Tratto dal libro: Pratica e illuminazione nello Shobogenzo, a cura di A. Tollini, Ubaldini editore.
Questo testo è proposto alla comunità dei monaci del Sentiero contemplativo per la loro formazione. Mi soffermerò sul testo di Dogen quando necessario e lavorerò sul commento di Tollini. I miei interventi saranno evidenziati dal colore blu e dal corpo minore.
[5] Il grande maestro Eshô449 della scuola Rinzai disse:”In Cina, è difficile trovare una sola persona che non sia illuminata”. Questa espressione del grande maestro Eshô è l’essenza della corretta trasmissione (del buddhismo) e non si può non riconoscerlo.
(L’espressione) “In Cina”, sta per “nella pupilla del proprio occhio” e non ha a che fare con tutto il mondo, (quindi) non si limita a (indicare) terre e paesi.
Qui (nella pupilla dell’occhio) è difficile trovare una sola persona che non sia illuminata.450 Sia l’io passato di me stesso, sia l’io attuale degli altri non sono non illuminati.
(Quindi), pur cercando, non si possono trovare non illuminati tra gli uomini delle montagne e gli uomini del mare, sia di oggi sia del passato.
In questo modo gli studenti della Via, se studiano queste parole del maestro Rinzai, non possono passare il loro tempo inutilmente. Tuttavia, per quando le cose stiano come ho esposto sopra, bisogna studiare anche il significato profondo di tutti i patriarchi. Proviamo allora a rivolgerci al maestro Rinzai. Non è proprio sufficiente sapere solo che “è difficile trovare una sola persona che non sia ancora illuminata”, se non si sa che “è difficile trovare una sola persona che sia già illuminata”.
Questo è il centro di tutta la questione: tutti sono Essere ma non è detto che Essere portino a manifestazione (o che ne siano consapevoli, ma questo non è rilevante).
Tutto il vivere/divenire non è che il cammino illusorio da Essere a divenire e da divenire a Essere. L’Essenza conosce se stessa, diviene consapevole di sé, attraverso la sperimentazione del divenire, ovvero dei molti gradi di consapevolezza/sentire di cui è costituita.
L’Essere è molteplicità di sentire in stato di eterno presente, non-tempo. Il sentire, per sua natura, è interno a una successione logica dove il grado più limitato tende verso il grado meno limitato, pertanto è nella natura del sentire, intimo e interno all’Essere, creare la successione, il divenire, il tempo.
Cosa manifesta il sentire nel divenire/tempo? I molti gradi di ampiezza/consapevolezza di cui è costituito.
Se Essere = sentire 100+1 (dove sentire 100 è tutta la gamma dei sentire, +1 è il quid che non lo rende una semplice sommatoria, come un corpo umano non è la somma delle sue cellule), allora l’Eterno Presente di Essere diviene il film che scorre del divenire/vita/tempo.
In sé esiste solo Essere/Totalità/Uno ma questo non è un blocco di granito, è una complessità atemporale che contiene in sé la molteplicità temporale.
Ecco dunque che lo sguardo unitario vede simultaneamente la duplice condizione: tutte le creature sono Essere e sono divenire. Quando una creatura è “pienamente” Essere, esce dalla ruota delle nascite e delle morti e non è più immersa nel divenire che l’umano conosce, ma questo non significa che sia oltre il divenire.
Ho infatti messo tra virgolette l’avverbio pienamente. Solo il Tutto/Uno è Essere e non diviene.
È difficile dire di approfondire (quanto espresso nella frase) “è difficile trovare una sola persona che non sia illuminata”. Di fatto, benché sia difficile trovare una persona che non sia illuminata, se vi fosse mezza persona non illuminata, essa avrebbe l’espressione rilassata e distesa e avrebbe un portamento maestoso; l’avete già incontrata? L’espressione:”in Cina, è difficile trovare una persona non illuminata” non deve essere (considerata) esaustiva. Piuttosto, se dentro mezza persona proviamo a cercare due o tre Cine, è difficile, o non è difficile? Quando predisponiamo la vista (per vedere ciò) allora si può riconoscere che si è diventati Buddha e patriarchi fino in fondo.
449 Tosotsu Eshô (date sconosciute), discepolo e successore di Tosotsu Jûetsu della scuola Rinzai Zen. Altri ritengono trattarsi di Rinzai Gigen del IX sec., fondatore della scuola che prende il suo nome.
450 Significa che “agli occhi di Eshô tutti sono illuminati”, nel senso che gli illuminati vedono l’illuminazione della gente comune. Poiché l’illuminazione è “già data a priori”, nel senso che tutta la realtà è illuminazione, la persona illuminata riesce a vedere questa illuminazione in tutti gli uomini (e in tutti i fenomeni dell’universo).
COMMENTO (Tollini)
[5] Ora Dôgen introduce un aneddoto di un maestro cinese del passato per dimostrare meglio quello che ha voluto dire nella parte precedente.
Il maestro Eshô afferma che: “In Cina, è difficile trovare una sola persona che non sia illuminata”. Questa frase presa letteralmente significa che in Cina tutte le persone sono illuminate, tuttavia non è da intendere in questo modo, bensì, va interpretata dal punto di vista del maestro Eshô, cioè di una persona illuminata. Perciò, Dôgen mette in guardia dicendo che l’espressione “in Cina” va letta come “nella pupilla del proprio occhio (di Eshô)”.
Quindi: “agli occhi di Eshô (ossia di un illuminato), non c’è nessuno che non sia illuminato“. Ciò vuol dire che la persona illuminata vede ovunque l’illuminazione perché essa pervade tutto l’universo e attraversa tutte le persone senza distinzione. Il mondo e l’umanità tutta è impregnata dell’illuminazione in senso spaziale e in senso temporale, così che “non si possono trovare non illuminati tra gli uomini delle montagne e gli uomini del mare, sia di oggi sia del passato”.
Tuttavia, non è sufficiente soltanto sapere ciò per fare di uomini ordinari degli uomini illuminati. Il fatto che l’illuminazione pervada tutto il mondo e tutti gli uomini non fa di essi degli uomini illuminati, se essi non sanno che vi è una differenza tra il dire che “non esiste una persona che non sia ancora illuminata” e “è difficile trovare una sola persona che sia già illuminata”.
Gli uomini ordinari sono pervasi dall’illuminazione e quindi non sono non illuminati, ma allo stesso tempo non sono già illuminati. Tra queste due affermazioni esiste uno scarto, un “intervallo” o una fessura come dice in Ikka myôju, passando attraverso la quale si coglie ciò che sta oltre il dualismo e al di là delle contraddizioni e permette di cogliere l’illuminazione. Quando dentro mezza persona siamo capaci di trovare due o tre Cine, allora significa che siamo passati attraverso quell’intervallo, siamo andati al di là delle contraddizioni e siamo approdati nella dimensione dell’illuminazione.
“L’Essere del contemplante sente l’Essere del contemplato”
L’occhio dell’illuminato è Essere che sente oltre la dualità.
Attraverso il commento di Tollini ho capito il parallelo Cina/occhio, (quello di Esho) . Pertantol’icchioa1 un illuminato vede tutti come illuminati.
Rispetto all’ultima frase in neretto.
Sebbene tutti gli uomini abbiano la illuminazione ab origine, non significa che di fatto siano illuminati. L’illuminazione richiede intenzione, pratica, perseveranza, studio… Pertanto non tutti gli uomini sono illuminati.
Illuminazione e illuminati si confondono, quanto scritto, se lo analizziamo con il concetto che nulla diviene ma tutto È, diventa chiaro.
Ne comprendo i concetti, non so se saprei rifrasare i concetti