Per comprendere la disconnessione tra pensiero e pensiero, pensiero-emozione-azione, bisogna che noi si abbia una comprensione di cosa sia il ritmo nella vita: inspiro ed espiro; movimento e stasi; silenzio e parola; giorno e notte; stagioni; vita e morte.
Guarda questa pagina, il ritmo parola-spazio; se non ci fosse, il paragrafo precedente risulterebbe cosi: Percomprendereladisconnessionetrapensieroepensieropensieroemozioneazionebisognachenoisiaabbiaunacomprensionedicosasiailritmonellavitainspiroedespiromovimentoestasisilenzioeparolagiornoenottestagionivitaemorte.
Ho tolto non solo gli interspazi ma anche i simboli della punteggiatura e il risultato è una sequenza di caratteri impronunciabile: allo stesso modo la vita è indeclinabile senza ritmo e, ad un certo punto, quando il sentire è pronto, senza disconnessione.
In una didattica della disconnessione noi dobbiamo innanzitutto insistere sulla consapevolezza del ritmo e da questa giungere a quella radicale destrutturazione dell’essere e della sua manifestazione che è operata dalla disconnessione.
Comprendi che se un pensiero è solo un pensiero e non è legato a ciò che lo precede e lo segue, tu vieni collocata in una terra di mezzo, sospesa.
Se non leghi pensiero a emozione ad azione e consideri, ti alleni a considerare, ogni fatto a sé stante, tu entri in una sospensione continua e reiterata, tutta la tua vita diviene sospensione.
Se contempli ogni fatto mentre accade e non coltivi il connetterlo con passato e futuro, la realtà diviene completamente altra.
È davvero incredibile come l’operazione di separare ciò che solitamente connettiamo, faccia cadere le nostre “narrazioni identificanti” come castelli di carte, con un soffio.
Il tarlo di cui tante volte parliamo, e che è un termine forgiato da Soggetto, è qualcosa che ogni giorno guadagna spazio, apre su nuovi territori di inconsistenza. Guarda il linguaggio stesso che noi usiamo, le parole parlano di perdita, scomparsa, assenza, irrilevanza eppure non solo la mente non si agita ma si trova a casa sua, perché?
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Perché siamo stati sufficientemente saggi da dirle che non ci interessa il conflitto con essa, che il problema non è il suo superamento, che, per noi, il problema dell’identità e dell’identificazione è un falso problema: lei è rassicurata e noi possiamo scorrazzare con le nostre indagini rendendola ogni giorno più duttile e trasparente.
Lei non è nostra nemica ma nostra alleata preziosa e anche fedele: se l’hai conosciuta e addestrata non ti tradirà, pur facendo il suo mestiere; nella via spirituale molte difficoltà nascono dalla nostra inesperienza, lottiamo “contro” invece di collaborare “con”.
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NB: il testo che compare in questi post in alcuni passaggi differisce sostanzialmente dal contenuto del libro, questo perché, nei dieci anni trascorsi, molte cose abbiamo approfondito e compreso meglio.
D’altra parte, oggi non riusciremmo a esprimerci con la semplicità di ieri mentre il nostro obbiettivo, nel riprendere questi contenuti, è proprio quello di dare a chi ci legge un testo semplice, per un approccio di base al Sentiero contemplativo.
Durante questa settimana particolarmente tosta, la lettura di queste parole è balsamo.
È vero, la mente va educata. Dura è l’educazione per menti strutturate come la mia. Ma non v’è alternativa.
Il contrario è sofferenza, autodistruzione, dolore.
La mente è alleata, ma come un cavallo selvaggio va domata e allora ti porta dove è più sano andare.
La mente alleata nel lasciare lo spazio ad altro più ampio, nello stare in quel che è.
La mente mi fa vedere, il corpo mi fa vedere, le emozioni mi fanno vedere e poi sentire di essere questo attimo che è.
Allenamento, disciplina verso il silenzio di sè.