[Traduzione Mazzocchi-Forzani] Sakyamuni Budda dice: «Il tutto è il tutto che vive, ogni cosa che è, è natura autentica. Ciò che è perfetto risiede perenne, è niente, è ente, è mutevolezza»[1].
Nella comprensione del Sentiero contemplativo (si legga innanzitutto la nota del curatore a fondo pagina.
“Il tutto è il tutto che vive”: l’insieme dell’esistente, il tutto è il Tutto, l’Unità-Essere-Totalità che vive.
“Ogni cosa che è, è natura autentica”: è Ciò-che-È, è Essenza, è l’Esistente-Essere.
Ogni cosa che è, non è solo quella cosa, è il Tutto-che-È.
Ciò-che-È, non è una cosa o tutte le cose, è Ciò-che-È, aldilà di una o tutte.
Natura autentica, Essere, Ciò-che-È.
Ciò-che-È è perfetto e senza tempo: è immutabile nella sua perfezione eterna, ed è ciò che muta, è ente e non ente, è divenire ed Essere.
Ciò-che-È, natura autentica, è tutto l’esistente che È e appare. Essenza e illusione.
Sono queste espressioni molto ermetiche per coloro che non hanno una attitudine contemplativa: commentando i prossimi paragrafi di Busshō avremo modo di spiegare e dettagliare molto più a fondo.
Questo è il ruggito del nostro grande maestro Sakyamuni che ha dato impulso al risveglio[2], questo è il vertice e la pupilla di tutti i budda e di tutti i patriarchi. È l’insegnamento che è stato accolto, seguito e messo in pratica di generazione in generazione per 2190 anni[3], che è solo il breve spazio di cinquanta generazioni, tramandato dall’una all’altra fino al maestro Tendo Nyojo[4].
In India ventotto generazioni hanno dimorato in esso e lo hanno mantenuto di generazione in generazione, in Cina ventitré generazioni hanno dimorato in esso e lo hanno mantenuto di generazione in generazione; i budda e i patriarchi di ogni dove hanno dimorato in esso e lo hanno mantenuto.
[1] Nehan gyo – Sutra del nirvana 25
[2] Tenborin: espressione del linguaggio buddista che significa lett. far girare la ruota del darma
[3] Stando a questa datazione Sakyamuni Budda sarebbe vissuto all’incirca nel 900 a.C. Comunque qui è da intendere dall’epoca del Budda storico, fino ai giorni in cui Doghen scriveva (1241).
[4] Maestro cinese di Doghen, n.1163 – m.1228.
Fonte: Busshō. La natura autentica, di Eihei Doghen. A cura di Giuseppe Jiso Forzani. Edizioni EDB, Bologna, marzo 2000.
Nota del curatore
Lavorando sullo Shōbōgenzō di Dōgen e non volendo in alcun modo produrre una esegesi delle sue parole, la mia unica preoccupazione è: di fronte a questo concetto, a questa visione, a questo stato che Dōgen dichiara, io cosa provo, cosa sento? Sono capace di indagare il mio interiore nella sottigliezza di certi stati, e possiedo un linguaggio, dei simboli per trasmettere il provato/sentito?
Dōgen mi mette con le spalle al muro e, quando fatico per attraversare le nebbie del testo tradotto, il mio intento è quello di giungere a cosa sentiva lui, a quale sentire rimanda la sua parola, per compiere il percorso che dal suo simbolo mi conduce a ciò che sento. È nel sentire che lo incontro, passando attraverso le nebbie delle parole e dei concetti.
Il passo successivo è: posso osare trasmettere ciò che sento utilizzando il linguaggio simbolico che mi è proprio e che credo sia, in questo tempo, più universale di quello tramandatoci dagli antenati?
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Se la natura originaria, il volto di Buddha, diremmo noi l’Essere è uno, indivisibile, eterno, allora ogni cosa che è, se possiede la natura originaria, deve testimoniare L’Essere nella sua totalità.
L’Essere non si fraziona e quando si manifesta si manifesta nella sua integrità originaria: “Ogni cosa che è, non è solo quella cosa, è il Tutto-che-È.”
Per questo nella contemplazione il fatto in sé apre su un abisso, che è l’abisso dell’Unità-Essere-Totalità.
Hai spiegato bene il significato del pensiero di Doghen, nella traduzione di Forzani, nel nostro linguaggio.
La traduzione dello stesso passo di Oriani recita:”Tutti gli esseri senzienti posseggono in maniera integrale la natura- di- Budda.
Il Tathagata (lett. Così arrivato), costantemente dimora in essi, non soggetto a mutamento.
Sebbene le due traduzioni sembrino distanti in esse si riscontra lo stesso pensiero: “Tutti gli esseri possiedono la natura-di Budda in modo integrale” significa che tutti gli esseri possiedo la natura dell’ Essere. L’Essere costantemente dimora in essi, non soggetto a mutamento pur essendo fuori dal tempo e manifestandosi nel divenire. La natura -di- Budda negli esseri possiamo definirla ciò che è, come l’Essere è Colui che è.
Osservazione: questa natura che è data fin dall’inizio e che appartiene a tutti gli esseri e a tutte le cose, per svelarsi va scoperta.