L’umano ha il non-ordine in sé e fuori di sé [scomparire12]

Abbiamo già visto come sia non governabile anche il mondo interno all’uomo. Voi potete far rientrare le azioni dentro uno schema d’ordine o dentro lo scadenzario che costruite, però i pensieri e le emozioni mostrano la loro non governabilità.

Quindi vi trovate a fare i conti con un mondo esterno che vi sembra un caos, e con un mondo interno altrettanto poco governabile, in cui si susseguono pensieri ai quali cercate di dare un preciso contenuto. E, così, spesso vi dite: “No, questo non lo posso pensare”, eppure bussa, eppure si ripresenta, e vi fa nascere sensi di colpa.  

Ma, allora, questo “chi” chi è?
Un partecipante: È un fanatico ordinatore del caos.

Una voce: Il non-ordine ce l’ha in sé e fuori di sé; ovunque lui teme un caos da riordinare. Ma allora quel “chi” come fa a costruire il suo essere un qualcuno coerente e connesso? La mente è ingannatrice e rassicuratrice, e lui crede di riuscire a essere a volte non del tutto ordinato, a volte ordinato, e poi crede che, all’esterno, il quotidiano presenti certamente un po’ d’imprevisti e “problemi” da risolvere, ma che si presentino anche situazioni conosciute, altre costanti e altre rassicuranti. Quell’essere si affida alla mente e perciò non posa lo sguardo sui particolari: fatti e cambiamenti che si susseguono non-ordinabili, non-prevedibili, non-connessi.

Il vostro scadenzario, per esempio, alla mattina vi fa chiudere la porta il più velocemente possibile, a volte dimenticando lì le chiavi, perché “dovete fare” altro e il pensiero è corso più avanti. Dentro la vostra testa siete già da un’altra parte, frettolosi, distratti, e non posate l’occhio sul semplice gesto che state facendo, e men che meno sulle piccole cose che, bussando, si presentano intorno a voi, noncuranti di quello scadenzario che vorreste applicare a tutto. E per giustificarvi vi dite che sono così “insignificanti”, e quindi siete già altrove, a rincorrere scommesse dentro i meandri della vostra mente.

Quel “chi” è preda di tre forze interne che non governa e non sa accogliere la mutevolezza e la ricchezza che c’è nel mondo intorno a lui. È qualcuno che non si è formato sulla base della non-governabilità e anche della non-costanza, che è variabilità.

Un partecipante: È uno che si difende quando non riesce più a controllare.

Una voce: Cerca di difendersi. Proviamo ora a domandarci: chi è, se non ha chiaro né ciò che sta dentro, né ciò che sta fuori di sé? Lui non si costituisce a partire da una chiarezza; anzi, parte proprio da una convinzione, condivisa dagli altri, che nega i presupposti di variabilità e di non-governabilità dentro e fuori di sé. Questo è proprio uno scacco alla costruzione di un’identità.

Abbiamo detto che lo scomparire dell’agente non elimina il soggetto fisico né il suo intelletto, ma mette in crisi le strutture in base alle quali si è edificata quella mente, sulle quali continua a rafforzarsi.

Tratto da: Scomparire a se stessi (Il morire a se stessi è il morire dell’agente, Download libero)
Scomparire a se stessi, tutti i post del ciclo

Via della conoscenza. Questo è un viaggio a ritroso dentro noi stessi. Un viaggio in cui incontreremo delle strettoie create dalla via della Conoscenza e fatte di radicalità, di provocazioni, di negazioni, di paradossi e di metafore. L’agente siamo tutti noi che ci attribuiamo la paternità delle azioni che si compiono attraverso di noi, ma delle quali siamo i semplici portatori. Saranno messi in luce, e ci si presenteranno davanti, strada facendo, i nostri meccanismi, i nostri concetti e le nostre strutture mentali, e la voce che ci guiderà terrà la barra dritta, impedendoci di deviare.
La via della Conoscenza è una non-via e un non-insegnamento, perché è un contro-processo dei processi della mente. Non suggerisce pratiche e non dà mete, ma è la negazione delle pratiche e delle mete. Non porta alla conoscenza, ma svuota da tutte le conoscenze costruite sul cammino interiore intorno a un “io,” distinto, che cerca una propria evoluzione non capendo che tutto è già unità.
Per ogni informazione e chiarimento: vocedellaquiete.vaiano@gmail.com

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Catia Belacchi

È vero, i pensieri arrivano senza ordine, quando non nascono dopo una forte emozione. Se impariamo a non legarli e connottarli, ma a posare lo sguardo sui piccolo che sempre ci sfugge, allora cogliamo il reale.

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