inchiodate lì e il flusso viene sporcato nella sua limpidità o viene arrestato, e non è più flusso.” A volte mi accorgo, come il giudizio si insinui e cambi la mia disposizione. È necessario un esercizio continuo di osservazione e mettere in discussione ciò che la mente recita.