Il Cristo secondo il Cerchio Firenze 77/38: il fattore infedele

(Lc. 16, 1-8, ndr) Disse ancora ai discepoli: Vi era un  ricco che aveva un fattore, denunziato presso di lui come dissipatore delle sostanze del padrone.

Chiamatolo a sé, gli disse: Che è mai quel che sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché d’ora in poi non potrai più tenerla. Il fattore disse allora tra sé: Che farò io, ora che il padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare la terra? Non sono capace; mendicare? Ho vergogna. So ben io quel che farò, affinché quando dovrò lasciare la fattoria ci sia chi mi riceve in casa sua.

Convocati quindi a uno a uno i debitori del padrone, domandò al primo: Quanto devi al mio padrone? Quegli rispose: Cento barili di olio. Ed egli: Prendi la tua scrittura, presto, siedi e scrivi cinquanta. Poi chiese a un altro: E tu quanto devi? Quegli rispose: Cento staia di grano. Ed egli: Prendi la tua scrittura e scrivi ottanta.

E il padrone lodò il servo fedele, perché aveva operato con furberia; giacché i figlioli di questo secolo sono, nel loro genere, più accorti dei figlioli della luce. E io vi dico: “Fatevi amici con le ricchezze ingiuste, affinché quando veniate a mancare, vi accolgano nei tabernacoli eterni.
Chi è fedele nel poco, è fedele pure nel molto; e chi è ingiusto nel poco, è ingiusto anche nel molto. Se dunque non foste fedele per le ricchezze ingiuste, chi vi affiderà le vere? E se non siete stati fedeli quanto all’altrui, chi vi darà il vostro?

Nessun servo può servire a due padroni; perché o ne odierà uno e amerà l’altro, o si affezionerà al primo e disprezzerà il secondo. Voi non potete servire a Dio e a Mammona.

Siete rimasti un po’ titubanti sul testo di questa parabola; effettivamente ci sono delle imprecisioni. Vera è la morale, vero è l’insegnamento di questa parabola, ma il racconto non è esatto. In origine era così: “Il fattore, prima ancora che fosse accusato dal padrone di infedeltà, chiamò i contadini e condonò loro parte del debito, integrando però con il suo la parte di debito che spettava al padrone”.

Dobbiamo aprire una parentesi e riportarci a quei tempi, duri invero per i sottoposti. Tempo di effettivo grande sfruttamento per coloro che lavoravano per un padrone; sfruttamento, si intende, da parte del padrone. Il fattore animato da uno spirito altruistico e da prudenza (come poi si vedrà), condonò in parte il debito di questi contadini, ripeto, secondo un criterio personale, ma giusto, tanto che a taluno condonò più, a tal’altri meno, secondo i meriti, e integrando verso il padrone con il suo.

Si sparse la voce e il padrone, non sapendo che il fattore aveva regalato, ma regalato del suo, pensò che il fattore fosse stato infedele e lo mandò a chiamare e gli rivolse quelle parole che sono all’inizio della parabola. Il fattore rispose al padrone e spiegò che niente aveva preso, in modo che si fosse macchiato di furto, ma che aveva dato del suo per farsi degli amici.

Voi ritroverete una frase, verso la metà della parabola che dice: “Il padrone lodò il fattore e disse che era stato prudente”. Cosa che non avrebbe potuto fare, ammesso che lo avesse licenziato per un solo sospetto, come si intende leggendo la parabola quale oggi è scritta.
Non poteva licenziarlo per un sospetto, e poi lodarlo all’atto del furto reale; lo lodò appunto per la sua prudenza quando venne a sapere che ciò che aveva dato non era del padrone, ma era del fattore.

La morale quindi resta chiara: fatevi degli amici, appunto, con le cose di questo mondo, date e date anche le cose per così dire materiali, come voi le chiamate, in modo che a voi siano date ben altre cose.
“Ma – dice – siate onesti anche con queste cose materiali, acciocché con tranquillità vi siano date le spirituali, perché – dice la morale del Cristo – chi è infedele nelle piccole, come potrà essere fedele nelle grandi cose?”

Questo è il vero significato della parabola, e voi  comprendete che colui che scrisse il Vangelo si preoccupava di riportare l’insegnamento del Cristo, senza badare molto alla parabola in sé, e quindi non fece attenzione all’errata interpretazione che poteva dare chi rileggeva la parabola così raccontata. Il Cristo invece era molto preciso e le sue parabole calzavano perfettamente. Non possiamo pensare che questa sia stata detta come oggi si legge, perché effettivamente può portare a delle false interpretazioni. Dali, 31 marzo 1959

Fonte: raccolta di brani sul Cristo del Cerchio Firenze 77 | Tutti i post del ciclo

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