Se guardi in natura c’è il predato e il predatore; c’è la materia organica e vitale che cresce, e c’è l’essere, l’organismo che la decompone: ogni essere è inserito nell’insieme e non c’è alcun “io” che non si inquadri nel “noi”.
Se guardi la natura vedi il disegno dell’architetto, se guardi l’uomo ti sembra che l’architetto si sia distratto un po’; addirittura separiamo uomo da natura, non solo uomo da Assoluto; separiamo, lo abbiamo già visto, perché così possiamo dire io, altrimenti avremmo solo il noi da declinare.
Allo sguardo spassionato la realtà appare in modo molto diverso: tutto è.
Nulla è speciale, è semplicemente quel che è.
Se siamo identificati con ciò che la mente recita allora diventiamo, abbiamo bisogno di diventare, speciali.
- Eremo dal silenzio, tutti i post dei siti
- Le basi del Sentiero contemplativo
- Un nuovo monachesimo per i senza religione del terzo millennio
- Libro: ‘Il Sentiero contemplativo a dorso di somaro’
- Libro: ‘Come la coscienza genera la realtà personale‘
Ma se l’attenzione è su quello che la mente recita, sul colore che l’emozione introduce, sull’azione che accade, sulla spinta che tutto il processo sostiene, se la consapevolezza è su tutti i piani, simultanea, l’identificazione comunemente intesa non ha più alcun senso, dall’identificazione passiamo all’accadere. Un animale non vive l’identificazione, vive l’accadere, quel che è.
L’umano si identifica perché si focalizza su un piano, quello cognitivo/mentale, prevalentemente. Quella identificazione produce la frattura e la conseguente alienazione. L’animale non è alienato, è quel che è; l’umano è alienato perché si frammenta, perché rinuncia, o non conosce ancora, la consapevolezza simultanea di tutti i piani.
Quando noi meditiamo coltiviamo quella simultaneità: una consapevolezza pacata e ampia si estende su tutto l’essere. Siamo ‘identificati’ con un piano in particolare? Si, forse, anche, ma questo non ci toglie l’unitarietà della percezione. Mentre mediti, in continuazione l’attenzione si focalizza e lascia andare; sorge identificazione e lascia andare, ma questo non rappresenta un problema perché la consapevolezza abbraccia tutti i piani simultaneamente.
Quando la consapevolezza non è più simultanea allora entriamo in una identificazione solida e parziale e questo è un problema. Quindi, non l’identificazione in sé è il nostro problema, ma l’identificazione parziale, quella che non tiene conto dell’insieme e da esso si separa.
Mentre noi discutiamo di queste faccende piuttosto complesse non possiamo non essere identificati con le funzioni del nostro corpo mentale, ma questo non è vissuto come componente a sé, separato; questo è strumento, più o meno efficace, di un insieme.
Anzi, questo sarà strumento tanto più efficace quanto più noi saremo calati nelle sue qualità; mentre discutiamo non siamo in alcuna parzialità pur veicolando tutto essenzialmente attraverso la mente, e questo perché la nostra consapevolezza non è settoriale ma unitaria, è appoggiata simultaneamente su più piani, su tutti i piani.
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NB: il testo che compare in questi post in alcuni passaggi differisce sostanzialmente dal contenuto del libro, questo perché, nei dieci anni trascorsi, molte cose abbiamo approfondito e compreso meglio.
D’altra parte, oggi non riusciremmo a esprimerci con la semplicità di ieri mentre il nostro obbiettivo, nel riprendere questi contenuti, è proprio quello di dare a chi ci legge un testo semplice, per un approccio di base al Sentiero contemplativo.
Post molto chiaro.
Grazie
Consapevolezza unitaria. Se alzo lo sguardo dal mio ombelico è già lì.