Non il tempo ma la successione dei sentire [CF77-Fr5]

Da: Il libro di François, Cerchio Firenze 77. Dallo scorrere del tempo umano, attraverso le successione del sentire, oltre I’eterno presente, fino alla concezione di Dio in chiave di «sentire».

Pensiamo che il sentire nello stato di eterno presente è ugualmente manifestato in ogni suo grado, cioè vibra tanto il sentire A quanto il sentire Z, tutto simultaneamente. Se poi andiamo a scoprire il divenire (il divenire nasce proprio nella percezione, badate bene), si ha questo rivelarsi prima del sentire più semplice e poi del sentire più complesso. Questo origina tutto il mondo del divenire, al quale soggiace l’incarnato e anche il disincarnato, lasciata la ruota delle nascite e delle morti, finché c’è limitazione.

Se andiamo a vedere questa successione, vediamo che la successione vera non è quella che appare all’occhio dell’uomo, ma è quella, ancora illusoria ma più vicina alla realtà, del sentire: è appunto la successione del sentire.

Il discorso è questo. Si scava, si va a vedere da cosa nasce l’illusione del tempo che scorre (tempo in senso umano) e si scopre che non esiste un tempo oggettivo che trascorre, ma che esiste solo la successione del sentire.

A questo punto si dice: «Sì, il tempo è relativo, la vera successione è quella del sentire». Però, scavando ancora, si trova la simultaneità dell’eterno presente, che è uno stadio ancora più vicino alla realtà. Finché si scopre, andando oltre, che lo stato di eterno presente non è ancora lo stato vero e reale del tutto, della coscienza unica e assoluta, in quanto la coscienza assoluta trascende l’eterno presente.

L’eterno presente è Io stato d’essere del virtuale frazionamento dell’Assoluto. Il concetto di Assoluto è in sé un concetto di molteplicità in cui l’unione è raggiunta mediante la fusione. Dicendo «unione» si può intendere sia la sparizione della molteplicità, che la comunione della molteplicità. Ebbene, l’unione che si trova nell’eterno presente è più di questo secondo tipo, cioè è più la comunione della molteplicità, che non l’unione in cui sparisca la molteplicità.

Però l’eterno presente non è ancora la coscienza assoluta, abbiamo visto, perché riguarda ancora il virtuale frazionamento dell’Assoluto. Se si sale o si approfondisce (come preferite dire) nella coscienza assoluta, allora questa molteplicità sparisce: ed è qui, è proprio in questo, appunto, la trascendenza dell’Assoluto. Nel momento in cui voi, diciamo per assurdo, voleste esaminare la struttura di tutto quanto esiste, cioè di Dio, trovereste il virtuale frazionamento; ma in quel momento non esaminereste più Dio nella sua totalità, perché Dio trascende questa struttura.

Per fare un esempio, se voleste trovare la realtà dell’uomo e guardaste il suo corpo, voi sbagliereste. E vero che il corpo è una parte dell’uomo, però non è più l’uomo; il quale ha anche una psiche, dei desideri, una mente, una vita intima, un sistema di relazioni con il suo mondo, e non è la somma di tutte queste cose, ma è un essere più complesso che, pur essendo composto di tutte queste cose, pur contenendole in sé, le trascende. Lo stesso accade nel momento in cui dite: «Voglio vedere come è fatto Dio»; voi vi staccate dalla sua totalità, dalla coscienza assoluta che trascende tutto quanto esiste, e già fate una limitazione, quindi già non osservate più Dio.

Se poi ancora dite: «Voglio vedere come è fatto questo eterno presente», allora scoprite i sentire relativi, e già siete nella successione del sentire. A quel punto siete ben lontani da Dio perché vi appare lo scorrere, il trasformarsi, il divenire, cosa che non è Dio.
Se a questo punto diceste: «Ho trovato la realtà di Dio, ho trovato che Dio è divenire», quale errore fareste! Quindi, per parlare di Dio si può solo dire: «È Colui che è; è la coscienza assoluta che trascende nella sua completezza tutto quanto esiste».

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