Nello spazio del vivere, nel mondo delle forme, dei contorni, delle definizioni si dispiegano pensieri, emozioni e azioni con la mole di dolore, gioia, paura, fiducia, nostalgia che questo comporta; si incontrano minerali, vegetali, animali, umani e si intuisce in sé e in ogni cosa la dimensione di coscienza, di assoluto. La nostalgia d’infinito, di pienezza, di unione, d’indistinto, di silenzio fa parte del limite intrinseco all’identità?
La coscienza, per sua natura, non funzionando sul principio della esclusione ma della inclusione, è in diretta relazione con le dimensioni d’esistenza che la precedono, con i cosiddetti corpi spirituali, con l’Uno nelle sue ‘articolazioni’ più ‘alte’.
La coscienza raccoglie in sé la consapevolezza, più o meno definita e acquisita, di essere uno e la irradia; per quanto l’identità possa essere schermo ottuso, in varie forme nella persona affiora quell’esigenza, quella nostalgia di Essere, quel richiamo di vasto, non condizionato, assoluto Amore.
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Questo fino alle estreme conseguenze: quando lo schermo dell’identità si è assottigliato ed è divenuto trasparente e quando la coscienza ha acquisito sufficiente ampiezza di sentire, quel canto, quel richiamo unitario è così forte da essere, a volte, insopportabile.
Tutto il processo dell’imparare nell’uomo non è altro che un lavorare su due fronti:
– ampliare il sentire;
– assottigliare il senso di separazione introdotto dalla mente.
Da quando nasciamo a quando moriamo, da una vita all’altra, in un procedere che dura decine di migliaia di anni, la coscienza va incontro alla sua completezza passando attraverso gran parte delle esperienze che possono essere fatte nel mondo del divenire: uccide e salva, stupra e si prende cura, ruba e dona, vive la privazione e l’abbondanza, la tenerezza e l’aberrazione.
Atomo di sentire dopo atomo di sentire costituisce il proprio essere corpo, la propria dimensione d’esistere: quando è strutturata, la sua necessità di esperire nel mondo del divenire viene meno, esce dal ciclo delle nascite e delle morti, continua il suo imparare in altro modo, su altri piani.
Dal libro L’Essenziale.
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NB: il testo che compare in questi post in alcuni passaggi differisce sostanzialmente dal contenuto del libro, questo perché, nei dieci anni trascorsi, molte cose abbiamo approfondito e compreso meglio.
D’altra parte, oggi non riusciremmo a esprimerci con la semplicità di ieri mentre il nostro obbiettivo, nel riprendere questi contenuti, è proprio quello di dare a chi ci legge un testo semplice, per un approccio di base al Sentiero contemplativo.
Tutto fila liscio ed illumina il cammino. Però mi viene un però. La Coscienza (C.) ha contezza del suo essere immortale durante le singole incarnazioni? Altrimenti non vale. Far fare ai propri veicoli certi tipi di esperienze che includono l’angoscia per il pericolo, per il dolore e per la paura della morte. Forse che lei s’immedesima a tal punto con le scene della vita da dimenticarsi della sua condizione imperitura? Forse la legge dell’oblio che ci impedisce di ricordare le precedenti incarnazioni, colpisce anche la C.? Oppure mi sovviene un’altra risposta se ricordo bene le Guide: nella singola incarnazione si ha accesso ad una semplice e mera porzione di C. Comunque regge fino a un certo punto.
A Samuele Direi che la consapevolezza della coscienza è relativa alla strutturazione raggiunta dal corpo akasico. Direi anche che essa, più simile a un algoritmo che a un essere senziente, non ha alcun libero arbitrio, essendo il suo operare frutto dei dati che le giungono dai corpi superiori. Alla fine, il tuo problema con la sofferenza dell’umano, va posto direttamente al Creatore…
Sempre meglio essere rimandati al Creatore che essere mandati al diavolo 😀
Ricordare queste due affermazioni. “Il processo dell” imparare nell’uomo è lavorare su due fronti :ampliare il sentire, assottigliare il senso di separazione introdotto dalla mente. ” Grazie