Nel cammino interiore, la prima connessione operata è quella con la meta o con l’obiettivo, ed è lì che trovate un senso all’impegnarvi; voi connettete i contenuti dei pensieri, le emozioni che provate e il modo di operare rispetto alla meta.
La spinta è quella di diventare migliori rispetto a prima: pensare in maniera più idonea, provare emozioni adeguate e agire in modo coerente verso la meta, che è come un faro che vi indica la strada. E, strada facendo, valutate il percorso fatto, pronti a riaggiustarlo se i risultati non sono soddisfacenti.
La seconda connessione è quella con il passato – con ciò che eravate – perché è l’unico parametro che vi dimostra se è diminuita la vostra distanza rispetto alla meta, quindi se siete migliorati. E dove indagate? Nei pensieri, nelle emozioni e nelle azioni, che sono “vostri”.
L’identità nel cammino interiore si appoggia su due pilastri; il primo che dice: “’Devo’ migliorare questo aspetto di me”, in base a un obiettivo che vi spinge per esempio all’altruismo, oppure all’amore incondizionato, però sempre verso una maggiore armonia. E poi ciascuno se la recita come vuole. Il secondo pilastro vi dice: “’Devo’ pure avere un mezzo di confronto per capire dove intervenire”; ed è la lettura del passato.
Provate ora a capire che spazio può esserci, in questo contesto, per aprirvi alla disconnessione e per riconoscere che voi non siete affatto armonici, ma che siete interiormente una non-unità. Non lo accettate: è un paradosso!
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Un partecipante: Anzi, aumenta il tentativo di riordinare.
Una voce: Riconoscere la non-unità è sconcertante, perché avete un concetto penalizzante della disconnessione: è caos. La tematica sulla disconnessione, assieme a quella sul Chi – che è la massima espressione retorica della disconnessione – sono il punto in cui spesso si arena chi fa capolino nella via della Conoscenza.
Giunti a questo punto, che cosa significa lo scomparire dell’agente, se questo agente vive nella disconnessione ma continua automaticamente a connettere tutto quel che incontra? Qualcosa bisogna che muoia, però qualcosa mina lo scomparire.
Abbiamo detto che, iniziando a dubitare degli automatismi della mente, è possibile capire quanto forte sia in voi la pretesa di essere armonici in base a criteri evolutivi, e quanto occultiate il fatto di essere semplicemente disconnessi. Connettere è un automatismo che giudicate del tutto “naturale”, anche perché condiviso dagli altri intorno a voi.
Quindi lo scomparire, come primo aspetto, si rivolge alla pratica di connettere, attraverso cui soddisfate l’esigenza di dare un senso, che vi soddisfi, a voi stessi, alla vita, all’altro da voi, al giorno dopo giorno, al passato e al futuro. Questo processo di connessione lo portate avanti, e lo rafforzate, nonostante gli scacchi che subite, poiché lo avete interiorizzato come “naturale”. Casomai, correggete le imperfezioni che non si presentano coerenti.
E anche quando vi affascinate della via della Conoscenza, voi riuscite a costruirvela come fosse una più sofisticata, più evoluta e più profonda meta da raggiungere, anche se la via della Conoscenza è la negazione di qualunque meta spirituale. Anche lì, continuate a portare avanti il processo di connessione, pur scontrandovi col contro-processo; ad esempio misurate se riuscite a lasciare andare, o se vi è possibile assistere alla sfilata[1], che è uno dei tanti argomenti provocatori da cui rimanete affascinati, così come l’accadere, o ciò che è. Tutto trasformato in un provocatorio, ma più affascinante “passo dopo passo” nel vostro progresso interiore.
Migliorare, riempirsi, connettere, mettere in pratica e raggiungere sono alcuni degli obiettivi che vengono totalmente negati nel contro-processo. Eppure, come siete veloci a trasformare ogni argomento in passi da voi fatti verso la “nuova meta” evolutiva! Tutte le provocazioni che vi vengono presentate nel contro-processo, e che potrebbero mettere in crisi le pretese che vi trascinate dalla via del “passo dopo passo”, dentro di voi si trasformano in un continuo alzare la scommessa nella via della Conoscenza, trasformata in un cammino evolutivo “più” radicale.
[1] La sfilata è una delle tante metafore di cui si serve la via della Conoscenza per svuotare la mente dei vecchi concetti, sostituendoli con dei nuovi, più affascinanti, che poi le verranno sottratti attraverso altri. Quel che sfila non può riconoscerlo l’uomo, identificato nella mente, perché è uno sfilare neutro, cioè privo di categorie, di concetti e di etichette.
Tratto da: Scomparire a se stessi (Il morire a se stessi è il morire dell’agente, Download libero)
Scomparire a se stessi, tutti i post del ciclo
Via della conoscenza. Questo è un viaggio a ritroso dentro noi stessi. Un viaggio in cui incontreremo delle strettoie create dalla via della Conoscenza e fatte di radicalità, di provocazioni, di negazioni, di paradossi e di metafore. L’agente siamo tutti noi che ci attribuiamo la paternità delle azioni che si compiono attraverso di noi, ma delle quali siamo i semplici portatori. Saranno messi in luce, e ci si presenteranno davanti, strada facendo, i nostri meccanismi, i nostri concetti e le nostre strutture mentali, e la voce che ci guiderà terrà la barra dritta, impedendoci di deviare.
La via della Conoscenza è una non-via e un non-insegnamento, perché è un contro-processo dei processi della mente. Non suggerisce pratiche e non dà mete, ma è la negazione delle pratiche e delle mete. Non porta alla conoscenza, ma svuota da tutte le conoscenze costruite sul cammino interiore intorno a un “io,” distinto, che cerca una propria evoluzione non capendo che tutto è già unità.
Per ogni informazione e chiarimento: vocedellaquiete.vaiano@gmail.com
Certo, dopo l’insegnamento del “passo dopo passo” la VdC è diventata più radicale. Niente agente, niente scopo, solo ciò che è. È un insegnamento molto sottile, che richiede anche comprensione interiorizzata dei concetti, prima di aderirvi. Tuttavia, quando arrivare da qualche parte per te, o dimostrare di essere chi, non assume più nessuna importanza, diventa fisiologico, non dico disconnettere, ma fare solo le connessioni necessarie alla vita pratica, oppure osservarsi e accettare la connessione se i veicoli inferiori vengono sollecitati. Perché anche questo è ciò che è. .
Ho trovato la lettura non agile. Ci tornerò