I limiti ci sono per tutti, chiaro, i veicoli sono contemporaneamente possibilità di manifestazione della coscienza e limite, ma in ognuno in grado diverso? Come si spiega o è fortuna? Si può fare qualcosa per l’altro da sé?
È evidente che la fortuna è una piccola invenzione della mente che non avendo una spiegazione per tante cose della vita ricorre a questo espediente; allo stesso modo parla del caso, delle avversità e di tutto un considerevole “sciocchezzaio” non potendo ammettere che semplicemente non sa. Ha bisogno di logica e costruisce ponti di paglia pur di dare consequenzialità alle sue ipotesi.
La possibilità di gestire le proprie dinamiche interiori, mentali ed emotive, è relativa ai processi del sentire, all’ampiezza di questo ma anche a ciò che deve comprendere. Fino a una certa età mi sono dovuto confrontare con una lettura di me sostanzialmente fondata sull’abbandono: ero l’abbandonato, una tipologia umana piuttosto comune e diffusa.
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- Le basi del Sentiero contemplativo
- Un nuovo monachesimo per i senza religione del terzo millennio
- Libro: ‘Il Sentiero contemplativo a dorso di somaro’
- Libro: ‘Come la coscienza genera la realtà personale‘
Nella mia mente girava quel programma al punto che mi impediva di vivere una vita di relazione normale. Il disagio che provavo era enorme e questo mi ha condotto a fare di tutto per superarne l’origine. L’ostacolo era nella mente e su quello ho lavorato essenzialmente attraverso la disconnessione e la consapevolezza che in me esisteva altro, sepolto sotto quel condizionamento.
Ti faccio questo esempio per chiarire la questione: qui non conta tanto l’ampiezza del sentire, conta il processo di apprendimento che la coscienza ha in atto. Che cosa deve imparare la coscienza attraverso il senso dell’abbandono che domina il funzionamento dei suoi veicoli, e la loro risultante, l’identità? Il non condizionamento, ad esempio. La libertà dal condizionamento, da tutti i condizionamenti che giungano dalla mente o dall’emozione, dall’identità nel suo insieme.
Quando la coscienza si troverà a lavorare sul non condizionamento? Quando avrà un sentire che si pone il problema, che avverte l’esigenza di fluire senza impedimento. Non credo che la questione del condizionamento sia una delle prime cose che una coscienza affronta, allo stesso modo di come non inizia dall’impermanenza ma dalla permanenza, e solo dopo aver sperimentato quest’ultima in sé nasce la comprensione che forse ciò che coglie come permanente in realtà ha ben poca consistenza e durevolezza.
Vedi come nel fondo c’è sempre il sentire, i suoi processi e, più in superficie, c’è l’avvilupparsi dell’identità il quale parla di qualcosa di non chiaro nella comprensione, nel sentire; è questa una condizione per fare chiarezza, per approfondire e indagare ulteriormente.
Perché i limiti sono diversi da persona a persona? Perché ogni persona ha un suo grado di sentire. Alla luce di questo le persone affrontano processi molto simili anche se attraverso scene differenti e in tempi differenti.
Tutti andiamo da ego ad amore; tutti affrontiamo prima le questioni di fondo, ad esempio il non uccidere, e poi man mano quelle più sottili fino a porre alla nostra attenzione le sfumature, i dettagli che in altre epoche del sentire ci sarebbero parsi irrilevanti.
Se ti guardi attorno tutti quelli che vedi stanno sperimentando diversi gradi di sentire e lo fanno affrontando le difficoltà, le sfide, le opportunità della loro vita.
Che cosa sono le difficoltà? Ciò che la coscienza non ha compreso. Tutto il soffrire, i conflitti, le disarmonie, le tempeste personali e sociali non sono altro che il riflesso del non compreso. Tutte le stupidaggini che la mente racconta sulla vita e la morte non sono altro che la conseguenza del non compreso, non dalla mente, dalla coscienza!
Chiedi se tutti facciamo le stesse esperienze? Le stesse esperienze no, ma gli stessi apprendimenti si. Tutti affrontiamo scene che ci conducono ad apprendere le cose che vanno apprese e queste sono comuni, universali. Ci sono passaggi obbligati: pensa all’articolazione del “noi”.
Prima il noi è la tua famiglia, poi il tuo paese, poi la tua nazione e, infine il pianeta. Comprendiamo attraverso scene differenti gli stessi principi e tutti conducono dall’io al noi, dall’ego all’amore, dal particolare all’universale.
Si può fare qualcosa per superare le barriere, gli ostacoli che la mente/identità crea?
Si può fare molto. Dal libro L’Essenziale.
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NB: il testo che compare in questi post in alcuni passaggi differisce sostanzialmente dal contenuto del libro, questo perché, nei dieci anni trascorsi, molte cose abbiamo approfondito e compreso meglio.
D’altra parte, oggi non riusciremmo a esprimerci con la semplicità di ieri mentre il nostro obbiettivo, nel riprendere questi contenuti, è proprio quello di dare a chi ci legge un testo semplice, per un approccio di base al Sentiero contemplativo.
Il fine è dare dati alla coscienza. Qualsiasi sia la scena, il fine, quello è. In questa prospettiva non ha senso parlare di vittima o carnefice, così cari alla psicologica.
Chiaro e comprensibile anche alla luce delle esperienze vissute. Quello che ci “limitava” nel passato, oggi è compreso e i limiti che ci interrogano oggi sono altri.