La realtà non ha attributi [sentiero66]

Non c’è alcuna via spirituale, né alcuna vita materiale; non c’è alcun perdersi e alcun trovarsi; non c’è limite e non limite. Tutto questo è cibo per bambini, bisognerà aprire gli occhi, smettere di sognare e guardare quel che c’è, perché lì è la chiave.

Il santo è solo colui che ha aperto gli occhi sulla realtà.
L’assassino li ha completamente chiusi.
Il santo non è meglio dell’assassino perché in sé conosce l’assassino, è l’assassino, quell’esperienza gli appartiene.
Occhi aperti, occhi chiusi, santi, assassini, tutto questo è solo didattica, non realtà, modi di esporre un’esperienza affinché sia intelligibile.

È questa la realtà, divisa tra occhi aperti e chiusi? No, ma le metafore possono aiutare; pian piano arriveremo a comprendere che cosa è la realtà ma dobbiamo sgomberare il campo da molte cose che lo ingombrano e che sono cianfrusaglia.

Non altrove, qui. Dobbiamo rassegnarci, abbiamo solo il nostro quotidiano, piccolo, a volte brutto, quasi sempre banale secondo il giudizio della nostra mente.
Nel quotidiano c’è tutto quello che deve esserci, quello che serve, quello che siamo o che ci sembra di essere.

Uscire dal quotidiano significa uscire dalla vita. Non vivere con piena consapevolezza qui, fuggire da qui, è una delle follie più perniciose dell’umano.

Qui, non altrove. Non ci sono abbastanza parole per sostenere questo, non c’è abbastanza potere per affermarlo: tutta la ricerca dell’umano inizia e finisce nel suo quotidiano.

Non voglio nemmeno andare a indagare che cosa sia l’altrove dove l’umano si perde: sono mille quegli altrove, in tutte le direzioni e si chiamano dio, lavoro, denaro, potere, sesso e chissà in quanti altri modi.

È un argomento di nessun interesse indagare l’altrove dell’umano quando egli ha compreso che lì, in quell’altrove, qualunque esso sia, è separato da sé, lontano da sé, perduto a sé, sconosciuto a sé.

Non conta come si è perso, conta la consapevolezza di essersi perso; inutile che si maceri, che si senta in colpa: è lontano da sé e questo gli è insopportabile, questo conta.
Se questo vede, se questo gli brucia, allora possiamo parlare del quotidiano e del presente che lo costituisce.

Questo testo è parte dei capitoli 3 e 4 del libro L’Essenziale; mentre li pubblichiamo ne verifichiamo anche il contenuto a 10 anni dalla loro estensione. A revisione completata, renderemo disponibile l’intero volume: qui i capitoli 1 e 2 già revisionati.

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