Io amo, fratelli, il principio della scuola dei Peripatetici, perché è bello poter camminare e conversare. Chissà che un giorno non molto lontano si possa camminare e conversare insieme delle cose della Natura.
Sempre per essere fedeli al tema di questa sera, noi andiamo all’Evangelo di S. Giovanni e vi troviamo al capo IX la guarigione del cieco nato. Soffermiamoci su questo miracolo, prodigio fra i tanti, e guardiamo di capire attraverso deduzioni logiche, se Cristo poteva aver parlato di reincarnazione.
Innanzi tutto ancora una volta vi ricordo che il Maestro svelava in segreto ai discepoli verità che alle turbe esprimeva in simboli o per mezzo di parabole. “Non gettate le cose sante ai cani”. La religione ebraica non parla di reincarnazione, tuttavia ciò non esclude che l’insegnamento esoterico di questa religione comprendesse anche tale verità.
Gli ebrei invece credevano che le colpe dei padri potessero ricadere sui figli; aberrazione questa, che interpretata alla lettera, implicitamente ammette l’ingiustizia dell’Ente Supremo; mentre noi sappiamo che la Cabala, libro esoterico di questa religione, si spiega con i dieci Sephirot, o attributi Divini, e che fra questi vi è Gheburrah, ovverosia la Giustizia.
Se invece pensiamo che le colpe dei padri possono ricadere sui figli, in quanto può esservi un karma famigliare (così come ve ne è uno individuale e della razza) noi ci spieghiamo logicamente il significato di questa credenza. Con la legge di causa e di effetto comprendiamo che non vi è ingiustizia in tutto quanto accade. Però legge di causa ed effetto e di reincarnazione corrono parallele; ammettendo l’una ci avviciniamo ad accettare anche l’altra.
Ma torniamo a noi. Ora sappiamo perché i discepoli, ebrei, domandano al Maestro se l’uomo nato cieco sia infermo fin da quando ha visto la luce, per i peccati dei suoi genitori; però non riusciamo a comprendere, sapendo che è cieco fin dalla nascita, perché essi domandano se lo sia per i suoi peccati, ammesso che Cristo non abbia parlato di reincarnazione.
L’uomo poteva esser nato cieco per i suoi peccati avendoli commessi in una vita antecedente e da questo comprendiamo, non solo che il Maestro aveva parlato di reincarnazione, ma anche di legge di causa ed effetto. Per noi non vi sono dubbi, però dobbiamo ascoltare tutte le campane, come suol dirsi. Inoltriamoci allora nel labirinto dei sillogismi; non temete, non ci perderemo, abbiamo il filo di Arianna.
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È stato detto che la frase: “Maestro, chi ha peccato, egli o i suoi genitori, perché sia nato cieco?” è stata abbreviata. Nell’intenzione era questa: “Maestro, quest’uomo è nato cieco per i peccati dei suoi genitori o è divenuto cieco in seguito, dopo aver peccato?”. Dato e non concesso questo, dobbiamo dire che i discepoli non sapevano quello che dicevano. Infatti rileggiamo insieme il brano: “E passando vide un uomo che era cieco fin dalla nascita”. Era chiaro, era palese, era notorio che l’uomo fin da quando era nato non aveva visto la luce. Non si può allora fraintendere, dire che la domanda è stata abbreviata, altrimenti avrebbe questo significato: “Maestro, quest’uomo nato cieco è forse divenuto cieco dopo, in seguito, quando ha peccato?”.
Cosa vuol dire questo discorso? Sarebbe stato più logico che essi avessero chiesto: “Maestro, quest’uomo fin da quando è nato non ha visto la luce; ma prima che accecasse, di conseguenza al suo peccato, aveva forse le cispe agli occhi per non vederci?”. Scartiamo dunque questa ipotesi e prendiamone in considerazione un’altra, quella secondo la quale l’uomo nasce in peccato in quanto porta su di sé il marchio del peccato originale.
Trascuriamo pure il fatto che qui si parla di peccati e non di peccato, ma, seguendo questa logica, noi dovremmo nascere tutti ciechi, oppure ringraziare la lugubre fantasia dell’Ente Supremo che, per amore al vario e all’originale, si compiaccia di voler cieco l’uno, storpio l’altro, muto un terzo, e chi più ne ha più ne metta. Ma questo non è un Dio, fratelli, questo è un delinquente. Vi sarà risposto: i disegni di Dio sono imperscrutabili. Per loro lo sono, loro che sono nell’errore e nell’ignoranza.
Se è vero che la Verità illumina, questa è la Verità, perché ci rende comprensibile ciò che per loro non lo è. No, credete fratelli, non si può fraintendere, non si può dire che le domande sono state abbreviate, senza cadere nel ridicolo. Se i discepoli domandando avessero voluto togliersi una curiosità, avrebbero esposto la domanda in questi termini: “Maestro perché egli è nato cieco?”.
Ma domandando, essi volevano ricollegarsi a quanto era stato loro detto, volevano sapere per quali di quelle Verità loro comunicate l’uomo era dovuto nascere cieco. E la risposta del Maestro non è forse un insegnamento? Questo vuol significare: non preoccupatevi dei particolari, tutto avviene affinché Iddio si manifesti in voi. Così io vi dico. Kempis, 21 Febbraio 1954
Fonte: raccolta di brani sul Cristo del Cerchio Firenze 77 | Tutti i post del ciclo
È davvero interessante come, leggendo tra le righe, i discepoli si riferissero alla reincarnazione.