Il non conosciuto e il non compreso, su questo ci misuriamo [sentiero33]

È naturale che noi ci si senta inadeguati: dobbiamo affrontare il non conosciuto e il non compreso, come potremmo sentirci adeguati?

“Si, non so, non mi è chiaro, procedo a tentoni, ma cosa dovrei fare? È la mia vita, sono aspetti che mi appartengono ma che non ho frequentato abbastanza e allora li guardo, li affronto, mi faccio anche male, ma non ho scelta!”

Il non conosciuto e il non compreso, su questo ci misuriamo in questa rappresentazione che chiamiamo vita, a questo è finalizzata la commedia dei nostri giorni e delle nostre notti. Al centro non c’è ciò che abbiamo compreso; quello è acquisito, non è quello che l’officina delle relazioni e delle opportunità ci offrirà oggi:
ci porterà invece quel lavoro che non abbiamo mai fatto,
quello in cui abbiamo fallito altre volte,
quello in cui siamo decisamente maldestri,
quello in cui abbiamo umiliato noi stessi,
quello in cui abbiamo ferito l’altro.

Ogni giorno nell’officina l’operaio trova mansioni nuove e, se sono quelle vecchie, è perché non le ha eseguite come meglio poteva. Se noi siamo consapevoli che tutti, poveri, ricchi, intelligenti, ottusi, evoluti, involuti, santi, assassini, tutti siamo qui per imparare e vedersi trasformare il nostro sentire di coscienza, sulla base di questa consapevolezza, possiamo alleggerire.

“Sono un piccolo operaio e non ho pretese: indicami il pezzo che debbo lavorare e lo farò!”
Ciò che ci deve essere chiaro è che tutto l’essere impara, tutto si trasforma:
impara il corpo,
impara l’emozione,
impara la mente,
impara l’identità,
impara la coscienza.

Ogni trasformazione si inscrive nel corpo della coscienza, ogni comprensione lo struttura, tessera di un puzzle che man mano va componendosi finché non è completo, e allora il viaggio umano finisce. Allora non c’è più bisogno di corpo, di emozione, di mente: siamo coscienza vivida e consapevole, e quel livello viviamo.

Quando il processo è compiuto l’uomo esce dal ciclo delle nascite e delle morti; quello è l’iniziato, l’evoluto, l’illuminato: colui o colei che ha finito di imparare nel tempo e nello spazio.
Non hanno finito di imparare, né sono fusi con l’Assoluto: hanno finito il tirocinio in questa dimensione spazio/temporale. Altro impareranno nella dimensione del sentire fino a quando la fusione nell’Uno sarà completa.

Prima di questo, qui dove tutto diviene e tutti si misurano con la vita, tutti imparano.
Tu impari il tuo, io il mio: non so cosa stai imparando tu, ma so abbastanza bene quello che imparo io e su questo mantengo lo sguardo; non vengo a ficcare il naso in quello che tu stai armeggiando, perché non so cos’è e comunque non mi riguarda perché solo tu puoi affrontarlo.

So di certo che entrambi impariamo e questo mi basta per non dare giudizio su di te e su di me: siamo piccoli operai nell’officina della vita e del quotidiano e facciamo innumerevoli errori; vedendo tutto ciò chiaramente, chiniamo la testa  e andiamo avanti. Da tutto questo nasce la possibilità dell’alleggerire e da questa quella di giocare.

Tutti i post ‘Le basi del Sentiero contemplativo’
NB: il testo che compare in questi post in alcuni passaggi differisce sostanzialmente dal contenuto del libro, questo perché, nei dieci anni trascorsi, molte cose abbiamo approfondito e compreso meglio.
D’altra parte, oggi non riusciremmo a esprimerci con la semplicità di ieri mentre il nostro obbiettivo, nel riprendere questi contenuti, è proprio quello di dare a chi ci legge un testo semplice, per un approccio di base al Sentiero contemplativo.

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Catia Belacchi

È così, grazie

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