Una voce: Per voi donare a qualcuno significa dargli qualcosa che non è legato a meriti o a crediti acquisiti; il concetto che avete del dono è asimmetrico rispetto alla risposta possibile da parte dell’altro, cioè l’offerta non ipotizza il contraccambio. Quindi il dono è gratuito.
Anche se, normalmente, quando l’uomo introduce il concetto di dono riferito a una persona che gli è cara o che gli è vicina, quel dono esprime un affetto e una sensibilità, ma introduce, sottilmente, l’attesa di un contraccambio nella dinamica relazionale. Altre volte rivoluzionate il concetto di dono, dicendovi che donate a una persona cara “sacrificando” il vostro tempo, oppure impegnandovi verso coloro con cui non avete una relazione stretta. Però qui si entra nel campo delle intenzioni con cui si dona, che possono essere la coerenza verso i propri ideali, l’amore verso chi soffre, oppure il riempire un vuoto interiore. Un dono vi sconcerta quando giunge davvero inaspettato sia per chi lo porge, sia perché non riuscite a intravedere alcuna causa che possa spiegarvelo.
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L’uomo “in cammino” sottolinea la necessità di farsi piccolo di fronte a ciò che lo eccede, e poi traduce in termini umani l’“intervento” dell’eccedenza divina col termine di dono. È possibile dire che, persino nella modalità con cui viene concepita la gratuità nella via evolutiva, viene preservato l’aspetto di non contraccambio anche per quanto riguarda il Divino, e quindi parlate di un dono che giunge per ragioni che riassumete con “amore incondizionato”, oppure “sommo amore” senza alcun ritorno.
Quando l’uomo “in cammino” sottolinea che ciò che gli giunge dal Divino è un dono, la sua attenzione è puntata sul fatto che in quell’atto è presente un’eccedenza, e questo significa che il “passo in più”, che lui non riesce a compiere, si realizza grazie all’eccedenza; ed è come se quel dono fosse lì a ribadirgli la propria insufficienza. Spesso, poi, voi uomini desiderate e invocate l’intervento dell’eccedenza anche per togliervi dalle difficoltà quotidiane, ritrovandovi però di fronte a un’offerta che non vi è possibile attribuire ai vostri meriti e nemmeno ai crediti, e quindi non riuscite a includerla nel principio di causa-effetto.
Comunque, ogni dono che giunge gratuitamente, e che attribuite all’eccedenza, non può che disattendere le vostre categorie mentali, sia nella misura di ciò che giunge, sia nella tempistica, sia nel come e sia nella modalità con cui giunge – ad esempio oggi sì e domani no – ma soprattutto nella casualità con cui si presenta, nella quale non è prefigurabile alcuna costanza o ripetizione futura che sia attribuibile ad alcunché. Quel dono è del tutto un mistero.
Aggiungiamo che, nell’attendere quel dono che fa seguito a una richiesta esplicita o a una necessità di chi percorre la via evolutiva, voi introducete sempre una dimensione temporale come sottofondo alla vostra associazione tra sviluppo interiore e riconoscimento dell’insufficienza che vi attribuite, che poi genera il bisogno e la preghiera di un intervento eccedente voi. Ma l’eccedenza di quel dono è lì a tradire proprio le aspettative temporali nelle associazioni che create, perché, secondo voi, l’elemento associativo “deve” sempre riconfermarsi nel tempo.
Stiamo sottolineando che, nel corso della via evolutiva, l’uomo si convince che l’intervento del Divino sia proprio indispensabile e assolutamente inequivocabile: “deve” esserci e mostrarsi chiaramente, altrimenti lui si sente del tutto vittima della propria insufficienza. Questo perché l’uomo si veste di quelle mancanze che trasforma in crediti, ed è questo che lo convince di meritarsi l’“intervento” del Divino, che lui si aspetta eccedente come qualità, e che perciò verrà riletto coi parametri mentali. E così, quando questo dono non gli sembra adeguato nei tempi e nei modi, non può che entrare in crisi rispetto al rapporto che ha stabilito fra sé e il Divino, essendo la sua una modalità che inconsapevolmente impone al Divino di “agire” dentro i termini temporali che sono accettabili per come lui si è strutturato mentalmente.
Vale a dire che l’uomo “in cammino”, pur conoscendo il proprio bisogno di aiuto, non sempre individua la presenza del Divino; una presenza che sempre è, non come aiuto ma come gratuità eccedente, mai rivolta al singolo uomo, ma indifferenziatamente e casualmente distribuita a ogni essere, in ogni attimo e in ogni luogo della vita che diviene. Ecco perché, nel parlarvi di gratuità ci si trova di fronte a quello che date per scontato e che considerate la vostra risorsa principale, vale a dire il tempo dentro cui la inserite per poterla definire un dono divino. Ma l’eccedenza, che tutti voi considerate l’“intervento” divino, esprime la profondità del non-limite, e pertanto disattenderà sempre i parametri presenti nella vostra mente, dove utilizzate la tematica del tempo per stabilire quello che “…dovrebbe o potrebbe capitarvi, se…”.
Proviamo ora a capire che cosa succede nel momento in cui l’uomo vuole sprofondare con tutto se stesso nella via interiore. Fino a ora abbiamo parlato del bisogno, dell’urgenza e dell’indispensabilità che lui attribuisce all’“azione” del Divino quando ha sperimentato e accettato la propria piccolezza, perché lui crede di potersi accorgere della continua e misteriosa presenza dell’“azione” divina solamente nel suo rendersi piccolo e nel farsi da parte. Ma abbiamo detto che nel vostro concetto di eccedenza c’è anche la misurazione del tempo entro cui è possibile avere una maggiore percezione di quell’“intervento” divino, perché non comprendete che la gratuità non ha alcun legame con i successi, con i meriti e nemmeno con le misure temporali.
Ammettere di essere piccola cosa non significa aprire la porta al Divino che “agisce” in voi! Oltretutto, voi avete necessità di parametri costanti per comprendere il “come” e il “dove” state andando lungo il cammino interiore, spinti dall’idea di un Divino “in azione” dentro di voi o lì accanto. Ma, non riuscendo a dubitare della relazione che avete creato fra la vostra piccolezza e l’azione del Divino che arriva in soccorso alla vostra insufficienza, vi trovate imprigionati in quei concetti, e lì dentro vi dibattete cercando risposte. Perché mettere al centro la propria piccolezza è alla base di ogni meta dentro la via interiore per misurare la validità del proprio impegno, e di questo mai dubitate.
E poiché, col crescere delle pretese verso voi stessi, aumenta anche la percezione di nuove insufficienze che misurate comparando le manchevolezze con le aspettative messe in campo, vi trovate imprigionati dentro un processo mentale che di volta in volta, dopo un “passo in più”, erigerà nuove pretese, nuove aspettative, e quindi delusioni, dando consistenza all’idea che soltanto attraverso l’azione del Divino potrete liberarvi di quelle insufficienze e delle delusioni che esse generano in voi che siete “in cammino”. E inoltre, vivendo una forte tensione rivolta al superamento delle inadeguatezze, non vi sentite di averle risolte se non quando lo stesso comportamento “disarmonico” smette di ripresentarsi dentro un tempo che avete stabilito come ragionevole.
È qui che costruite il vostro imprigionamento, perché ogni piccola conquista non fa che innalzare i parametri di riferimento delle scommesse, e quindi già si prepara un ulteriore scacco che farà scoprire nuove e più deludenti inadeguatezze, facendovi ondeggiare dalla scoperta dell’insufficienza alla gioia per la conquista, avanti e indietro, e facendovi creare uno stretto legame col Divino sempre basato sul bisogno.
Ciclo gratuità della Via della conoscenza
Per ogni informazione sulla Vdc scrivere a questo indirizzo
L’idea del divino di cui parla Soggetto nel post,è talmente radicata nell’uomo dall’aver dato origine alle religioni.
Per ribaltarla è necessario un cambio di prospettiva.
L’azione divina non è dono ma gratuità e compenetra ogni azione, ogni fatto, ogni ciò che è.
La gratuità, dice in un altro passo, mette in scacco anche il divino perchè non ha soggetto nè oggetto.
Riguardo all’uomo si può parlare di gratuità? Direi che si può meglio parlare di dono.
Complesso, da rileggere
prova
Imprigionati dentro il processo mentale con la pretesa di superare i propri limiti.
È chiaro quanto questo sia vero, ciò nonostante c’è un passo in più da fare e forse possiamo spostarlo sul piano della volontà per per agire sulla nostra mente e far sì che non ci castriamo con i nostri propositi e pensieri.
“L’uomo “in cammino”, pur conoscendo il proprio bisogno di aiuto, non sempre individua la presenza del Divino; una presenza che sempre è, non come aiuto ma come gratuità eccedente, mai rivolta al singolo uomo, ma indifferenziatamente e casualmente distribuita a ogni essere, in ogni attimo e in ogni luogo della vita che diviene”
Questo passo mi sembra dirimente. Il Divino, che noi diremmo L’Essere, si manifesta non secondo le modalità previste della mente, ma esso sempre È in qualsiasi aspetto della vita, in quanto tessuto ontologico del Reale. Se noi non lo scorgiamo è perché siamo usi a sottometterlo alle logiche della mente e non sappiamo vederlo se non che nelle modalità da essa prescritte.
Saper riconoscere la gratuità è la più grande rivoluzione.
Mette in scacco ogni pretesa e ti restituisce a quel che È. Non vi è un merito o una colpa.
Semplicemente, quando si scoprono le falle delle nostre illusioni, siamo disposti ad aprirci ad altro.