Mi diceva una sorella, giorni fa: io mi immergo nelle questioni del mondo che divengono tutta la mia esistenza e ogni tanto riemergo con una inquietudine, ed è quella inquietudine che mi riconnette alla Via.
In questa condizione esistenziale c’è l’esperienza nella mondanità, secondo le logiche della mondanità che coprono gran parte dello sperimentare, e ci sono flash più o meno lunghi in cui emerge una consapevolezza altra, la necessità di una profondità d’esistere diversa.
Questo è il processo che caratterizza la gran parte dei ricercatori spirituali ma si differenzia sostanzialmente dalla disposizione del monaco, anche quando questo vive nel mondo.
Il monaco vive nel mondo con gli occhi e con il cuore della Via, non con gli occhi e il cuore della mondanità.
Il mondo è per il monaco il luogo del tirocinio della Via, non altro. Ogni evento del mondo è visto, interpretato, sentito alla luce della comprensione della Via: il mondo, con le sue dinamiche e attrattive, svela il cuore e la mente del monaco, li mette a nudo.
Non c’è momento della vita quotidiana del monaco, in cui egli non si osservi per vedere cosa sorge in sé in relazione agli stimoli che riceve, finché non si accorge che qualunque cosa sorga, il niente compreso, non è lui. Lui non è mai quello pur contenendolo nel sentire.
Attenzione: la chiave per comprendere ciò che affermo è in quel: pur contenendolo nel sentire.
Riconosco quel vivere nel mondo con gli occhi e il cuore della Via…
Opera una sorta di distacco, che se non affondasse le radici sul Sentire, potresti pensarti pazzo.