Di fronte a quella vastità espressa dal e nel piccolo fatto che accade, dalla consapevolezza che tutto abbraccia, si presenta a me un limite di indagine: non sono adeguato, non ho gli strumenti, non ho lo sguardo sufficientemente profondo, non ho i sensi per indagare oltre un certo punto ciò che accade; questo mi induce a fermarmi e i passi che mi attendono, e che non posso percorrere, vengono avvolti nel mistero.
Lì sperimento il mio limite, la mia incompletezza, sono come un bambino che vorrebbe leggere ma non ha ancora appreso le basi di quella lingua: ciò che si presenta come mistero è ciò che mi ricorda che ancora lungo è il cammino, che l’indagine sulla realtà è solo agli inizi, che l’esperienza dell’unità con l’insieme non ha fatto altro che piccoli passi.
Quell’esperienza del mistero mi avvolge di tutto l’immenso respiro del non conosciuto, di quell’intelligenza non esplorata, di quell’armonia non compenetrata, di quel sacro che è la nostra reazione di fronte all’immensamente vasto, complesso, amorevole.
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Non conosco gli alfabeti, ma non mi fermo: so che domani mi attende la lettera A, ammesso che quell’alfabeto inizi dalla A. Il mistero della vastità e profondità del presente mi rende chiaro come l’umano comprende ciò per cui ha i sensi, ciò che i suoi corpi possono abbracciare.
Rende chiaro che la coscienza è in costruzione, un immenso cantiere aperto, un corpo in divenire in tutti noi che siamo incarnati. Vari sono i livelli di avanzamento dei cantieri, estremamente vario il sentire delle persone: per ogni sentire una possibilità di sperimentare la realtà.
Più è vasto il sentire, più lo sguardo è profondo: domani impareremo ancora.
Questo testo è parte dei capitoli 3 e 4 del libro L’Essenziale; mentre li pubblichiamo ne verifichiamo anche il contenuto a 10 anni dalla loro estensione. A revisione completata, renderemo disponibile l’intero volume: qui i capitoli 1 e 2 già revisionati.
Disporsi all’ascolto. Facilità l’apprendimento.