PDF per la stampa. Integrale della seduta del 3 giugno 1971 riportata, in parte, in Oltre l’illusione, ed. Mediterranee, pag. 253. Una volta dicemmo che se voi pensate che l’altruismo sia il più alto insegnamento che possa esistere, certamente voi siete degli illusi. Ed oggi, ancora una volta, confermiamo questa affermazione.
Voi siete abituati a pensare alla massima evoluzione secondo quegli ideali morali che le nostre Guide – religiose o filosofiche o spirituali – ci hanno additati, dimenticando che questi ideali erano tali per creature limitate quali noi siamo, e che non si può – se si vuole pervenire a qualcosa in modo fruttuoso – prospettare alle creature un ideale che vada al di là di ciò che la creatura può capire o può concepire. Se dunque le nostre Guide – o religiose o spirituali o filosofiche, quelli che noi siamo abituati ad intendere come nostri Maestri – ci hanno prospettato l’altruismo, l’amore al prossimo, il retto agire, il retto pensare come nostri ideali, potete giurarci che ben più alti e inconcepibili insegnamenti e verità – e più esatto ancora è dire “sentire” – esistono oltre questi specchietti per le allodole.
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Vi sembrerà strano ed irriguardoso che io parli in termini così dispregiativi dell’amore al prossimo, del retto agire e retto pensare, ma questa è la realtà. Questi “Dharma” – per dirla con gli orientali – questi modi di agire, queste discipline per giungere ad un modo di “sentire” l’altruismo, niente sono in confronto al destino dell’individuo che costituisce il suo futuro di “sentimento”.
Ora, l’evoluzione dell’uomo, figli e fratelli, è una evoluzione che gioca tutta su un volgere, un essere propensi, un aspirare; perché voi vedete che mano a mano che conoscete degli ideali morali ed a questi vi volgete, man mano che questi ideali diventano il vostro modo di “sentire” e di agire, altri ideali si prospettano ai vostri orizzonti. E quelli voi cercate di perseguire, e a quelli voi cercate di addivenire. È questa proprio una tipica caratteristica della evoluzione umana giacché, figli e fratelli, voi sapete che l’evoluzione per l’uomo significa passare da un minimo ad un massimo; passare cioè svolgere, ampliare, accrescere il proprio “sentire” individuale, il “sentire” dell’uomo.
Ed è logico quindi che la strada di questa evoluzione sia proprio così concepita: una tappa dopo l’altra, un ideale morale che si raggiunge, un altro che ci viene prospettato. Sembra facile e breve a dirsi, ma voi sapete quanto questo vi costi – e ci costi – quanto significhi di interna riflessione e d’esterna azione. Perché per l’uomo che noi vediamo, dal punto di vista del “sentire”, essere ben poca cosa, piccola creatura in confronto al destino al quale è chiamato – destino glorioso, se vogliamo – quest’uomo rappresenta l’inizio, i primi vagiti di un essere così nobile e di stirpe così reale, da diventare egli stesso Dio. Ma quando lo consideriamo in questi suoi primi vagiti – cioè “uomo” – egli non è che un virgulto, un germoglio, un essere ai primi movimenti di “sentire”. Ed allora non è sufficiente, per lui, meditare, riflettere con la mente. Ma ciò che egli pensa, l’ideale che egli concepisce ed intravede, deve tradursi in un essere suo interiore, attraverso ad una azione, ad un agire, alla vita nel mondo fisico.
Ma questo, ripeto, non è che una prima fase di evoluzione di quell’essere che un giorno stesso si riconoscerà nell’Assoluto.
Noi abbiamo fissato, dicevo, delle fasi nella evoluzione di questo essere che si chiama “uomo”. Abbiamo detto che, inizialmente, se proprio lo prendiamo nei primi barlumi di vita, quello che sarà uomo, quell’individuo che un giorno sarà uomo, costituisce i suoi veicoli, i veicoli che gli serviranno ad una fase successiva della sua evoluzione. Quante volte abbiamo ripetuto questi concetti! Così nascono i veicoli fisici, i veicoli astrali, i veicoli mentali. Questi veicoli non sono che gli strumenti perché si costituisca qualcosa di più importante – più importante non in senso assoluto, badate bene, perché in ogni attimo di esistenza l’individuo è perfetto, relativamente a quello stadio di evoluzione – dicevo “più importante” per il nostro discorso.
Ecco che – con questi veicoli, fisico astrale e mentale – l’individuo costituisce un corpo: la coscienza, il suo “sentire”. “Sentire” non già di sensazioni, di emozioni o di pensiero, ma “sentire di coscienza”. La coscienza che, un giorno sviluppata, si chiamerà “coscienza individuale”. Ma poiché possiamo parlare di coscienza solo quando questa è ad un certo punto, già costituita, noi abbiamo voluto identificare quel veicolo, quel corpo attorno al quale – o che presiede – a questo “sentire”, a questa coscienza dell’individuo, noi abbiamo voluto chiamarlo “corpo akasico”. Ed è, in sostanza, quell’insieme di materia akasica che, organizzandosi, conferisce all’individuo la possibilità di “sentire” in termini di coscienza individuale. Ma man mano che questa coscienza individuale si costituisce, e cioè che l’individuo perviene alla sua coscienza individuale, ecco che qualcosa che sta ancora un poco più su – non come importanza, ma come struttura, come fase di evoluzione dell’individuo – si costituisce. Dalla coscienza individuale si passa alla “coscienza cosmica”.
Certo che la “coscienza cosmica” rappresenta un bel passo avanti, rispetto a quell’uomo che abbiamo conosciuto selvaggio. Certo che la “coscienza individuale” è già un bel pezzo avanti, rispetto allo stato di evoluzione primitivo dell’uomo. Ma non è niente in confronto agli altri destini più alti che attendono quello che fu un uomo.
L’insegnamento dell’altruismo è un ideale morale per l’individuo; la coscienza individuale costituita significa pressappoco avere raggiunto – nel senso di avere fatto proprio perché “sentito” – l’insegnamento dell’altruismo, l’amore al prossimo. Significa avere ben chiaro e netto il senso del dovere, di ciò che l’uomo deve fare. Significa – dico pressappoco perché non si possono creare delle gabbie in cui contenere questi stati di evoluzione – significa pressappoco amare il prossimo nostro come noi stessi.
E dopo? A voi sembra che un uomo che così “senta”, un uomo che riesca ad essere buono e giusto, sia già meritevole di partecipare alla gloria di Dio. Ma purtroppo – dico purtroppo così per dire – non è così. Altri destini attendono gli uomini.
Siamo dunque alla coscienza individuale, a quando cioè l’individuo ha costituito interamente il suo “essere”, tanto che ha coscienza di questo suo “essere”, ma nello stesso tempo comprende che questo suo “essere” non è il centro dell’Universo; questo suo “essere” non è che una goccia in un infinito mare. E ne è tanto convinto che egli ama tutte le altre gocce a lui simili, verso le quali nutre un senso di profondo amore, ma con le quali ancora non si è immedesimato.
Coscienza cosmica: cosa significa?
«Allora – direte voi – che cosa fa, materialmente, l’uomo che ha costituito la propria coscienza individuale, per giungere alla coscienza cosmica?». Se noi abbiamo visto che la coscienza individuale costituisce ed è rappresentata e si può riassumere come un profondo senso del dovere, un essere altruisti, amare il prossimo nostro come noi stessi, che cosa significa invece – per l’uomo, per l’individuo, giacché non più di uomo si può parlare – “coscienza cosmica”? Significa “sentire” in termini cosmici; sentire il Cosmo come un “tutto” del quale l’individuo fa parte in maniera viva, viva! Significa non solo essere convinti di fare parte del Cosmo, ma vivere di questa partecipazione, sentirsi sangue di questo Cosmo; partecipare in modo attivo ed inequivocabile alla vita del Cosmo: vederla nella sua eterna esistenza e nel suo mai trascorrere. Questo significa, quello che si può dire con parole umane.
Ma – ecco la vostra domanda – come si perviene a questa coscienza cosmica? Certo l’insegnamento dell’altruismo noi lo abbiamo già lasciato da un lungo pezzo quando siamo nella coscienza cosmica. Intendo dire “lasciato” per acquistato, assimilato. L’insegnamento dell’altruismo non è più per noi ideale morale; lo abbiamo, fa parte di noi stessi, è vero, figli e fratelli? E allora, forse, una volta che l’uomo si è costituita una coscienza individuale e che lascia la ruota delle nascite e delle morti, il suo destino è quello di aiutare i suoi simili? Sì, questo è il destino, la missione, il compito di chi ha costituito la propria coscienza individuale.
Ma, badate bene, non è più per voi il tempo delle favole, non dovete più essere legati a quei romanticismi, a quelle storielle di aiutatori invisibili che vi sostengono in ogni attimo e che vi salvano dai pericoli; abbandonate questi concetti nella misura in cui dovessero impedire alla vostra mente di vederci chiaro. Non intendiamo con ciò rinnegare il misticismo, tutt’altro. Ma cerchiamo di darvi quel senso interiore che corrisponde alla coscienza di voi stessi: dei vostri diritti di uomini che non hanno bisogno di impetrare dal cielo l’aiuto, ma che hanno diritto a questo aiuto. Cerchiamo di infondere in voi la fiducia in voi stessi con queste affermazioni, e non la fiducia in un essere invisibile dal quale attendere un cenno di bontà, di magnanimità e di aiuto.
Allora, una volta che l’individuo ha costituito la propria coscienza individuale, una volta che ha esperimentato nei sentieri dell’amore del prossimo, ecco che più nulla gli rimane da intraprendere quale unità che si senta un mondo chiuso, inizialmente separato dagli altri, e poi che non si senta più tanto separato dagli altri, ma che conservi il senso di individualità.
Ecco allora che comincia qua quella che si chiamerà “evoluzione della legge di evoluzione”. Ecco – ripeto che non possiamo fissare dei punti precisi nella evoluzione di questo essere poiché peccheremmo di imprecisione – ecco il “sentire” dal massimo al minimo, ecco l’inizio di questa evoluzione delle evoluzioni.
Parlai di “maturazione” della coscienza individuale, fino a giungere alla coscienza cosmica. Ecco questa maturazione. Posso dirvi come avviene vagamente, perché le parole non sono sufficienti a spiegarlo.
Amore al prossimo come stadio iniziale e finale della coscienza individuale; finale della coscienza individuale, ed iniziale per giungere alla coscienza cosmica, e quindi compenetrazione con tutti i “sentire” del Cosmo.
Che cosa significa questo? Voi sapete che il Cosmo mai trascorre, ma che è solo l’individuo che illusoriamente trascorre in una successione di “sentire”. Ed allora, quando il “sentire” che corrisponde alla coscienza individuale costituita, vibra, si realizza, ecco che quella è una tappa della evoluzione individuale che prelude ad una fase del tutto diversa: immedesimazione coi “sentire” degli altri “me”.
Noi abbiamo chiamato questa fase: “intendere il significato della storia”. Facendo un esempio dicemmo questo: dicendo che i “sentire” degli individui si realizzano tutti contemporaneamente, in qualunque spazio-tempo del Cosmo siano collocati. Tutti i selvaggi, i “sentire” corrispondenti ai selvaggi, si realizzano – sono percepiti, per meglio intendersi – contemporaneamente, in qualunque epoca e spazio del Cosmo quel selvaggio, o quei selvaggi, siano ubicati. E così via fino a giungere ai “sentire” dei Santi che tutti contemporaneamente si realizzano e sono percepiti in qualunque spazio-tempo del Cosmo siano collocati.
È simile questo, dicemmo, a quelle scritture secondo le quali per ogni pagina di libro, o per ogni libro, compaiono contemporaneamente le stesse lettere dell’alfabeto, dalla prima all’ultima. Sicché il senso della storia che è narrata in quella pagina, non può essere compreso fino a che tutte le lettere dell’alfabeto non sono state battute. Cioè sinché non si è completato l’intero ciclo di susseguirsi delle lettere stampate. Ecco dunque che quando l’individuo è pervenuto alla sua coscienza individuale, a costituirla, egli allora legge il senso della storia cosmica, e ciò significa vivere, compenetrare, scorrere come sangue nelle vene del Cosmo al quale appartiene.
“Sentire” non già come ha “sentito” come individuo, attraverso ai suoi veicoli; ma come “sentire” di coscienza costituita [da] tutti i “sentire” del Cosmo. Dall’alto verso il basso; non più dal basso verso l’alto (evoluzione della legge di evoluzione, dal massimo al minimo. Ndr).
La natura ripete di piano in piano i suoi metodi. Così questa non è che una manifestazione analoga della legge di evoluzione, di quello che in termini ben più maggiori si riprodurrà dopo, una volta che si sarà raggiunta la coscienza cosmica; quando, allora, questo processo avverrà per tutti i Cosmi, perché l’uomo è chiamato ad avere una ”Coscienza Assoluta”. Ed allora egli dovrà “sentire” tutti i Cosmi, il “tutto” cioè l’Assoluto stesso, attraverso ad analogo processo: dall’alto verso il basso. Come ultimo episodio di questo vivere e partecipare, è la “Coscienza Assoluta”, è Dio stesso, è il cessare di ogni scorrere illusorio che possa essere. È l’Eterno Presente, è l’eternità, è l’eterna presenza. È il Tutto, l’Assoluto. Kempis
Post oltremodo importante e da ruminare