L’incontro con la gratuità, anche se non riconosciuto come tale, non può che mettere costantemente in crisi i vostri processi mentali, essendo la totale negazione delle vostre concettualizzazioni fra il risultato ottenuto ed il rapporto con l’eccedenza, e quindi anche la messa in crisi del vostro valore di soggetto che evolve.
Ma è presente un rischio per quell’uomo “in cammino” che issa un vessillo sulla propria insufficienza, ed è quando, al presentarsi di un dolore o di una situazione indesiderata, lui si sente portato a trasformarli in una prova da parte del Divino per metterlo di fronte a quell’insufficienza, e quindi per aiutarlo, ma quell’aiuto non giunge, o giunge tardivo, oppure non adeguato. Come è anche possibile fare esperienza di un forte dramma e trovarsi di fronte all’associazione fra il riconoscersi imperfetto e l’“intervento” divino che proprio non funziona: non c’è alcun riscontro, e questo aumenta il dolore. Così come può anche succedere che l’uomo che sta vivendo una fase di atonia e, pur non incontrando né un forte dolore, né una grande gioia, non veda, e proprio non cerchi, alcuna “azione” del Divino ad alleviare quella stasi di apatia.
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Tutto questo avviene perché è l’associazione che l’uomo crea a essere non-reale. In ognuna delle situazioni descritte, l’uomo mai mette in atto una dissociazione fra l’azione umana e l’intervento divino; anzi lui esalta il valore della sua azione attraverso l’associazione: meriti = ricompensa. E questo perché l’uomo si costruisce l’immagine di un Divino che interviene per elargire quell’amore che si concretizza in doni e che è proporzionato, oppure sovrabbondante, rispetto al successo che l’uomo acquisisce nel diventare migliore. Come vedete, è sempre l’uomo “in cammino” a stabilire i criteri della relazione col Divino.
Partecipante: Nello stabilire un rapporto di causa-effetto fra i successi umani e il dono del Divino che viene a coronarli, è possibile parlare di un tempo dato al Divino? Questo rapporto fa capire che, secondo l’uomo, il Divino è lì in attesa che lui compia i passi in più. Quindi, è possibile introdurre il discorso di un umano che inserisce l’operato del Divino in una temporalità, pur sapendo che il Divino non è riducibile al tempo?
Una voce: Il Divino che entra in campo nel relativo non può che essere presenza che si assoggetta al tempo del relativo. Possiamo però aggiungere che, secondo l’uomo, l’associazione fra crediti, meriti e risultato, cioè il rapporto fra il suo farsi piccolo e l’“azione” del Divino, “dovrebbe” accadere entro un tempo non esteso; c’è proprio un tempo dentro i cui confini, stabiliti dall’uomo, viene imprigionato l’“intervento” del Divino.
Possiamo anche brevemente introdurre la preghiera, ma precisando che in quella che scava nella profondità c’è un: fiat voluntas tua; poi ci sono altri tipi di preghiera tipicamente umana che chiede e che implora, predisponendosi così a incontrare uno scacco, poiché, anche se si ottiene quello che si chiede, lo si può considerare inadeguato rispetto all’aspettativa, mentre altre volte addirittura eccedente la richiesta.
Partecipante: Se una preghiera parte da un soggetto in cui la mente tace, cosa può avvenire?
Una voce: Quella preghiera non sarà mai per chiedere qualcosa. Quell’essere è semplice trasmettitore del messaggio: fiat voluntas tua, testimoniando agli altri il completo asservimento al Divino. Pertanto non ci sarà una vera richiesta, perché in lui non sussiste distinzione fra: “È migliore questo”, o “È migliore l’altro”; lui accoglie unicamente la gratuità divina e il mistero di quella gratuità.
Ciclo gratuità della Via della conoscenza
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Se intendiamo la preghiera come rapporto tra l’umano e un TU per quanto illusorio, allora essa è manifestazione della volontà divina qualsiasi essa sia.
Come già commentato in altro post, questa modalità di rapportarsi con il divino è qualcosa che non sento attuale.
“Fiat voluntas tua” è ” accogliere unicamente la volontà divina e il mistero di quella gratuità.”
Spiegazione quanto mai efficace.
Letto
L’aspettativa, che spesso l’uomo crea, altro non è che un allontanarsi dalla Verità.
Sia fatta la Tua, non la mia volontà.