Una voce: Partiamo da cosa incontra l’agente nel trovarsi nella nuova ottica dentro il processo. Quando lui inizia a percepire flash di disconnessione, muore pian piano in lui il bisogno di connettere.
Quindi, là, dove prima creava connessioni, gli appare – a tratti, a flash – la realtà disconnessa. Questo fa diminuire l’ansia che lui carica su tutto quello che lo porta a definirsi protagonista nell’agire e nello strutturare il pensiero.
Come ogni volta, a ogni nuovo passaggio, ci troviamo di fronte a un nascere e a uno scomparire. Muore in lui il concetto che lo caratterizzava, che è la continuità, anche se a volte già notava qua e là una qualche incrinatura, mentre quel che nasce è la rottura, è la frattura, è la puntualizzazione.
Un partecipante: Quello che si spegne è il velo sopra ciò che c’è. Togliendo il velo, fiorisce la vita.
Una voce: L’agente non fa altro che aggiungere veli, ma ora possiamo dire che quei veli sono pura inconsistenza e che, perciò, il vostro modo di vivere è pura inconsistenza rispetto alla sostanza. Quindi voi vivete nell’inconsistenza.
Un partecipante: Ma non ne siamo consapevoli.
Una voce: Ora lo sai, eppure continui a vivere nell’inconsistenza, seguitando a immedesimarti nell’inconsistenza. Perché anche diventando consapevole, la mente continua a riproporti le stesse cose, ondeggiando da una parte all’altra. Però, continuando a confondere l’inconsistenza con la sostanza, non si sta dando forza alla propria capacità intellettiva.
La possibilità di utilizzare la propria capacità intellettiva, non piegata alla mente, rende l’uomo consapevole e lo predispone a un cambiamento. Senza la capacità di riflettere su voi stessi, non riuscite a produrre un mutamento, né nei comportamenti, né nel modo di vedere il mondo dentro e fuori di voi.
Voi avete la possibilità di riflettere. Non è possibile essere consapevoli senza riflettere. La capacità riflessiva dell’uomo è anche la capacità di riconoscere quel che la mente occulta. È proprio la caratteristica naturale dell’uomo. Parlando, ragionate; quando agite, o prima di farlo, riflettete e lo fate quando siete consapevolmente nei pensieri. Ma quando vi diciamo che siete caratterizzati dalla capacità riflessiva, e quindi dall’intelletto, qual è l’operazione che fa la mente, inserendo una comparazione?
Un partecipante: Un più.
Una voce: Ed è proprio quel sentirsi “più”, rispetto agli altri esseri, che fa sì che voi stiate nella vita con la modalità che la nega. Per voi quel “più” è uno strumento al vostro servizio: vi serve per elaborare strategie. Però è proprio quel “più” che sottomette la vostra capacità riflessiva alla mente.
Dentro la via della Conoscenza, la utilizzate per riflettere su quello che ci sentite dire e per riposizionarvi rispetto a quello che interpretate delle nostre parole. Ad esempio, per voi è uno strumento per essere sempre “più” vicini alla prospettiva del primo quadrante – così come ve la raffigurate, cioè la vostra meta – immaginandovi di essere coloro che abbandonano, per raggiunti meriti, il secondo quadrante.
Nella via della Conoscenza, la capacità riflessiva è naturalità della forma umana. Quello che la vostra mente vi occulta è il fatto di servirsene come “strumento per” raggiungere i vostri scopi; questo significa trasformarla in qualcosa che non è. Spesso la posizionate come strumento spirituale, per andare incontro al Divino, con tutto quello che ci costruite sopra.
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Un partecipante: Io penso che siamo sempre identificati in questo strumento.
Una voce: Attenta, la stai vivendo come un vincolo rispetto ad altro, perché stai intendendo che, se tu non fossi identificata, beh, allora! Quando dici che ti identifichi in essa, già produci un dualismo che non c’è. E anche se adesso voi replicate: “Ho capito, allora, è una risorsa”, di nuovo spostate lo sguardo sulla sua funzionalità verso un obiettivo, e mai sul fatto che è semplicemente la modalità umana per vivere qui e ora la vita! E ripetiamo: qui!
Quando poi credete che sia la capacità riflessiva a porvi sopra altre forme viventi, anche in questo caso la vedete come uno strumento “per” sviluppare comportamenti che ritenete superiori a quelli delle altre forme, mettendovi in una condizione elevata, in quanto “più” consapevoli. Attenti, perché il rischio è di utilizzare la capacità riflessiva “per” identificarvi maggiormente nella mente.
Per chi percorre una via interiore, questa capacità diventa sinonimo di “più” o “meno” consapevolezza. E allora diventa lo strumento che vi porta su, nel gradino “più” alto, cioè vi fa separare dagli altri esseri e primeggiare su tutti. In altri casi, è proprio quella che vi porta giù, perché vi fa sentire inappropriati rispetto a quello che “dovreste essere”. Cioè trasformate la condizione naturale della forma uomo in una risorsa oppure in un vincolo, asservendo l’intelletto alla mente.
Tratto da: Scomparire a se stessi (Il morire a se stessi è il morire dell’agente, Download libero)
Scomparire a se stessi, tutti i post del ciclo
Via della conoscenza. Questo è un viaggio a ritroso dentro noi stessi. Un viaggio in cui incontreremo delle strettoie create dalla via della Conoscenza e fatte di radicalità, di provocazioni, di negazioni, di paradossi e di metafore. L’agente siamo tutti noi che ci attribuiamo la paternità delle azioni che si compiono attraverso di noi, ma delle quali siamo i semplici portatori. Saranno messi in luce, e ci si presenteranno davanti, strada facendo, i nostri meccanismi, i nostri concetti e le nostre strutture mentali, e la voce che ci guiderà terrà la barra dritta, impedendoci di deviare.
La via della Conoscenza è una non-via e un non-insegnamento, perché è un contro-processo dei processi della mente. Non suggerisce pratiche e non dà mete, ma è la negazione delle pratiche e delle mete. Non porta alla conoscenza, ma svuota da tutte le conoscenze costruite sul cammino interiore intorno a un “io,” distinto, che cerca una propria evoluzione non capendo che tutto è già unità.
Per ogni informazione e chiarimento: vocedellaquiete.vaiano@gmail.com
Diversi passaggi, non molto chiari. Da rileggere