Una voce: Riassumendo, l’uomo “in cammino”, circoscrive il concetto di gratuità nell’“intervento” dell’eccedenza divina.
Ma la gratuità non ha alcuna spiegazione comprensibile all’umano: quando si presenta, si impone come moto interiore che tacita la mente, facendosi riconoscere in qualunque forma e modalità si offra nel relativo, perché non c’è alternativa. L’“aiuto” divino, che l’uomo chiama gratuità, non è quello che a lui serve a compensare le sue insufficienze, ma è il costante e indifferenziato presentarsi della vita nel giorno dopo giorno. Però, l’uomo “in cammino” tiene lo sguardo puntato sulla propria insufficienza e si riferisce al Divino come fosse un “Colui” che, pur eccedendolo, si rivolge singolarmente a lui, aiutandolo nella sua trasformazione interiore.
Nella via evolutiva si attribuiscono al Divino le stesse caratterizzazioni umane, ma elevate all’ennesima potenza, e quindi Gli si dà un’immagine di perfezione, perché in ogni momento e in ogni situazione viene considerato perfettamente all’altezza dell’aiuto di volta in volta necessario all’uomo. Col termine “aiuto” l’uomo sottintende la relazione fra sé e l’eccedenza che gli consente di realizzarsi nei bisogni, nelle scommesse e nei traguardi spirituali. E così il Divino diventa anche onnipresente nelle situazioni di necessità, trasformato in “Sommo agente” per supportare l’uomo.
Questo dimostra che vi rapportate al Divino in modo dualistico; il dualismo sta nel vedere voi stessi come centro di riferimento rispetto all’altro polo in cui collocate il Divino. E vi raccontate che il Divino è amore: ama le sue creature, le ama a una a una e dà a loro la possibilità per realizzare in modo completo l’unione con Sé, secondo un “Ordine Superiore” che mai l’uomo può raggiungere senza il Suo immenso “aiuto”. Così Gli attribuite i vostri schemi e le vostre intenzioni.
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Il dualismo sta proprio nel crearvi l’idea del Divino collocato in una relazione nella quale sono presenti due diversi agenti, anche se cercate di indebolirne uno e di potenziare l’altro, ma pur sempre due agenti con due volontà che vivono una complementarietà. Uno lo collocate lassù, al di là del vostro vivere concreto, al di là delle piccole cose di ogni giorno, al di là dei vostri gesti ripetitivi, al di là dei rapporti interpersonali, ma pronto a offrirvi il suo immenso supporto. Questo lo interpretate come un “amore assoluto” e un “ordine incompiuto” da realizzare: cioè voi come esseri incompiuti e la perfetta compiutezza del Divino da raggiungere.
Incontrando la via della Conoscenza, vi dite che se vi date meno importanza, se sorridete su di voi e sulle vostre pretese di illuminazione e se imparate a lasciar andare, allora incominciate ad alleggerirvi, a rendere migliore la vita e a prendere distanza dalla vostra mente, per scoprire una realtà “più profonda”. E così continuate ad acquisire nuovi contenuti che riempiono il vostro mondo mentale e nuove mete che rafforzano la vostra centralità. Ricordatevi che tutto quello che costruite come immagine e come intenzione è sempre un contenuto, sempre una misura del prima col dopo, sempre un aggiustamento, sempre una contrapposizione e sempre una compensazione. Attenti, noi siamo qui per svuotarvi, non per mettere una pezza lì dove qualcosa non vi piace.
La gratuità è la negazione dell’idea con la quale ve la rappresentate, e quell’immagine costruita sul concetto di eccedenza e sul Divino è certamente consolatoria, ma è solo un oggetto mentale.
Partecipante: Nel mio modo di concettualizzare, Dio è fuori dal relativo.
Una voce: Non stiamo parlando dell’Assoluto, che trascende qualsiasi legame, e non parliamo dell’Eterno presente, dove niente diviene, tutto è Immoto, tutto è da sempre. Però, attenta, non è possibile mettere il Divino fuori dal relativo, poiché così si intende che esiste qualcosa che Lo esclude, quindi qualcosa che manca all’Interezza. Noi parliamo di due angoli di lettura per comprendere il Divino: se si guarda all’Assoluto, il relativo non esiste; se si guarda al relativo, c’è il divenire e, quando c’è qualcosa che diviene, esiste una naturale dualità, e quindi un osservatore che è di fronte alla presenza di un mistero che è trascendenza.
Ma nel mondo mentale si costruiscono i giudizi di valore – il positivo contrapposto al negativo – e, quando vedete uno sviluppo, per voi significa che prima c’era un limite e poi esso migliora e si trasforma. Questo, perché l’uomo non considera che, nel momento in cui qualcosa nasce, porta in sé, già compiuto, ciò che verrà dopo, ciò che poi si realizzerà e poi cesserà. Quindi l’uomo si occulta che quegli elementi che hanno consentito lo svilupparsi, essendo essi parte del relativo, ne consentiranno il deterioramento e la morte.
Parlando della via della Conoscenza, a questo punto domandiamoci che cos’è che può spingere un uomo ad affrontare una profonda incognita, sapendo che essa lo condurrà alla distruzione delle associazioni che ha creato nella via interiore, ma facendolo comunque rimanere disponibile ad andare oltre, pur sapendo che lì incontrerà la morte delle sue certezze e pur sapendo di non conoscere cosa nascerà dopo. C’è indiscutibilmente una forza che agisce dentro di lui, ma c’è anche una diversa capacità di comprensione che gli fa intravedere in quel suo dissesto ciò che già parla di non-dissesto.
Partecipante: È possibile dire che quell’uomo “in cammino” si sente solo?
Una voce: In quella solitudine può presentarsi l’incontro con un deserto interiore. Se in lui prevale il bisogno di domandarsi come mai tutto quello che ha investito sulla spiritualità non lo appaga più, può aprirsi un orizzonte nuovo, che è determinato anche dall’azione dell’Oltre e dalla gratuità, che c’è sempre ma che vi occultate. L’unica parziale spiegazione che spinge ad affrontare quell’incognita di cui parliamo, è la stanchezza che sorge per le associazioni che vengono fatte nella via interiore: c’è qualcosa che non appaga più, anche se non se ne conosce il perché. Si crea una frattura tra il passato e ciò che si sta vivendo, perché ci si sente attratti dalla gratuità, e inconsapevolmente ci si offre a quel mistero.
Ciclo gratuità della Via della conoscenza
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“L’unica parziale spiegazione che spinge ad affrontare quell’incognita di cui parliamo, è la stanchezza che sorge per le associazioni che vengono fatte nella via interiore: c’è qualcosa che non appaga più, anche se non se ne conosce il perché. Si crea una frattura tra il passato e ciò che si sta vivendo, perché ci si sente attratti dalla gratuità, e inconsapevolmente ci si offre a quel mistero.”
Non è la mente che svela il mistero. Stanchi di cercare, perché non giungono le risposte sperate, ci si abbandona all’ ignoto.
Le uniche parole che possiamo pronunciare sono: Sia fatta la tua volontà.
Finché cerchiamo, nella via interiore, aggiungiamo nuovi contenuti alla mente.
Quando la ricerca non soddisfa più e siamo nel deserto, la mente va in scacco e allora si apre lo spazio per accogliere l’accadere gratuito nel quotidiano.
“se si guarda all’Assoluto, il relativo non esiste; se si guarda al relativo, c’è il divenire e, quando c’è qualcosa che diviene, esiste una naturale dualità”
“Incontrando la via della Conoscenza, vi dite che se vi date meno importanza, se sorridete su di voi e sulle vostre pretese di illuminazione e se imparate a lasciar andare, allora incominciate ad alleggerirvi, a rendere migliore la vita e a prendere distanza dalla vostra mente, per scoprire una realtà “più profonda”. E così continuate ad acquisire nuovi contenuti che riempiono il vostro mondo mentale e nuove mete che rafforzano la vostra centralità.”.
Queste parole ci ricordano un rischio reale, ci parlano di una ulteriore sofisticazione della mente. Cosa ci salva da questo rischio?
Lo “scacco esistenziale” che nella chiusa del post si presenta nella forma di una “forza” che spinge l’umano oltre, nel deserto interiore.