I limiti posti dall’identità [sentiero19]

Se la nostra visione della realtà fosse meno romantica potremmo dire che tutto ciò che ci sembra di essere non è altro che una combinazione molto vasta di stringhe di dati. Allo stesso modo possiamo dire che la mente non è altro che un meccanismo e come tale è progettato, costruito, eseguito.

La mente in sé, pur essendo lo strumento che palesa la realtà, non la crea, la rende semplicemente fruibile ai sensi dei vari corpi.
La realtà è creata dalla coscienza; la mente conferisce una forma cognitiva al sentire; il corpo emotivo colora la manifestazione; il corpo fisico mette in atto la scena nello spazio/tempo.

Il centro della manifestazione in sé non è la mente, ma l’identità. Vorrei ragionare un poco attorno all’identità, alla sua natura, così come sono giunto a comprenderla.

Ti propongo un’immagine: la coscienza utilizza i suoi tre veicoli per specchiarsi, per avere un’istantanea del suo sentire, di quello almeno coinvolto in certi processi di approfondimento e strutturazione.

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Coscienza e identità si specchiano l’una nell’altra* e ne ricavano dati, senso d’esserci, d’esistere, conoscenza, consapevolezza e, nel caso della coscienza, comprensione. La spinta a comprendere della coscienza dà luogo alla attivazione dei suoi veicoli e alla manifestazione; l’insieme dei dati provenienti dagli organi di senso dei tre veicoli si specchia nell’intenzione della coscienza e i veicoli ne traggono un’immagine, un’identità.

Per quel che ho compreso della vita, basandomi sulla mia esperienza più che sulle interpretazioni prodotte da altri, mi sembra di poter affermare: la visione della realtà che sorge dall’identità ha una natura molto, molto differente dalla visione che, della stessa realtà, si configura al sentire.

Una cosa è la realtà percepita, un’altra la realtà sentita. Ciò che differenzia le due realtà è un dato d’importanza fondamentale: l’identità separa, il sentire unisce. Il limite che l’identità pone è dato dalla sua meccanica: per sua natura separa e compara fatto da fatto, situazione da situazione, aspetto da aspetto.

Il sentire coglie l’insieme, sempre, e da questo estrae la direzione da seguire, quello che ancora non è chiaro, non è compreso.

L’identità indaga sul frammento per poter affermare: “Lo conosco, lo afferro, lo definisco; mi definisce, mi conferisce senso; sento di esistere mentre compio queste attività”.

Il sentire prende atto della situazione nel suo insieme e ne coglie sia il valore che il limite esistenziale: è illuminato dalla consapevolezza dell’accadere nei suoi significati esistenziali, non dal fatto in sé, frammento separato. Contempla il processo, il suo svolgersi e quello che ancora rimane da esperire per giungere a una comprensione piena.

L’identità raffinata e affinata può immergersi in questa visione esistenziale che sorge dalla coscienza e divenirne veicolo docile ed efficace. L’identità approssimata e primaria sceglie invece la coltivazione dell’immagine di sé ma, in entrambi i casi, nulla può l’identità senza lo specchio della coscienza, nessuna autoconsapevolezza le è possibile.

L’identità non può esistere senza coscienza: l’immagine di sé si crea perché la coscienza sperimenta attraverso i suoi veicoli. Se non c’è coscienza non c’è esperienza, dunque non può sorgere identità ma pura azione meccanica determinata dalla attività fisiologica dei tre veicoli.

Non solo: se non c’è coscienza, non c’è l’intenzione che guida i veicoli e questi possono condurre a una manifestazione priva di senso, di misura, di logica.
L’identità raffinata ha dietro una coscienza raffinata; l’identità approssimata, una coscienza approssimata. L’umano è uno e inscindibile. Dal libro L’Essenziale.

* L’identità non sa leggere nella coscienza, ma dalla sua pressione/presenza ricava un senso di armonia, o un disagio derivante da un non allineamento.

Tutti i post ‘Le basi del Sentiero contemplativo’
NB: il testo che compare in questi post in alcuni passaggi differisce sostanzialmente dal contenuto del libro, questo perché, nei dieci anni trascorsi, molte cose abbiamo approfondito e compreso meglio.
D’altra parte, oggi non riusciremmo a esprimerci con la semplicità di ieri mentre il nostro obbiettivo, nel riprendere questi contenuti, è proprio quello di dare a chi ci legge un testo semplice, per un approccio di base al Sentiero contemplativo.

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Catia Belacchi

Molto chiara la distinzione tra identità e coscienza. Se poi chiamiamo l’individuo CdC, che comprende tutti i suoi corpi nella loro interazione e trasmissione di dati, come ultimamente postulato, diviene anche superato parlare di identità.

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