Senza confine, in tutte le direzioni c’è spazio, possibilità di estendersi con la comprensione. A ovest, a sud, a nord, a est, l’orizzonte è libero, il limite personale non è di ostacolo perché nel presente il limite è la possibilità non l’impedimento: attraverso il limite indago il non-limite e questa indagine non ha confine, potenzialmente.
Sterile che mi arrabbi per i miei difetti, che mi vergogni delle mie inadeguatezze, che mi senta vittima delle mie carenze, inutile soffrire per quel cozzare della mente contro i suoi bordi; non tento di ignorarli, negarli o ammantarli d’altro, i miei limiti li accolgo per quel che sono: pungolo per l’espansione della comprensione. Mi inchino ai miei limiti.
Quanto è possibile comprendere? È così vasto che mi sembra di impazzire. Quanto è possibile scendere in profondità nel conoscere ciò che l’accadere presenta?
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Quel semplice apparire del fatto, del fotogramma, apre un orizzonte di conoscenza e comprensione, quel fatto impressiona, come il calco della mano impressiona l’argilla, e mi chiedo quanto possa imprimersi nell’intimo del processo del comprendere.
C’è un andare verso il fatto e un lasciare compenetrarsi dal fatto: la comprensione si affaccia e scandaglia, il fatto viene e imprime e impressiona e invade e dilaga in tutti gli angoli e gli anfratti del comprendere.
Non sono due movimenti, è uno solo e non è un movimento, è la dinamica dello stare: dentro l’immobilità tutto il dinamismo possibile.
Nello stare tutto l’essere, nell’essere tutto l’accadere, senza successione, nella totale simultaneità.
La consapevolezza che infinita comprensione è lì, possibile. Non necessariamente fruibile, ma questo non conta: non c’è più differenza tra il possibile e il potenziale, l’uno contiene l’altro.
Questo testo è parte dei capitoli 3 e 4 del libro L’Essenziale; mentre li pubblichiamo ne verifichiamo anche il contenuto a 10 anni dalla loro estensione. A revisione completata, renderemo disponibile l’intero volume: qui i capitoli 1 e 2 già revisionati.