Un partecipante: Il processo di connessione?
Una voce: Il processo è connettere automaticamente ciò che è disconnesso. La base su cui ragioni è sempre la connessione; caso mai ti dici: “Sono poco connessa” – che per te significa che sei poco armonica e poco coerente – “Penso una cosa, provo un’emozione diversa e intanto sto facendo qualcosa che non c’entra nulla. Ora mi riposiziono”.
L’unico modo che avete per darvi identità è quello di connettere ciò che è naturalmente disconnesso, collegandolo con il passato, dove ha sede la memoria connessa al vostro “io”. Quindi, la più grande connessione che operate è con il passato, dove hanno sede i ricordi, e vi date un’identità dicendo: “Tutto questo è mio, mentre l’altro è suo”. Questo in voi è un processo inderogabile e che nessuno accanto a voi mai smentisce.
Un partecipante: Mi dico che, anche se quel che vivo devo riordinarlo, intanto è mio. Ed è ancor più mio perché è mio il compito di riordinarlo.
Una voce: Che sia ordinato o che sia disordinato, dici: “Però è mio”; questo è il principio che sta alla base della connessione. Dire: “E’ mio”, senza contraddittorio, vi porta a negare la disconnessione esistente – assolutamente “non armonica”! – e a operare verso la vostra abituale connessione, per far sì che tutto questo si concretizzi o si componga in un agglomerato psichico – l’“io” – che vi appartiene. Lo fate automaticamente.
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Cioè date vita e alimentate un “centro” che connette ciò che è disconnesso, etichettando la disconnessione in atto come fosse una serie di connessioni imperfette e da perfezionare. Voi preferite dire: “Limitatamente armoniche”, perché nel percorso interiore utilizzate i termini “armonico” e “coerente”, come sinonimi di connesso. Il termine coerente è molto efficace; pensate a quando uno vi dice: “Sì, tu parli, parli, ma guarda i tuoi comportamenti!”.
Però qui stiamo parlando d’altro: del fatto di diventare consapevoli della difesa della propria identità, e di riconoscere che esiste una diversità fra voi e l’altro nella forma fisica e nell’interiorità.
Il processo del scomparire dell’agente parte dall’affacciarsi di una serie di dubbi su quel centro di connessioni. Sono dubbi che temete ed esorcizzate, perché vi sembra paradossale essere continuamente disconnessi. Nella disconnessione non è possibile creare un “io” che sia il collante della propria identità. Quindi, ciò che è naturalmente disconnesso diventa una “connessione da riaggiustare”. E poi si trasforma in un paragone nella via interiore: “Prima ero poco armonico, adesso sono un po’ più armonico”. A questo si aggiunge la costruzione della vostra identità, che si basa su una linea di connessioni, senza interruzioni, tra il passato e il presente.
Voltandovi indietro – soprattutto nella via interiore, dove diventa importante valutare i risultati ottenuti e i progressi fatti – date forza e sostanza alla vostra identità. Voi vi riconoscete in questo processo mentale, eppure, ritornando col pensiero al passato, vi torna in mente che non eravate affatto armonici da giovani. Però, valutando il presente, potete raccontarvi che quella disarmonia vi ha consentito di essere quello che siete oggi, cioè più armonici. Eppure siete ugualmente disconnessi come lo eravate allora.
Tratto da: Scomparire a se stessi (Il morire a se stessi è il morire dell’agente, Download libero)
Scomparire a se stessi, tutti i post del ciclo
Via della conoscenza. Questo è un viaggio a ritroso dentro noi stessi. Un viaggio in cui incontreremo delle strettoie create dalla via della Conoscenza e fatte di radicalità, di provocazioni, di negazioni, di paradossi e di metafore. L’agente siamo tutti noi che ci attribuiamo la paternità delle azioni che si compiono attraverso di noi, ma delle quali siamo i semplici portatori. Saranno messi in luce, e ci si presenteranno davanti, strada facendo, i nostri meccanismi, i nostri concetti e le nostre strutture mentali, e la voce che ci guiderà terrà la barra dritta, impedendoci di deviare.
La via della Conoscenza è una non-via e un non-insegnamento, perché è un contro-processo dei processi della mente. Non suggerisce pratiche e non dà mete, ma è la negazione delle pratiche e delle mete. Non porta alla conoscenza, ma svuota da tutte le conoscenze costruite sul cammino interiore intorno a un “io,” distinto, che cerca una propria evoluzione non capendo che tutto è già unità.
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Le esperienze passate hanno formato il soggetto di oggi, pertanto se parlo di esperienze la connessione è necessaria tuttavia, come dice Nati, il me del passato non lo collego con ciò che sono ora. Anche quando affermo di essere allineato, o centrato o non allineato, connetto. Credo che l ‘importante sia non ricamare su ciò che è mio.
Credo che la connessione coi fatti passati sia inevitabile. L’importante credo, sia tener presente che quello che penso essere me nel passato, non lo collego a ciò che sono ora. Un essere, ogni volta nuovo e inimitabile.