Tutto ciò che giunge va lasciato alla vita: tutto attraversa, tutto illumina, tutto transita e nulla viene coltivato e trattenuto. La meditazione non è il momento della riflessione, dell’indagine, dell’analisi: è solo stare, vedere, prendere atto.
Lasciarsi attraversare come una porta dall’aria, da una persona, da una luce: la porta non si muove, non si protende a fermarti, lascia che tu vada, è nella sua natura essere attraversata, se è aperta. Se è chiusa non è la porta della meditazione ma della mente che canta se stessa.
Se è aperta, tutto scorre. Fiume che va, corrente che trasporta tronchi, rami, carcasse di animali morti, plastica, alghe, radici.
Una delle grandezze dell’esperienza meditativa è questo scorrere: la piena, vasta, lucida consapevolezza che vede la vita scorrere, il limite scorrere, il cadere scorrere, le nefandezze scorrere, le generosità scorrere.
Tutto scorre e la meditazione questo testimonia: non esiste qualcuno che è, esiste lo scorrere, questa è l’esperienza che non può non sorgere dall’essere sasso.
Non trattenere, non colpevolizzarsi: per un attimo l’orrore di noi ci invade e poi scorre, lasciamo deliberatamente che scorra. Verrà dell’altro e lasceremo anche quello; si fermerà il fiume?
Non nella meditazione, ma nell’esperienza che chiamiamo contemplazione, nel frutto che dalla meditazione matura.
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Qui, nella meditazione, il fiume delle immagini, il film del nostro essere, può rallentare molto, in certe anse raggiungere l’immobilità ma, nella meditazione, c’è ancora un soggetto e quindi c’è divenire.
Lasciamo che sia, lasciamo che divenga, non occupiamoci del nostro esserci o meno: lo scomparire non è compito nostro, si viene fatti scomparire, non si scompare.
Occupiamoci di ciò che è e del suo fluido divenire, di niente altro.
Erba di ripa che assume la direzione dell’acqua che scorre.
Siamo quel che siamo, è evidente quel che siamo ma, quest’essere, scorre.
Mai uguale a se stesso, in continuo mutare per noi c’è una possibilità data proprio dallo scorrere: qualunque sia il nostro limite, qualunque lo scoglio che ci blocca, qualunque l’inadeguatezza, domani sarà diverso, tra un attimo sarà diverso.
Lo scorrere è la pietà per sé lasciata accadere.
Non c’è nulla che non veda, non c’è nulla che non lasci andare.
Non importa che cosa il vedere produca come reazione interna: nulla è celato, immobile resto qualunque sia il colpo ricevuto.
Sto, nella piena consapevolezza di me e infinitamente oltre me.
Colui che ha un nome e il senza-nome, simultaneamente.
Il fiume scorre e lava il sangue: sono immobile come una pietra.
La totale immobilità è il massimo di movimento: tutto transita, nulla può piegarmi.
Si può stare solo lasciandosi attraversare da ogni fatto: lo stare è trasparenza che non presenta attrito al giungere.
Questo testo è parte dei capitoli 3 e 4 del libro L’Essenziale; mentre li pubblichiamo ne verifichiamo anche il contenuto a 10 anni dalla loro estensione. A revisione completata, renderemo disponibile l’intero volume: qui i capitoli 1 e 2 già revisionati.
Importante la distinzione tra meditazione che è nel divenire e contemplazione che appartiene all Essere .
Panta rei ho imparato a scuola
E ora panta rei è esperienza