Chi è identificato con che cosa? Con chi e che cosa è identificata l’identità? Con chi e che cosa è identificata la coscienza? E cosa significa essere identificati?
L’identificazione è la piena accoglienza/manifestazione di quel che è. Dall’accettazione/manifestazione del pensiero, dell’emozione, del corpo scaturirà in seguito, conseguite le adeguate comprensioni, la neutralità. Per accettazione si intende il non frapporre ostacolo derivante essenzialmente da non comprensione.
L’identificazione è la base del processo incarnativo: se non ci fosse accettazione/manifestazione non ci sarebbe il processo del prendere forma nel tempo e nello spazio; se aspetti dell’essere non assecondassero incondizionatamente il processo, l’impulso che giunge dall’Assoluto mai diverrebbe fatto.
In ambito spirituale ci si riempie la bocca con il termine disidentificazione ritenendo questa l’opposto dell’identificazione: la prima il bene, la seconda un problema. Dal nostro punto di vista le cose non stanno così: entrambi sono il gioco del divenire, meccanismi, processi della creazione della realtà.
Se l’immagine di sé, l’identità, non assecondasse mai l’impulso della coscienza rifiutando di accogliere aspetti di sé, ad esempio la propria figura fisica, bloccherebbe tutto il processo incarnativo, impedendo all’impulso primo di rivestirsi di tutti i piani, di vibrare su tutti i livelli e quindi impedirebbe il fluire della realtà.
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Perché possa esserci realtà, e quindi sviluppo di conoscenza, di consapevolezza e comprensione, è necessario che ogni corpo assolva alla sua funzione, collabori al processo, se ne lasci permeare e attraversare mettendo in atto ciò che gli spetta.
Dobbiamo comprendere fino in fondo che nella realtà che noi viviamo, l’Assoluto diviene tempo, forma, spazio: se qualcosa si blocca si crea una cristallizzazione, il ripetersi dei tentativi di generare la realtà necessaria alla comprensione, fino al superamento del blocco.
Una coscienza con un limitato sentire è un fattore di blocco: allora le esperienze vengono ripetute finché il sentire/comprensione non si amplia.
Una mente caotica è un fattore di blocco perché nei suoi meandri si perderà l’intenzione: allora i tentativi, le scene, si ripeteranno finché la mente non avrà una struttura adeguata ad affrontare con maggiore discernimento e logicità l’impulso ricevuto.
Un’emozione esondante o rattrappita sarà un fattore limitante perché l’impulso, prima di divenire azione, deve rivestirsi del colore dell’emozione, dell’affetto, della sensazione.
Un corpo con dei limiti blocca alcuni processi e ne favorisce altri: la cecità, ad esempio, farà acquisire a tutte le esperienze una connotazione particolare, indispensabile per accedere a certi dati ma, certamente, l’umano non può vivere tutte le incarnazioni come non vedente perché allora il processo di apprendimento sarebbe limitato.
L’identificazione, ovvero la piena adesione allo stimolo e alla scena che questo crea, è indispensabile nel processo di creazione della realtà e per il conseguimento di molti apprendimenti di base. L’umano non imparerebbe mai che non bisogna uccidere, rubare, stuprare se non facendone esperienza e non ne farebbe esperienza se si ponesse il problema dell’essere identificato o meno.
La questione dell’identificazione si pone solo a partire da una certa ampiezza del sentire, cioè solo quando l’umano ha compiuto una parte del suo tragitto incarnativo, ha compreso le cose fondamentali e allora può lavorare su quegli aspetti più sottili, più immateriali, meno immanenti che richiedono, per essere lavorati, una consapevolezza di sé, un vedersi, una capacità di distacco, di disidentificazione.
La disidentificazione nasce come prodotto della consapevolezza acquisita attraverso l’identificazione: solo allora l’uomo si vede, è possibile lo specchio e, su questa base, può affrontare il campo sterminato di quello che è imparabile attraverso la conoscenza consapevole di sé.
L’identificazione comporta l’imparare inconsapevole; la disidentificazione l’apprendimento consapevole. I due sono necessari l’uno all’altro, come sempre, come tutti i cosiddetti opposti.
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NB: il testo che compare in questi post in alcuni passaggi differisce sostanzialmente dal contenuto del libro, questo perché, nei dieci anni trascorsi, molte cose abbiamo approfondito e compreso meglio.
D’altra parte, oggi non riusciremmo a esprimerci con la semplicità di ieri mentre il nostro obbiettivo, nel riprendere questi contenuti, è proprio quello di dare a chi ci legge un testo semplice, per un approccio di base al Sentiero contemplativo.
Prova
Benedetto sia procedere senza lacci di sè che impediscono il passo.
L’inizio della lettura mi sembrava in contraddizione con quanto appreso fono ad ora.
Nel proseguo, ho compreso meglio il senso.
Ogni esperienza è necessaria alla comprensione. Nella completa accettazione di quel che È, assecondare la spinta divina.
Il giudizio si pone come ostacolo. Va visto e lasciato spazio alla neutralità.