D- La disconnessione è un modo per conoscere la relazione coscienza/identità
Ho già accennato al senso di colpa ma vorrei tornarci: lo definirei l’indicatore del flusso di dati, bidirezionale, tra coscienza e identità.
Se c’è sintonia tra l’intenzione e come viene rappresentata non c’è senso di colpa; se, invece, tra l’intenzione e la rappresentazione che l’identità attua c’è distonia allora sorge il disagio e il senso di colpa. Il risultato non è quello che doveva essere perché si è insinuata una distorsione che l’identità ha introdotto, una interpretazione/manipolazione dell’intenzione non opportuna.
L’identità, ovvero l’interpretazione del proprio essere e vivere, non ha compreso quello che era il banco di prova, non è stata adeguata alla scena proposta, è stata un passo indietro rispetto a ciò che la coscienza le proponeva.
La consapevolezza dell’identità è differente dalla consapevolezza della coscienza, la prima è più limitata della seconda: nasce una distonia e un attrito, il senso di colpa.
“Tu non mi rappresenti adeguatamente” dice la coscienza, “devi fare un passo avanti, superare la paura di perdere, la sfiducia in ciò che siamo, la difficoltà ad abbandonarti al fluido manifestarsi della mia intenzione, senza opporre resistenza”.
- Eremo dal silenzio, tutti i post dei siti
- Le basi del Sentiero contemplativo
- Un nuovo monachesimo per i senza religione del terzo millennio
- Libro: ‘Il Sentiero contemplativo a dorso di somaro’
- Libro: ‘Come la coscienza genera la realtà personale‘
È vero quindi che l’umano non sa mai discernere con certezza tra cosa viene dall’identità – dalla interpretazione che mette in atto – e cosa dalla coscienza, però ha un grande alleato nel senso di colpa, una specie di automatismo che scatta a monte del piano consapevole e che lo avverte di qualcosa che non va.
Naturalmente il senso di colpa può diventare qualcosa di molto diverso da quello che abbiamo descritto: può essere utilizzato dall’identità, ad esempio, per alimentare alcuni meccanismi distruttivi: la svalutazione, il senso di inadeguatezza e altro, quelli che noi chiamiamo i fantasmi dell’interiore.
Questo senso di colpa non parla più della relazione tra coscienza e identità ma solo delle dinamiche identitarie – interpretative – e delle loro cristallizzazioni. Quanto spazio si può aprire nell’intimo di ciascuno di noi se iniziamo a leggere il senso di colpa in questa nuova ottica?
Tutti i post ‘Le basi del Sentiero contemplativo’
NB: il testo che compare in questi post in alcuni passaggi differisce sostanzialmente dal contenuto del libro, questo perché, nei dieci anni trascorsi, molte cose abbiamo approfondito e compreso meglio.
D’altra parte, oggi non riusciremmo a esprimerci con la semplicità di ieri mentre il nostro obbiettivo, nel riprendere questi contenuti, è proprio quello di dare a chi ci legge un testo semplice, per un approccio di base al Sentiero contemplativo.
In questi giorni sto sperimentando quanto descritto e mi ritrovo in queste parole
stamapto